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Cosenza, lo spaccio gestito dagli africani e la difficoltà a piazzare la droga di scarsa qualità

Le doglianze di un indagato (intercettato) nei confronti di un fornitore. «Abbiamo perso pure un sacco di clienti per questa roba»

Pubblicato il: 23/08/2023 – 8:10
di Fabio Benincasa
Cosenza, lo spaccio gestito dagli africani e la difficoltà a piazzare la droga di scarsa qualità

COSENZA L’operazione che ha permesso di disarticolare – lo scorso primo agosto – un presunto gruppo dedito allo spaccio di droga a Cosenza, Rende e nell’hinterland bruzio godeva di basi operative e logistiche di deposito con fonti di approvvigionamento anche in aree della Provincia di Reggio Calabria. Quest’ultimo passaggio è importante, perché la tesi dei carabinieri della Compagnia di Cosenza, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, è legata al presunto rapporto tra sodalizi di diverse province per «commettere una pluralità di delitti di detenzione e vendita di sostanze stupefacenti come hashish e marijuana». Non si tratterebbe – stando alle accuse – di un banale gruppetto di pusher, ma di una organizzazione ben strutturata. L’Ufficio di procura ha prospettato, a tal proposito, l’esistenza «di due associazioni per delinquere dedite al narcotraffico e contestato la partecipazione agli indagati coinvolti nei vari episodi di detenzione e spaccio». Nelle carte dell’inchiesta si riporta un lungo elenco di cessioni di droga, con clienti spesso minorenni. Ragazzini che si recavano dagli uomini incaricati di spacciare per richiedere dosi in cambio di denaro.

L’organizzazione

Costanti e mai prolissi, i contatti tra i soggetti legati alla organizzazione avvenivano per definire lo scambio di direttive finalizzato alla gestione della compravendita di sostanza stupefacente. Tutti operavano seguendo una strategia, i ruoli erano suddivisi e al vertice della scala gerarchica operava Kinglsey Obinna Nwogwe, il quale, «come emerso dall’esame dei singoli reati e dalla lettura delle dichiarazioni rese da Ibrehim Yakubu (indagato)», fornisce quanto necessario per acquistare lo stupefacente da distribuire sul mercato. Non solo, secondo l’accusa avrebbe «messo a disposizione la propria abitazione, utilizzata sistematicamente per confezionare lo stupefacente da consegnare ai pusher», impartendo ai sodali le direttive a cui attenersi nello svolgimento dell’attività di spaccio. Sempre Kinglsey Obinna Nwogwe avrebbe stabilito i prezzi di vendita della droga, e organizzato insieme ad Adamu Mohammed (indagato) le operazioni finalizzate all’approvvigionamento dello stupefacente, prendendo contatti con i fornitori anche quelli operanti a Rosarno come Michael Emeca Okere (indagato)». Chi indaga ritiene prezioso l’apporto garantito all’associazione da Adamu Mohammed, che «prendendo contatti coi fornitori e organizzando il trasporto dello stesso a Cosenza in stretta sinergia con gli altri pusher, si occupa della commercializzazione delle sostanze stupefacenti nelle zone dell’autostazione di Cosenza e della vicina “Villa Giulia”».

Costanti flussi di droga

Nonostante l’azione incessante di controlli operati dalle forze dell’ordine, a cui sono seguiti arresti e fermi, il gruppo è riuscito a rigenerarsi continuando a spacciare flussi costanti di droga. «E’ questo un dato che attesta la spiccata capacità dei componenti del gruppo di muoversi con estrema facilità e rapidità nei canali del narcotraffico in modo da soddisfare la domanda sul mercato senza alcuna soluzione di continuità». L’uso di un linguaggio criptico emerso più volte nel corso delle intercettazioni, ha permesso di comprendee come alcuni indagati utilizzassero il termine “minuti” per riferirsi ai “grammi” di droga. In una conversazione telefonica, un soggetto (non indagato) riferisce ad Azare Barry che sta preparando «quella cosa», precisando che si tratta di «dieci minuti giusti». Lo stesso raggiunge il luogo in cui deve incontrarsi con Azare Barry, viene controllato dai carabinieri della stazione di Cosenza Nord e trovato in possesso di tre quantità di sostanza stupefacente, di cui uno del peso di circa dieci grammi».

«L’erba non di qualità»

Non tutto fila liscio nelle operazioni di spaccio. In un episodio, emerge – da una conversazione – la preoccupazione di Toni Berisa (indagato) dovuta ad un debito consistente da estinguere nei confronti di un altro soggetto. Berisa si lamenta, riferendo a Sandra Benemerito (indagato) che ha incontrato difficoltà a vendere la marijuana «di scarsa qualità», consegnatogli dall’uomo non indagato e che allo stesso chiederà «una dilazione del pagamento». «Sei andato male perchè mi hai dato un’erba di merda glielo devi dire e la gente non mi ha più richiamato», consiglia l’interlocutrice e Berisa risponde: «Glielo dico e (…) abbiamo perso pure un sacco di clienti per questa roba di merda».

La bacinella

Come ogni organizzazione dotata di determinate gerarchie e definiti assetti, anche il gruppo di africani istituisce «una bacinella» dove far confluire i proventi dell’attività di spaccio. «Il denaro necessario per finanziare le casse dell’associazione criminale era detenuto dal Nwigwe, il quale forniva ai corrieri il denaro necessario per l’acquisto della sostanza stupefacente».

(redazione@corrierecal.it)

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