CATANZARO «La prematura scomparsa di una ragazza di 23 anni, morta nei giorni scorsi per un malore nella propria abitazione a Montepaone, continua a suscitare una profonda commozione, e anche la nostra sincera vicinanza alla famiglia per questo dolore indescrivibile. E nel dramma che ha sconvolto tutta la comunità, continuano a riaffiorare domande all’apparenza scontate: questa splendida ragazza, con una vita davanti, si poteva salvare? Se l’ambulanza che ha impiegato quasi 20 minuti per arrivare, magari anche perché intrappolata nel traffico infernale della Statale 106 in estate, fosse arrivata prima, avremmo potuto raccontare un altro finale? Se non fosse dovuta arrivare da Isca un’ambulanza medicalizzata perché quella di Montepaone era senza medico a bordo, il cuore di questa giovane donna avrebbe continuato a battere? Non abbiamo risposte, ma solo la certezza che qualunque sia la verità da accertare in questa drammatica vicenda bisogna intervenire sul servizio dell’emergenza urgenza dell’Asp di Catanzaro. E non solo». È quanto afferma in una nota il segretario generale della Cgil Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo, Enzo Scalese.
«La rete dell’emergenza-urgenza va riformata in tutta la Calabria. Si tratta di uno delle tante conseguenze nefaste di una politica di razionalizzazione che ha caratterizzato sanità calabrese ci ha consegnato la realtà in cui viviamo con Pronto soccorsi inaccessibili, liste d’attesa infinite, quindi che non garantisce il diritto alla salute dei cittadini, e nello stesso tempo racconta di professionisti costretti a turni massacranti e condizioni di lavoro critiche – spiega ancora Scalese -. Nell’ambito dell’Asp di Catanzaro, ma anche delle Aziende di Crotone e Vibo Valentia, nel corso degli anni, il servizio è stato depotenziato dall’abbandono di decine di medici per cui continuiamo ad imbatterci in ambulanze demedicalizzate che a causa della carenza di medici, e dei turni massacrati sopportati dai reduci di questa emorragia, restano solo con un autista e un infermiere a bordo. E per questo auspichiamo l’avvio di una proficua collaborazione sinergica perché anche gli operatori del 118, quindi, diventano vittime di questo sistema. Una sanità sempre più aziendalizzata e ospedalo-centrica ha depauperato un settore essenziale quale quello della medicina territoriale: bisogna ripartire da qui. Riorganizzare percorsi diagnostici terapeutici assistenziali fuori dall’ospedale, affrontare questioni legate all’assistenza domiciliare, alle Case della Salute, e soprattutto una più efficace gestione dei processi di integrazione ospedale-medicina territoriale. Servono più medici: questo scontato. E non solo nel senso che vanno assunti medici: vanno formati. Bisogna dare l’opportunità ai nostri giovani di iscriversi alla facoltà di medicina: serve un aumento progressivo degli accessi a medicina che dovrà coincidere con un aumento di accessi alle scuole di specializzazione. E, quindi, definire il fabbisogno dei medici e adeguare le capacità e l’offerta potenziale del sistema universitario, al fine di rivedere i meccanismi di programmazione degli accessi. Non abbiamo soluzioni, ma queste possibili azioni di intervento che vengono periodicamente rilanciate e sbandierate anche dal commissario ad acta alla sanità, il presidente Roberto Occhiuto, devono confluire concretamente in un progetto di rilancio del sistema sanitario calabrese adeguatamente articolato e condiviso. Perché con le parole e i proclami non si salvano vite umane», conclude Scalese.
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