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Calabria in ritardo con la ripresa, Bianchi: «Il Pnrr resta decisivo»

Il direttore della Svimez denuncia il sistema discriminante dei bandi. E sulla fuga di cervelli: «Non si possono offrire ai laureati lavori poco attrattivi»

Pubblicato il: 27/08/2023 – 15:06
di Roberto De Santo
Calabria in ritardo con la ripresa, Bianchi: «Il Pnrr resta decisivo»

LAMEZIA TERME La debolezza del sistema industriale resta la “palla al piede” dell’economia calabrese. Assieme alla povertà diffusa tra le famiglie che permangono con redditi troppo bassi per sostenere la domanda di consumi scaturita dalla ripartenza. Un peso che non permette alla regione di usufruire appieno dell’effetto rimbalzo avvenuto nella stagione post covid e della ripresa robusta che ha caratterizzato l’economia italiana negli ultimi mesi. Tanto da far temere un’inversione del ciclo positivo o quantomeno un forte rallentamento già nell’ultimo scorcio dell’anno. Complice l’impennata dei prezzi di beni e servizi essenziali tra cui soprattutto quelli energetici. D’altronde l’inflazione morde maggiormente quelle regioni, tra cui la Calabria, in cui si registrano bassi salari e la cui spesa media è assorbita principalmente dall’acquisto di beni utili a far fronte alle esigenze basilari delle famiglie, come alimentazione e spese energetiche.
Così il timore di scivolare nuovamente nell’abisso della povertà rischia di tramutarsi in dura realtà per molti nuclei familiari calabresi. Luca Bianchi, direttore della Svimez, analizza in esclusiva con il Corriere della Calabria lo stato di salute dell’economia calabrese e ne delinea i limiti a tenere il passo di crescita con il resto del Paese.
Secondo Bianchi, il calo dei consumi legati all’impennata del costo della vita si potrebbe trasformare in un nuovo incremento del livello di divario con le aree più ricche dell’Italia.
Per il direttore della Svimez, la sfida vera è quella di «spendere tutto il Pnrr nei tempi previsti» che considera «decisiva per cercare di tenere il Sud agganciato al resto del Paese».
Per questo Bianchi chiede «un’accelerazione sul fronte della spesa» ma soprattutto il rafforzamento della capacità dei Comuni a mettere a terra i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza ricorrendo a nuove assunzioni da immettere negli enti locali e «ampliando la possibilità di ricorrere a competenze esterne». E sul Pnrr il direttore della Svimez denuncia anche “storture” come quella di un sistema previsto dai bandi, i cui meccanismi competitivi hanno «finito di penalizzare proprio i comuni più fragili fallendo l’obiettivo di concentrare le risorse dove ce n’era più bisogno». Il riferimento è quello ai bandi relativi agli asili nido e alle scuole. Per Bianchi, «la gran parte delle risorse sarebbe dovute andare nelle aree in cui i servizi sono assenti o carenti» come in Calabria.
Analizzando la fuga di cervelli, Bianchi, sottolinea l’altra anomalia tutta calabrese: la domanda di lavoro poco attraente per i laureati. Ad esempio nel settore turistico, il direttore della Svimez evidenzia: «Non si possono offrire ai giovani della Calabria che hanno studiato solo lavori di portieri di B&B o camerieri». E per questo invita a «puntare sulle loro competenze» per far crescere l’economia complessiva.

Il direttore della Svimez Luca Bianchi

Il 2022 è stato l’anno della ripartenza vera dopo la crisi innescata dall’emergenza pandemica. Anche la Calabria, dai vostri dati, sembra essere riuscita ad agganciare la ripresa. Ma non con la stessa intensità. A cosa attribuite questa differenza?
«La buona notizia è che, a differenza di altre fasi di ripresa ciclica, quando il Sud aveva mostrato più difficoltà a ripartire ai ritmi del Nord, il Mezzogiorno ha agganciato la ripresa post-Covid. La novità di una ripresa allineata tra Sud e Nord sconta il tenore straordinariamente espansivo delle politiche e la peculiare composizione settoriale della ripresa (costruzioni e servizi). In questo quadro anche la Calabria ha di fatto registrato una fase di ripresa che ha consentito di recuperare interamente il PIL perso nel periodo del Covid ma che però è stata meno intensa rispetto al resto del Sud. La ripresa calabrese è stata trainata dalle costruzioni e dai servizi, per effetto del contributo del turismo e della spesa della Pa che ha ripreso a crescere dopo un decennio di forti tagli. È mancato alla crescita il contributo dell’industria che contrariamente alle altre regioni del Sud continua a contrarsi in Calabria. La debolezza del tessuto industriale è anche un vincolo alla crescita dei servizi alle imprese».

E il rallentamento che si inizia ad avvertire a partire dall’anno in corso, sarà maggiore al Sud ed in Calabria in particolare. Dunque i divari saranno destinati ad aumentare?
«Le previsioni Svimez per il 2023 confermano, pur nel rallentamento nazionale, una tenuta dell’economia calabrese (+1%) dovuta ancora agli effetti di trascinamento della crescita dello scorso anno e ad una positiva previsione sui flussi turistici di questa estate. Ma già nella seconda parte di quest’anno i rischi di inversione del ciclo tendono a consolidarsi. Le regioni del Sud scontano una inflazione più alta del resto del Paese che associata ai più bassi livelli dei salari espongono molte famiglie al rischio di impoverimento. In Calabria tale fenomeno è ancora più accentuato perché più numerose sono le famiglie a basso reddito sulle quali incide maggiormente l’incremento dei prezzi dei beni alimentari e di quelli energetici. Il calo previsto dei consumi oltre ad ampliare le aree di disagio sociale comporterà anche una maggiore riduzione del tasso di crescita e quindi una riapertura del divario».

Il direttore Bianchi con il ministro Raffaele Fitto

Il Pnrr, secondo le vostre stime, potrebbe contribuire a ridurre le differenze territoriali. Ma sembrano accentuarsi le criticità del Paese a tenere il passo per mettere a terra i progetti programmati. Quali sarebbero i contraccolpi di un eventuale mancato impegno delle risorse, soprattutto per regioni fragili come la Calabria?
«La capacità di spendere tutto il Pnrr nei tempi previsti è decisivo per cercare di tenere il Sud agganciato al resto del Paese. Per regioni come la Calabria, attanagliata da oltre un decennio in una morsa di ampliamento dei divari sociali e di declino industriale, il Piano è un’occasione irripetibile per migliorare le infrastrutture economiche e sociali (a partire da sanità e scuola) e per ripensare il suo futuro industriale. Serve però un’accelerazione sul fronte della spesa e soprattutto occorre rafforzare i Comuni con nuove competenze sia accelerando sulle assunzioni sia ampliando la possibilità di ricorrere a competenze esterne».

Ma finora quali effetti avete registrato dall’utilizzo di risorse del Pnrr sulla crescita economica del Mezzogiorno e della Calabria?
«I dati che abbiamo, fanno emergere un quadro in chiaro-scuro ma nel quale prevalgono le ombre. Positiva è stato senz’altro la risposta dei Comuni calabresi che hanno esercitato il massimo sforzo per partecipare ai bandi nonostante le grandi carenze di organico. Ma troppo spesso i meccanismi competitivi previsti hanno finito per penalizzare proprio i comuni più fragili fallendo nell’obiettivo di concentrare le risorse laddove ce n’era più bisogno. Una nostra analisi sui bandi relativi agli asili nido e alle scuole conferma le nostre preoccupazioni: in Calabria appena il 23% delle scuole primarie ha la mensa e il 19% la palestra, valori pari ad un terzo di quelli medi del Nord. Con i bandi Pnrr della scuola, la Calabria ha avuto 330 euro pro capite, l’Emilia Romagna 220 euro. Impossibile con un differenziale così basso colmare i divari. La gran parte delle risorse sarebbe dovuta andare nelle aree in cui i servizi sono assenti o carenti».

Svimez segnala un aumento dell’occupazione superiore anche alla fase pre-pandemica. E il Sud ha ottenuto un tasso di crescita maggiore al resto del Paese. Eppure, prosegue l’esodo di giovani dalla Calabria in cerca di lavoro. Come la giustifica?
«La ripresa occupazionale post-covid c’è stata anche in Calabria, ma assai più contenuta che nel resto del Sud. Soprattutto l’intera crescita è dovuta alle costruzioni, ora in rallentamento con l’esaurimento del bonus 110%, e al settore del commercio, alberghi e ristoranti; debole la crescita negli altri servizi privati e ancora in calo l’occupazione industriale. La tipologia di occupazione creata nel settore edilizio e turistico – spesso a bassa qualifica e con contratti precari – non può essere una alternativa credibile rispetto alla scelta di emigrare dei giovani calabresi laureati. Non si possono offrire ai giovani della Calabria che hanno studiato, solo lavori di portieri di B&B o camerieri, occorre puntare sulle loro competenze per cogliere le nuove opportunità strategiche di questo territorio connesse alla transizione green e alla centralità mediterranea».

Nelle anticipazioni, stimate una massa enorme di risorse destinate al Sud, per ridurre il divario territoriale. Almeno 100 miliardi. Dunque non è questione di somme, ma di come si utilizzano. Quali, secondo lei, dovrebbero essere le priorità per creare reali occasioni di sviluppo per il Mezzogiorno e per la Calabria in particolare?
«In forte discontinuità rispetto alle passate fasi di ripresa ciclica, Sud e Nord sono ripartiti insieme. Ora la possibilità di proseguire questo trend dipende dalla capacità di sfruttare a pieno le risorse disponibili a partire dal Pnrr. Ma la sfida corrente è soprattutto modificare gli elementi strutturali del divario. Un risultato che passa da una riduzione dei divari di cittadinanza, attraverso investimenti sulle infrastrutture economiche e sociali (sanità e scuola) e da una politica industriale attiva capace di cogliere le opportunità trasformative e di creazione di buona occupazione presenti nelle regioni del Sud nei settori a elevata tecnologia e nelle filiere produttive connesse alla transizione ecologica. Le imprese innovative sono oltre 90 mila nel Sud, quasi 8 mila in Calabria in settori quali l’agroalimentare, l’economia del mare, la mobilità sostenibile, l’energia e la salute. È questo lo zoccolo duro di una Calabria innovativa da cui ripartire. Ed è questa l’unica strada per riorientare il modello di sviluppo verso settori innovativi in grado di creare opportunità occupazionali per i giovani laureati del territorio e così frenare l’esodo di talenti che sta impoverendo la Calabria». (r.desanto@corrierecal.it)

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