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L’estate eretica della Reggina, la “vita nuova” del Cosenza in B e il Catanzaro che vince anche nel deserto

La settimana delle calabresi: dall’elogio ai Lupi italiani (veri?) di Salvini, alla cittadinanza onoraria a Massimo Palanca, fino alle partite di Venezia e Lecce

Pubblicato il: 28/08/2023 – 7:56
di Francesco Veltri
L’estate eretica della Reggina, la “vita nuova” del Cosenza in B e il Catanzaro che vince anche nel deserto

“Patata della Sila” contro Bechèr, produttore veneto di salumi.
Se la partita tra il “piccolo” Cosenza calcio 1914 e la “multinazionale” Venezia Fc si fosse decisa a colpi di main sponsor – incollati sulle maglie – anziché di tattica e pallonate, probabilmente alla fine avremmo dovuto dare ragione al ministro dell’Agricoltura Lollobrigida che pochi giorni fa ha rivelato a uno sbigottito popolo italiano che «spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi». Invece, come di consueto, il confronto del “Luigi Penzo” ha trovato le sue risposte sul campo di gioco (pesante nonostante il caldo afoso di agosto) dei padroni di casa la cui rosa, evidenziano i dati di transfermarkt.it, vale più di 32 milioni di euro, mentre il Cosenza è fermo a meno di 14. Niente di nuovo se si pensa che il team veneziano può contare ad oggi su una guida societaria niente male: il patron è Duncan Leigh Niederauer, ex presidente e ad della Borsa di New York e membro del G100, gruppo esclusivo di amministratori delegati delle più grandi società del mondo. Eppure, nonostante tutte queste solide premesse, almeno nel primo tempo la sfida tra silani e lagunari ha ben celato gli status sociali differenti. Anzi, i ragazzi di Caserta, pur non al meglio per le assenze di Martino, Florenzi, Viviani e con un Meroni titolare incerottato (infatti poi si è infortunato), hanno messo in seria difficoltà i più quotati avversari, passando con merito in vantaggio grazie a un gol di Voca fotocopia di quello realizzato a Frosinone in amichevole pre-campionato.

Voca esulta a Venezia dopo aver realizzato il gol del vantaggio silano

Nei secondi 45′, più nove di recupero, la qualità enorme del Venezia, che ha segnato con una prodezza da vedere e rivedere dell’ex Pierini, è venuta fuori, complice anche il crollo psicofisico della squadra rossoblù, ad eccezione del solito Micai (una sicurezza), di Venturi (leader inatteso della difesa con un salvataggio decisivo nel finale), di Zuccon in mediana (mostruoso vista l’età) e della solita immancabile fortuna guarasciana che da tempo accompagna i Lupi (due traverse consecutive degli arancioneroverdi a 90simo inoltrato) nel loro percorso in cadetteria. Ma, buona sorte e lacune a parte che si sperano di colmare negli ultimi giorni di mercato, ciò che è balzato agli occhi della prima prova esterna del Cosenza, rispetto per esempio all’anno scorso e a due, tre e quattro anni fa, è stata soprattutto la capacità di soffrire senza perdere mai la testa. In sintesi, Calò e soci oggi somigliano sempre di più a una normale squadra di serie B. Ché, detto così, sembrerebbe un fatto ovvio, scontato, banale. E invece no, non lo è affatto.

Il gol di Biasci dopo 17 anni di attesa

Se il Cosenza pare aver intrapreso una strada nuova per affrontare il torneo cadetto, il Catanzaro, pur cambiando categoria, è rimasto quello di sempre: solido, cinico e con una identità di gioco definita. Certo, di fronte alla Ternana di Lucarelli e in uno stadio, quello di Lecce, praticamente deserto (più che comprensibile l’assenza del tifo organizzato che si è visto assegnare soltanto 1500 biglietti a fronte di oltre 4 mila abbonamenti già sottoscritti) e tutt’altro che casalingo per via della decisione della Lega sulla consegna in ritardo dei lavori al “Ceravolo”, le Aquile hanno sofferto più di quanto non facessero in serie C per portare in Calabria i tre punti. Alla fine, comunque, meritati per via del solito possesso palla superiore (marchio di fabbrica del gioco di Vivarini) e una precisione nei passaggi quasi perfetta. Il gol del ritorno in serie B dopo 17 anni porta la firma di Biasci, ma ciò che resterà della serata di ieri è la bellissima giocata con cui D’Andrea si è procurato il rigore decisivo realizzato dal solito Vandeputte. Quattro punti in due partite, proprio come il Cosenza. Un inizio migliore per le due calabresi di B probabilmente non era possibile immaginarlo.

La gioia di Vandeputte

Il bomber coi baffoni e il piede piccolo

Ma vittoria a parte, per Catanzaro quella conclusasi ieri sera è stata una settimana di passione, corse contro il tempo e riconoscimenti, emozioni e delusioni. Martedì notte sono terminate le operazioni di puntamento dei fari a led istallati allo stadio “Ceravolo” che, però, come anticipato sopra, non sono state concluse in tempo per ricevere l’ok della Lega per la partita con la Ternana, che si è disputata appunto a Lecce. Sempre martedì, nel pomeriggio, è stata conferita la cittadinanza onoraria a chi il “Ceravolo” lo ha fatto letteralmente esplodere per ben 11 stagioni: Massimo Palanca, “Piedino d’oro”, Piedino di fata”, il “Cruijff dei poveri”, l'”O Rey” giallorosso.

La cerimonia per Massimo Palanca

L’uomo dai gol impossibili su calcio d’angolo, ben 13 realizzati in carriera e tutti di sinistro, in cui il vento di Catanzaro e Claudio Ranieri posizionato davanti ai portieri avversari per disturbarli, giocarono un ruolo determinante. Un bomber di provincia in un capoluogo di Regione, coi baffoni (paragonati a quelli del capo della Brigate Rosse Mario Moretti), il piede più piccolo di Maradona – 37 contro 39 – e dalle giocate folli e spettacolari, come i tanti eroi che negli anni di piombo, per almeno un paio d’ore alla settimana, riuscivano ad anestetizzare le divisioni ideologiche, le violenze e le morti che inondavano l’Italia.

Massimo Palanca con la maglia del Catanzaro

Il nome di Palanca, ancora una volta, è riuscito a mettere tutti d’accordo. Persino la politica catanzarese, reduce da settimane di fibrillazioni, inimmaginabili apparentamenti e uno spericolato rimpasto. D’altronde, come Gigi Marulla per Cosenza, ancora oggi l’ex numero 11 (la cui maglia è stata ritirata dal club) rappresenta, e non solo a Catanzaro, uno dei simboli romantici di uno sport a cui l’oro dell’Arabia Saudita sta togliendo l’ultimo pezzo di umanità che gli resta.

Salvini, il Cosenza e l’italiano vero (a convenienza)

Torniamo a parlare del Cosenza calcio perché c’è anche il club rossoblù nella nuova e immortale campagna identitaria della Lega di Matteo Salvini. Il “prima gli italiani” tanto caro al leader padano, stavolta, in modo implicito, ha coinvolto la compagine silana che, come Südtirol e FeralpiSalò, nello scorso turno di campionato ha messo in campo undici titolari italiani. La notizia, evidenziata anche da un’altra Lega (quella di serie B), è stata ripresa dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti con un post sui suoi canali social, questo: “Da tifoso, ma soprattutto da Italiano (scritto con la i maiuscola, probabilmente in omaggio allo scomparso Toto Cutugno o al generale Vannucci, ndr), dico GRAZIE (scritto tutto maiuscolo, ndr) a queste società”.

Il post di Matteo Salvini

Forse, però, Salvini (che a Cosenza non è mai stato amato, in special modo dal tifo organizzato), non sa che più che identitaria, la scelta delle tre squadre è di convenienza: secondo il nuovo regolamento della serie B sul minutaggio, sono aumentati notevolmente i contributi economici per chi schiera solo ed esclusivamente calciatori italiani Under 21 (e in minore entità Under 23), mentre lo scorso anno era previsto un premio anche per l’utilizzo dei giovani stranieri.
(P.s.: per evitare il ritiro di quel “GRAZIE”, nessuno dica al ministro che più volte, nel recente passato, il Cosenza calcio ha promosso un’iniziativa di solidarietà e integrazione chiamata “Welcome Refugees” in cui i migranti giunti in Calabria sono stati ospitati sugli spalti durante le partite casalinghe della squadra rossoblù).

L’estate eretica della Reggina

Domani la Reggina conoscerà il suo destino. Il ricorso al Consiglio di Stato contro l’esclusione dal campionato di serie B (a proposito, la Regione Calabria ha annunciato che si costituirà in giudizio a favore degli amaranto), potrebbe essere l’ultimo massaggio cardiaco praticato sul corpo provato di una realtà che negli ultimi anni ha miscelato generosamente e pericolosamente gioie e dolori estremi. Città e ciò che rimane della società – guidata, dopo l’era Saladini, da quello che è destinato a diventare una incomprensibile meteora: Ilari -, arrivano all’ultimo grado di giudizio sfiancati, furiosi, divisi, malinconici, ma non ancora sconfitti.

Manuele Ilari

Ognuno, ovviamente, con le proprie ragioni e passioni. Ancora poco più di 24 ore, e poi, comunque andrà a finire questa calda, eretica e disperata estate amaranto, che sia B, D, Corte Europea o il vuoto cosmico, bisognerà necessariamente cambiare pelle e (ri)partire da zero. Come d’altronde (e purtroppo) più volte, nella loro storia, sono state costrette a fare tutte le maggiori squadre di calcio calabresi.

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