SAN PAOLO Dalla Calabria al carcere “duro” di Brasilia, passando per Torino. Senza, per ora, possibilità di fare ritorno. È la storia di due broker italiani, legati alla ‘ndrangheta calabrese ed emigrati in Brasile per gestirne il traffico di droga. Sono le accuse mosse da diversi processi, portati avanti, seppur divisi, sia in Italia che nel paese sudamericano, dove sono bloccati da 4 anni in seguito all’arresto del 2019. Ed è proprio questo il fulcro della questione sollevata da La Stampa. Nicola Assisi e il figlio Patrick hanno due processi in corso in Italia: quello derivante dall’operazione “Pinocchio” e, per il solo Nicola, il processo “Cerbero” in cui è accusato di essere figura apicale della locale di San Giorgio Canavese, in provincia di Torino. Entrambi i procedimenti sono fermi per l’assenza “forzata” dei due imputati. Procede, invece, verso l’appello quello in Brasile. L’estradizione, richiesta sia dalle procure italiane che dagli stessi Assisi, è al momento bloccata dalla Federazione brasiliana.
La Federazione si avvale della regola che vieta l’estradizione fino alla conclusione totale della pena inflitta per reati commessi nel paese brasiliano. I due Assisi stanno, infatti, affrontando il processo in Brasile, in seguito all’arresto realizzato a Praia Grande nel 2019 in cui, come spiega La Stampa, «gli investigatori trovarono nell’alloggio 3,7 chilogrammi di cocaina, 2 pistole P 38, 41 cartucce, 150 mila euro e una serie di sigilli originali dei container utilizzati per il traffico di droga». I due broker sono stati condannati in primo grado e sono ricorsi all’appello, rimanendo in regime di custodia cautelare.
Nicola e Patrick Assisi spingono per l’estradizione. Così come gli stessi magistrati italiani, che altrimenti non potrebbero procedere con i relativi processi. Ad opporsi è la Federazione brasiliana, la cui Corte Suprema ha anche rifiutato la richiesta dei difensori di trasferire Patrick dal penitenziario federale al carcere di stato. Michele Malerba, il legale italiano, ha affermato a La Stampa che «stanno scontando un carcere durissimo con quelle modalità», ovvero restrizioni ai limiti del 41bis, inclusi isolamento diurno e notturno e divieto di socialità.
Anche l’idea di un’estradizione temporanea, che prevedeva il ritorno in Italia solamente per affrontare i processi, è stata bocciata dalle autorità brasiliane. Al momento non sembra esserci modo di convincere la Federazione: i due broker restano fermi in Brasile, reclusi nel penitenziario federale, in attesa dell’appello e senza la possibilità di affrontare i processi in Italia.
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