REGGIO CALABRIA Più dinamiche e al tempo stesso con maggiore fiducia su quanto avverrà nel futuro prossimo. Pronte ad investire sul green e digitale, le imprese condotte da giovani under 35 scontano però la debolezza finanziaria che in una fase di irrigidimento del mercato del credito – dettata dall’innalzamento del costo del denaro – rischia di frenarne la crescita. È la fotografia che emerge dall’ultimo rapporto redatto dal Centro Studi Tagliacarne che ha tratteggiato i lineamenti dei giovani imprenditori, confrontando le loro aspettative di crescita per il 2023 e il 2024 con quelle dei loro colleghi, sulla base di un’indagine condotta su un campione di 4.000 imprese manifatturiere e dei servizi con una forza lavoro tra i 5-499 addetti.
Da questa “istantanea”, riaffiora l’anima viva delle aziende condotte da giovani. Stando a questa ricerca, una su due prevede che già nel corso del 2023 vedrà incrementarsi il proprio fatturato ed un terzo stima che incrementerà la sua forza lavoro. Una stima dettata dalla consapevolezza che per crescere, l’impresa ha necessità di avvalersi di personale qualificato soprattutto per cogliere al meglio gli investimenti legati al Pnrr. Ad iniziare dalle misure legate alla rivoluzione green e al digitale su cui le aziende gestite da giovani imprenditori contano di puntare.
In particolare oltre un terzo prevede di investire risorse in entrambe le direzioni. Se questi sono gli aspetti positivi, le note “stonate” provengono dalla poca propensione alle esportazioni rispetto ai loro colleghi (il 38% delle aziende under 35 esporterà nel 2023 a fronte del 45% delle non giovanili) e dalle “barriere economiche”, che impediscono investimenti nel loro cammino verso la transizione. Un quadro che, con le sue specificità e distinguo, riguarda anche la Calabria.
Lo sottolinea Umberto Barreca, presidente dei Giovani Imprenditori di Unindustria Calabria ed eletto di recente a capo del Comitato del Mezzogiorno dei Giovani Imprenditori di Confindustria.
Presidente, il centro studi Tagliacarne segnala che le imprese giovanili sono più fiduciose per il futuro prossimo dell’economia rispetto alle aziende guidate da “anziani”. È una valutazione che condivide anche per la situazione calabrese?
«Sicuramente, il trend calabrese rispecchia quello nazionale. Purtroppo la velocità è sempre più contenuta. Noi giovani imprenditori calabresi non riusciamo a superare la media nazionale ed avviare un processo di recupero del gap perso negli anni».
Dallo stesso studio emerge che sono le aziende condotte da giovani a scommettere sulla crescita economica e contano di assumere nuove forze lavoro.
«Probabilmente lo spirito imprenditoriale giovanile permette di affrontare il mercato con uno approccio diverso, ovvero meno prudenziale. E proprio nei momenti di maggior crescita, il rischio viene ripagato da una incremento più repentino. Sono diverse le aziende calabresi di prima e seconda generazione che hanno effettuato investimenti cospicui negli ultimi anni e che stanno raccogliendo i frutti di quella scelta in termini di crescita aziendale, fatturato ed export».
Dai dati risulta una flessione dell’autoimprenditorialità tra i giovani. Ritiene che ci siano maggiori timori nel “mettersi in gioco”?
«Purtroppo è vero. Ma questo timore è diffuso non solo nel mondo delle imprese. Se è vero che sono tanti a temere di mettersi in gioco nel creare nuove realtà produttive, questo avviene anche in altri campi. Ad esempio, come rilevato anche dai principali ordini professionali, scarseggiano i giovani che si iscrivono in un albo professionale per svolgere la propria attività in autonomia. Molte volte preferiscono rifugiarsi in un “porto sicuro”, sotto l’ egemonia di grandi compagnie che deresponsabilizzano i professionisti e permettono loro di godere di uno stile di vita migliore. Una scelta che però non permette loro di crescere e di realizzarsi sotto il profilo professionale».
La Svimez segnala che seppure la Calabria registra una crescita del Pil, non riesce ad agganciare la ripresa. In questo senso quali sono le difficoltà che incontrano le imprese calabresi guidate da giovani nel non riuscire a recuperare il gap?
«Sicuramente le infrastrutture fisiche e digitali non aiutano a superare un gap maturato in decenni di ritardi ed insufficienti politiche di sviluppo. Sarebbe opportuno avere degli strumenti più performanti per attrarre e trattenere talenti che potrebbero aiutare le imprese a decollare. Inoltre occorre un impianto normativo snello, certo e vantaggioso che perduri negli anni».
L’innalzamento del costo del denaro soprattutto per chi avvia per la prima volta un’attività in Calabria, come nel caso di giovanissimi imprenditori, rischia di peggiorare il quadro economico. Cosa si potrebbe fare per sostenerli?
«Anche sotto il profilo finanziario i giovani difficilmente trovano terreno fertile alle nostre latitudini. Purtroppo il sistema bancario tradizionale, che rappresenta gran parte delle risorse disponibili per supportare le imprese, valuta il merito creditizio. Un merito che può essere guadagnato solo ed esclusivamente dopo diversi anni di attività, maturando utili ed aumentando le referenze. Sarebbe opportuno premiare anche il merito delle iniziative, magari con un istituto pubblico che garantisse le somme richieste ed erogasse finanziamenti a costi ragionevoli in linea con il mercato europeo».
Cosa chiedete alle istituzioni calabresi per rafforzare il sistema delle imprese giovanili regionali?
«Le istituzioni provano costantemente ad instaurare un rapporto con le imprese e con i giovani che dovrebbero rappresentare il futuro della nostra regione, la nuova classe dirigente. Una volontà che però poi si scontra con la realtà. È impensabile che ancora le aziende si scontrino con procedure agevolative gestite con tempi faraonici. Le erogazioni, per gli aventi diritto, dovrebbero avvenire in pochi giorni. Ed inoltre le misure di sostegno dovrebbero essere pubblicate con largo anticipo e dovrebbero durare nel tempo». (r.desanto@corrierecal.it)
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