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«I miei dieci anni (difficili) di denunce contro la ‘ndrangheta»

La mafia nei cantieri di Rivoli. La causa persa e il rischio di fallire prima degli arresti. Esposito racconta la sua scelta di legalità

Pubblicato il: 01/09/2023 – 17:09
«I miei dieci anni (difficili) di denunce contro la ‘ndrangheta»

ALASSIO Mauro Esposito, ingegnere e architetto, 58 anni, un personaggio simbolo dell’imprenditoria che da oltre 10 anni resiste alla malavita organizzata, racconta la sua storia, sul lungomare di Alassio, nell’ambito della rassegna Ligyes – Alassio Genova Cultura Fest. La scelta di diventare testimone di giustizia contro la mafia degli appalti nelle costruzioni, a Torino. Le minacce, la paura, il rischio del fallimento e alla fine gli arresti che mettono fine all’incubo. Ora dopo oltre dieci anni Mauro ha visto riconosciuto il suo ruolo e risarciti una parte dei danni. Ma vuole continuare a parlare e denunciare.
Il racconto alla Tgr Liguria parte dalle prime visite sgradite nei cantieri. «Svolgevo un lavoro di progettazione a Rivoli, vicino Torino, e di colpo mi sono ritrovato in cantiere l’impresa che costruiva, che aveva rapporti di ‘ndrangheta con tutti i suoi subappaltatori». Arriva così scelta di denunciare gli ‘ndranghetisti: «Davanti a strane richieste del capocantiere denuncio tutto e la mia vicenda si complica: vengo estromesso dal cantiere, perdo una causa civile ed è questa la cosa più assurda». “Gliela facciamo pagare”, “Gli schiacciamo la testa come un verme”, “Passerà un brutto Natale”: Esposito ricorda le cattive intenzioni degli ‘ndranghetisti nei suoi confronti. «Vengo messo sul lastrico, perdo tutto – racconta ai microfoni della Rai –, rischio di fallire perché mi pignorano tutto». Va avanti così fino a un giorno del 2014 in cui vengono effettuati tutti gli arresti. «Da lì – continua Esposito – il percorso, sempre difficile e in salita, ha un epilogo felice in questi giorni», con l’imprenditore che riesce a ottenere, dopo quasi 10 anni, anche un risarcimento. Sceglie, comunque, di raccontare la sua storia e continuare nel percorso di denuncia. «La mafia non dimentica – conclude – e quindi bisogna tenere alta sempre l’attenzione su chi si è opposto a questo sistema. Chi ha avuto la fortuna di uscirne, anche con le ossa rotte, ha l’obbligo morale di dare una mano agli altri». 

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