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Un triangolo mortale per il Sud (e la Calabria): Pnrr, Autonomia differenziata e reddito di cittadinanza

«L’Italia sarà quel che il Mezzogiorno sarà». Così il repubblicano Giuseppe Mazzini efficacemente sintetizzava il principale problema del paese ai suoi albori. Le condizioni delle regioni meridion…

Pubblicato il: 01/09/2023 – 11:17
di Gianluca Passarelli*
Un triangolo mortale per il Sud (e la Calabria): Pnrr, Autonomia differenziata e reddito di cittadinanza

«L’Italia sarà quel che il Mezzogiorno sarà». Così il repubblicano Giuseppe Mazzini efficacemente sintetizzava il principale problema del paese ai suoi albori. Le condizioni delle regioni meridionali, al netto di aree eccezionali che indicano nella migliore delle ipotesi uno sviluppo a macchia di leopardo, sembrano piombate direttamente dagli anni Ottanta, sebbene del secolo scorso.

Gianluca Passarelli

I dati Svimez e Istat sono impietosi circa le distanze crescenti tra nord e sud. Emigrazione quantitativa e qualitativa crescente che svuota i centri e depaupera un’economia fiacca, azzoppata dalla pandemia e da scelte miopi e localiste. Tutti gli indicatori principali segnano battute di arresto e la congiuntura internazionale rischia di deprimere pur timidi e incoerenti segnali di ripresa.

Sud decisivo nelle urne

Eppure il Mezzogiorno rimane centrale nella campagna elettorale. L’elettorato è assai volatile e, segnato da appartenenza debole, disincanto e soprattutto rabbia e disaffezione sociale e istituzionale, cambia comportamento a ogni tornata, come dimostra l’alternanza frenetica tra presidenti di regione di schieramento diverso.
La storia di una certa idiosincrasia e diffidenza per lo Stato, per il bene pubblico, è radicata, anche perché alimentata da corruzione e mafie, mal governo, nazionale e locale. Non a caso i movimenti populisti hanno trovato fertile terreno elettorale, interpretato dagli elettori quale ennesimo sfogatoio, ribellismo. Esistevano però corpi intermedi importanti, solidi e consapevoli, i tre grandi partiti (Dc, Pci e Psi), i sindacati e gli intellettuali che in uno scambio virtuoso producevano idee, proposte e resistevano ai tentativi distruttivi della corruzione masso-mafiosa e della destra.
Dai moti di Reggio, alla ‘ndrangheta-camorra e alle grandi speculazioni post latifondiste, fino al movimento abortito rapidamente dei forconi, o alle traversate dello Stretto di Beppe Grillo emulo di Mao sul fiume Giallo. Da questo punto di vista il Movimento 5 stelle ha incanalato la frustrazione in un alveo accettabile e democraticamente compatibile, ma senza solide prospettive programmatiche.
Il Sud ha in sintesi deciso l’esito delle elezioni politiche negli ultimi due decenni e da sempre la geografia elettorale ha visto nel Mezzogiorno un’area di transizione di movimenti, di spostamenti più veloci che nel resto del paese sebbene in una dinamica di “grandi blocchi”.
L’infatuazione berlusconiana nel 1994, ma anche l’emblematico “61 seggi a zero” per la Casa delle libertà in Sicilia nel 2001, il rifugio transeunte nel centro-sinistra, l’urlo ribellista grillino nel 2013 e l’esplosione nel 2018 e infine nel 2019, alle europee, la bestemmia laica del sostegno al senatore Salvini portatore di interessi ostili al Mezzogiorno. E ancora la spinta ai Fratelli d’Italia nel 2022.

Disuguaglianza sociale e territoriale

Le regioni meridionali rappresentano un bacino elettorale disponibile, appetibile e contendibile. Tutte le opzioni sono state esplorate, anche il populismo grillino. Serpeggia il voto di “estrema” protesta, ovvero l’astensione, la diserzione, che sarebbe la morta gora della democrazia e l’autostrada per la destra radicale. Un salvacondotto per i potentati locali, per le consorterie trasversali e gli interessi consolidati. Perché nulla cambi.
Viceversa, il Sud aspetta un imprenditore politico che abbia coraggio, che compia scelte di rottura, che dia un segnale, che apra un credito di fiducia, e mantenga un canale di comunicazione con una società martoriata. La Sinistra, e le forze progressiste sono chiamati a dare prova di maturità e cambiamento profondi.
La disuguaglianza territoriale da sanare dovrà essere il tema delle prossime elezioni europee. La Germania post 1991 riuscì a mitigare fortemente il divario tra est e ovest grazie a una classe dirigente illuminante, a politiche espansive e a una pianificazione decennale. A una visione di società e di sviluppo oltre che di progresso che riscatti soprattutto i giovani liberandoli dalla disoccupazione e dal lavoro precario.
In passato la “questione meridionale” era sistematicamente studiata sin dalle scuole medie e i partiti non rinunciavano a immaginare soluzioni per risolvere il dilemma gramsciano. Oggi, anche il centro-sinistra a volte appare troppo indulgente rispetto a una presunta questione settentrionale e a rischiose acrobazie sul regionalismo differenziato che metterebbero a repentaglio la reale unità nazionale e il senso stesso di comunità e solidarietà.
La partita politica ed elettorale si gioca nelle regioni meridionali che aspettano un segnale chiaro. Il centro-sinistra ha un’occasione formidabile per arginare la fascinazione per le destre e vincere la sfida europea. Sarebbe un bel segnale se il Partito democratico aprisse la campagna elettorale in contemporanea a Melfi, a Termini Imerese, a Pomigliano e a Reggio Calabria.

La Calabria Sud del Sud

Proprio la Calabria rappresenta quel mondo “estremo” – come efficacemente indicato da Domenico Cersosimo su il Mulino –, ma non bastano soluzioni di piccolo cabotaggio, trasformismi e piccole visioni o iperboli sul turismo. I dati sono drammatici: il numero di scuole si contrarrà ancora (-79 nel 2023, un segnale drammaticamente in linea con quanto avviene in Puglia e Campania): le fusioni dei plessi scolastici sono per il 70% concentrate al Sud. La sanità è un vero disastro che mette a repentaglio l’intera struttura sociale e la garanzia dei diritti costituzionali, e non bastano mirabolanti illusioni, servono azioni concrete e programmate in direzione della sanità pubblica e universalistica. I trasporti sono migliorati solo per l’alta velocità ferroviaria, ma rimangono sostanzialmente abbandonate le linee minori, le zone interne e montane. La società che li gestisce su scala regionale sembra ferma agli anni Sessanta, intere zone sono prive di minimi livelli di un sistema degno di essere definito “trasporto pubblico”, si pensi in particolare alla litoranea ionica dove la questione sarà aggravata dalla chiusura biennale della superstrada Ionio-Tirreno”, isolando l’intera Locride in cerca di rilancio. Lontani e dimenticati i tempi di “Torre Melissa”, le rivolte contadine, in quella terra di Crotone che pure era la Stalingrado del Sud, oggi marginalizzata, depredata e desolata, con abusi edilizi, degrado ambientale e sostanziale disinteresse della politica. 

Pnrr, Reddito e Autonomia

Il Pnrr rappresenta uno strumento, un piano di investimenti e rilancio adeguato. Tuttavia, i ritardi nella sua attuazione, le incertezze nella pianificazione, la sostanziale idiosincrasia del governo nazionale verso talune misure (si pensi alle case della salute di comunità) e i tagli per le infrastrutture (su tutte la linea ferroviaria Sibari-Melito P.S., proprio quando l’elettrificazione è bloccata) decisi dal Ministero dei Trasporti, minacciano la tenuta sociale della penisola calabra.
La povertà fa da padrone, l’assenza di tutele formali quali il salario minimo, e la cancellazione del reddito di cittadinanza incidono crudelmente sul tessuto socio-economico, in un’area già pesantemente provata da migrazione, spopolamento, impoverimento. Assenza di politiche attive, eliminazione di misure di assistenza e spoliazione degli investimenti pubblici generano un circolo vizioso, potenzialmente esiziale. Il Sud, e la Calabria in particolare, avrebbero, hanno bisogno di politiche anti-cicliche, di investimenti maggiori rispetto ad altre regioni per almeno un lustro. Di sgravi fiscali, di più scuole, di sanità di eccellenza, di presidi statali e sociali, di economia verde. Invece giunge un fantomatico, ma altrettanto pericoloso, progetto di Autonomia che in realtà cela una visione quantomeno distorta di cosa sia davvero l’Unità d’Italia e di quanto azioni conseguenti e coerenti dovrebbero andare nella direzione di “cucire”, di lenire le sofferenze, di mitigare le distanze. Quella proposta di riforma – una vera secessione dei ricchi – strappa le membra del Sud. Cattiva attuazione del Pnrr, smantellamento dei presidi sociali e riforma costituzionale divisiva sono un triangolo mortale, per il Sud e per la Calabria. La politica progressista dovrà pensare e agire di conseguenza, perché il Mezzogiorno, la Calabria, e dunque l’Italia, saranno anche quel che il centro-sinistra sarà.

* professore in Scienza politica alla Sapienza di Roma

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