VIBO VALENTIA Una segnalazione anonima, frasi a tratti sconnesse il cui contenuto, parola dopo parola, si delinea fino a diventare chiarissimo. Si parla di un presunto traffico di sostanze stupefacenti, ci sono nomi e cognomi e dettagli rilevanti. La missiva “scottante”, dunque, quella che è stata recapitata direttamente nella buca delle lettere dell’abitazione di Rodolfo Ruperti. È l’aprile del 2010 e i dettagli della lettera che un anonimo ha compilato di proprio pugno con un italiano un po’ sgangherato anticiperanno in larga parte quelli che saranno alcuni degli elementi su cui si poggia l’inchiesta “Adelphi”, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Lettera che fa parte degli atti della corposa inchiesta che ha scoperto il business del narcotraffico internazionale messo in piedi dal gruppo Barbieri-Ventrici.
Ruperti, ora lontano dalla Calabria da alcuni anni, all’epoca della vicenda era vicequestore aggiunto di Catanzaro e capo della Squadra Mobile. Un nome, il suo, collegato ad importanti operazioni contro la ‘ndrangheta in Calabria. Ora vicario del Questore di Pisa, il dirigente della Polizia di Stato, nato a Crotone nel 1965, ha ricevuto ad aprile del 2023 anche un encomio perché, nel 2018, nel Trapanese, in Sicilia, ha lavorato al fermo di dieci esponenti di “Cosa Nostra”, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, finalizzata ad acquisire il controllo di attività economiche, di concessioni, autorizzazioni, appalti, servizi pubblici e altro. Insomma, una figura di fiducia per il territorio, celebre per la sua “lotta senza quartiere” contro la criminalità organizzata, l’unico dirigente di Squadra Mobile che in tempi recenti ha diretto Uffici investigativi di contrasto alle “tre mafie” di Calabria, Campania e Sicilia.
«Topia Giuseppe dietro lui Franco Ventrici molto vicino a Barbieri residenti a Bologna (…) allo spaccio di livelli industriali». E ancora: «Dietro Topia Antonio Franzè autista e corriere da San Luca a Vibo e da Vibo a Bologna da Barbieri». Nelle prime righe della lettera anonima, a tratti incomprensibile, sono citati nomi il cui peso specifico emergerà a poco a poco dai riscontri effettuati dalla Procura di Vibo Valentia. Il primo è Vincenzo Barbieri, classe ’56 di Limbadi, noto come “il ragioniere”, broker del narcotraffico ucciso poi in un agguato avvenuto il 12 marzo 2011 a San Calogero, nel Vibonese. Il secondo, invece, è Francesco Ventrici, classe ’72 di San Calogero, ritenuto vicinissimo al clan Mancuso di Limbadi e di elevatissima caratura criminale. Il nome de “Il Gordo”, infatti, risulta in numerose inchieste contro il narcotraffico, da “Decollo” a “Decollo III” e “Golden Jail”. Ma anche “Due Torri Connection” e “Stammer”, rimediando diverse condanne ormai passate in giudicato. E poi c’è Giuseppe Topia: è lui una delle figure più importanti individuate poi dalla polizia giudiziaria nell’inchiesta “Adelphi”, documentando continui viaggi dal Sudamerica, proprio in compagnia di Antonio Franzè, su disposizione di Vincenzo Barbieri. «(…) le ambasciate che Topia manda al n. 1 venezuelano – si legge ancora nella lettera anonima – la droga arriva al porto di Gioia, sono 100 kg alla volta, l’ultima volta in dei boccacci di ananas».
E ancora: «Voi state dormendo perché Topia nulla facente si permette una vita da 30mila euro al mese e oltre il dovuto, basta fare una perquisizione». Poi il monito: «Dormiti» (dormite ndr). Nella missiva, infine, anche un “suggerimento” per individuare due latitanti, Salvatore Morelli e Antonio Pardea. «Basta seguire il cognato di Morelli – suggerisce l’anonimo – quello con la Mini Cooper S nera e vi porterà da loro». «Non dormiti».
È la relazione di servizio firmata da un agente scelto delle Polizia di Stato risalente al 16 aprile 2010 che fa riferimento, invece, ad un’altra lettera anonima indirizzata ancora una volta a Rodolfo Ruperti. «Si fa presente che lo scrivente – si legge nella relazione allegata agli atti della corposa inchiesta – veniva a conoscenza da personale della locale Squadra Volante che le persona menzionate nella lettera anonima trovavano riscontro sia per quanto riguarda le frequentazioni sia per le autovetture utilizzate dagli stessi». Ed infatti nella missiva anonima chi scrive conosce in modo dettagliato elementi poi riscontrati in larga parte nel corso dell’indagine degli inquirenti. «Caro signore Ruperti le scrivo in modo che faccia qualcosa x salvare mio figlio da brutte compagnie» scrive così un’anonima mamma che spiega poi di non poter denunciare il figlio perché «non mi parlerebbe più». Poi la denuncia: «Spacciano droga a livelli industriali. Il capo è Topia Giuseppe, poi Antonio Franzè detto Platini la sua diciamo fidanzata brasiliana che sarebbe l’interprete nei viaggi in Brasile e Venezuela».
«Mi sono accorta di tutto cio sia x i soldi che maneggia sia che è diventato molto misterioso. E poi suo padre gli domanda sempre di chi sono le macchine che gira e lui risponde di soci». Poi l’ultimo dettaglio e una sorta di preghiera affidata ancora a Ruperti: «So anche che vanno e vengono da San Luca a Milano. La prego faccia qualcosa e non mi metta in mezzo, la prego». (g.curcio@corrierecal.it)
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