CATANZARO L’accusa nei confronti dell’avvocato Francesco Sabatino è quella di concorso esterno in associazione mafiosa. Il legale è stato tratto in arresto questa mattina nel corso dell’operazione della Dda di Catanzaro “Maestrale Carthago 2”.
Secondo l’accusa, Sabatino avrebbe messo i suoi buoni uffici di avvocato al servizio delle cosche Mancuso, Pardea-Ranisi, Galati e Accorinti, interfacciandosi in particolare con Luigi Mancuso, Pantaleone Mancuso alias “L’ingegnere”, Domenico Macrì, Michele Galati e Giuseppe Antonio Accorinti.
Il capo di imputazione che gli viene contestato parla di un «rapporto di tipo collusivo in forza del quale, mettendo a disposizione le possibilità offerte dall’esercizio della sua attività di professionista (avvocato), consentiva a tale organizzazione, nel suo complesso, di eludere le investigazioni delle autorità e di acquisire notizie riservate, mettendo a disposizione della predetta organizzazione informazioni relative ad indagini in corso, anche coperte da segreto istruttorio, ovvero comunicando agli affiliati dell’organizzazione notizie investigative ottenute nell’espletamento del mandato difensivo in favore di altri esponenti della criminalità organizzata locale, mettendosi a disposizione delle predette consorterie garantendo ai rispettivi vertici un canale di comunicazione con il mondo esterno, quando gli stessi si trovavano detenuti in carcere, recapitando all’occorrenza messaggi, utilizzando a tal fine i colloqui difensivi con altri detenuti ed intrattenendo altresì comunicazioni con i detenuti attraverso canali illeciti; partecipando ad incontri conviviali con esponenti di spicco dell’associazione in stato di latitanza o in violazione di misure restrittive alle quali erano sottoposti, agevolando, in una specifica circostanza, Giuseppe Antonio Accorinti a eludere i controlli della polizia giudiziaria; suggerendo azioni illecite volte a screditare i collaboratori di giustizia e la loro attendibilità».
«Signor Mantella prenda una caramella». Che fosse un bigliettino da leggere, una compressa da prendere per stare male e lasciare il carcere, lo stratagemma usato dall’avvocato Francesco Sabatino – racconta il collaboratore di giustizia Andrea Mantella – era quello di offrire una caramella durante i colloqui in carcere.
«La confezione era delle caramelle Golia verde e nera; era una compressina che io presi, dopo essermi informato, il giorno in cui c’era lo psichiatra; dopo 15-20 minuti che avevo preso la compressa, effettivamente, sono stato male e sono stato ricoverato in ospedale». Nonostante quel trucco, Mantella racconta che non riuscì a ottenere i domiciliari ma «quella non fu l’unica compressa – racconta – che mi portò l’avvocato Sabatino, altre volte mi fece avere dei farmaci che mi dovevano portare al deperimento organico, sempre per ottenere i domiciliari; si trattava sempre di compresse che mi portava con il sistema della “caramellina”».
Mantella racconta di avere saputo da Diego Mancuso «che l’avvocato Sabatino gli aveva consegnato un telefonino in carcere che lui utilizzava per parlare con l’esterno».
«I Mancuso – prosegue Mantella – nominano sempre l ’avvocato Sabatino perché si presta a fare da messaggero tra loro, questo oltre a dirmelo Diego Mancuso, era evidente dalle nomine che loro facevano, tanto è vero che i Bonavota mi dissero di togliermelo che non mi faceva niente in quanto era con i Mancuso».
«Per tutti noi quando arrivava l’avvocato Sabatino in carcere era una festa in quanto sapevamo le notizie che provenivano da fuori; oltre ai Mancuso anche Peppone Accorinti lo nominava sempre e andava spesso a mangiare con lui».
«Oltre a fare questo l’avvocato Sabatino si presta a fare fotocopie di atti che consegna ai suoi assistiti, intendo atti che riguardano non i clienti interessati, ma altri soggetti». «Io dall’avvocato Sabatino ho saputo per lettera che il pentito Moscato aveva fatto dichiarazioni sul mio conto; a Viterbo l’avvocato Sabatino mi ha riferito che sapeva di alcuni verbali resi dal collaboratore Giuseppe Giampà. Tutti sappiamo che tutti i Mancuso nominano l’avvocato Sabatino perché fa circolare le “caramelline ” in carcere».
Secondo il gip Filippo Aragona, che ha disposto la misura cautelare in carcere per l’avvocato Francesco Sabatino, dalle risultanze di indagine «deriva la dimostrazione (nei limiti dello standard probatorio richiesto in questa sede) di rapporti molto stretti del Sabatino con esponenti di numerose cosche mafiose con i quali interagiva in maniera molto colloquiale e confidenziale e soprattutto con modalità comunicative cospicuamente esorbitanti rispetto alle necessità derivanti dall’espletamento del mandato difensivo, divenendo il punto di riferimento per gli appartenenti alle cosche mafiose ogni volta in cui veniva percepito il pericolo di indagini che coinvolgessero gli apparati dei clan ed i singoli membri, i quali, infatti, si recavano presso Sabatino (ma spesso quest’ultimo si recava presso le loro abitazioni e i loro luoghi di riunione) per avere conoscenza di tutto ciò che potesse riguardarli sotto il profilo investigativo».
Tanti gli incontri di interesse investigativo che sono stati registrati tra Sabatino e gli esponenti della criminalità organizzata:
il 21 febbraio 2018, Sabatino ha partecipato ad una cena con Giuseppe Antonio Accorinti, il quale si era reso irreperibile in quel periodo per sottrarsi alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale;
col boss Luigi Mancuso, Sabatino partecipa a una cena per festeggiare la fine del periodo di sorveglianza speciale. Inoltre, in una conversazione il co-difensore del Mancuso (che era difeso anche dal Sabatino) dice al suo interlocutore che Sabatino era talmente legato al boss Mancuso Luigi da essere giunto al punto di fargli anche da autista;
Sabatino, registrano ancora gli investigatori, ha partecipato alle riunioni tra sodali presso il Cin Cin bar di Ferrante il 23 gennaio 2015 e il 20 febbraio 2015. Quindi ha partecipato ad altre due riunioni tra sodali avvenute il 6 novembre 2016 e il 29 ottobre 2015 alle quali era presente anche Luigi Mancuso;
si è occupato della sostituzione della misura cautelare nei confronti di Giuseppe Mancuso nonostante non fosse il suo difensore. Inoltre ha informato la famiglia Mancuso circa l’arresto di Pantaleone Mancuso “L’ingegnere” a Roma nonostante non fosse il difensore di quest’ultimo. Ha informato Mancuso Giuseppe sulla collaborazione con la giustizia del fratello Emanuele Mancuso rivelandogli che l’inizio della sua collaborazione doveva essere desunto dal fatto che Emanuele Mancuso era assistito da avvocati che generalmente difendevano i collaboratori di giustizia. Altrettanto ha fatto con Michele Galati al quale ha rivelato informazioni sul processo Nemea e sulla posizione del collaboratore Emanuele Mancuso;
ha assunto l’incarico difensivo per Antonio Stagno su richiesta di Michele Galati (capo della cosca a cui appartiene lo Stagno), con il quale ha trattato le questioni tecniche relative alla difesa di Stagno impegnandosi col Galati ad assisterlo gratuitamente;
in qualità di difensore di fiducia di Filippo Orecchio (partecipe del gruppo mafioso Ranisi di Vibo) ha trattato le questioni difensive relative a quest’ultimo con i membri del medesimo gruppo, Tomaino Domenico e Macrì Domenico (capo clan), ricevendo il pagamento dei suoi onorari dal Tomaino. In tale circostanza Sabatino ha parlato con Tomaino anche delle istanze cautelari nell’interesse di Orecchio e ha fatto considerazioni su alcuni comportamenti da parte dei componenti della cosca che riteneva rischiosi perché avrebbero potuto determinare la nascita di altri collaboratori. Macrì si è recato da Sabatino anche perché era preoccupato che potesse essere coinvolto in una indagine a causa di contatti con alcuni soggetti intercettati e fermati da poco. In tale circostanza Macrì ha ottenuto da Sabatino informazioni circa il fatto che tale Parrotta era stato intercettato mentre tale Soriano non lo era stato. Inoltre Sabatino ha descritto minuziosamente a Macrì tutti i passaggi procedimentali e tecnici per captare conversazioni tra presenti mediante il virus inoculato in un apparato telefonico, riservandosi di fornirgli ulteriori informazioni su altri soggetti intercettati dopo qualche giorno. Sabatino ha fornito informazioni sul virus nel telefono di Parrotta anche a Galati Michele;
Sabatino, risulta dalle indagini, ha trattato questioni tecniche relative alla difesa di Palmisano (membro della ‘ndrina Pugliese) direttamente con il capo cosca Rosario Pugliese anche per quel che concerne il pagamento del suo onorario;
Michele Galati, nel corso di una conversazione con la sorella, ha osservato che Sabatino era stato nominato appositamente quale difensore del sodale Pititto per scongiurare il rischio che quest’ultimo iniziasse a collaborare con la giustizia;
le questioni inerenti alla difesa di Diego Mancuso sono state trattate da Sabatino con Boccardelli (soggetto vicino alla cosca Mancuso) anziché col diretto interessato.
Oltre al lungo elenco di risultanze investigative, ci sono anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Nel corso del processo Rinascita Scott, i pentiti avevano raccontato diversi aneddoti, forieri di scontri in aula con le difese.
Tra questi, oltre a Mantella, c’è Emanuele Mancuso il quale dichiara che «Sabatino parlava con noi di tutte le questioni che si verificavano nel Vibonese ed interessavano la mia famiglia, anche quando aveva disponibilità dei fascicoli che non riguardavano i miei familiari».
«L’avvocato Sabatino – racconta Mancuso – ha iniziato la sua carriera professionale difendendo inizialmente Diego Mancuso, poi difendendo il figlio Domenico e subito dopo difendendo me e la mia famiglia: in particolare, mio padre e mio fratello Giuseppe Salvatore. L’avvocato Sabatino era solito parlare con me ed i miei familiari di diversi argomenti di interesse dalla mia famiglia. Come ho riferito più volte a casa mia arrivavano i fascicoli di tutte le operazioni del vibonese e c’erano più fascicoli da noi che in Tribunale. Al riguardo chiarisco che l’avvocato Sabatino parlava con noi di tutte le questioni che si verificavano nel vibonese ed interessavano la mia famiglia, anche quando aveva disponibilità dei fascicoli che non riguardavano i miei familiari».
Secondo il gip: «La posizione di Sabatino Francesco è dunque delineata da più fattori che confluiscono verso un’unica direzione; infatti i dati dimostrativi che emergono dalle captazioni di conversazioni e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono così gravi, precisi e convergenti da non lasciare spazio ad alcuna perplessità» riguardo all’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
«Il dato che maggiormente impressiona – scrive il giudice – in questa vicenda è che Sabatino svolgeva, non solo il compito professionale di difensore tecnico dei suoi assistiti, ma espandeva le sue attività fino ad assumere il ruolo di soggetto che faceva circolare le comunicazioni tra gli associati (tra le quali anche quelle aventi ad oggetto la consumazione di estorsioni e la trasmissione di direttive da parte dei capi cosca detenuti) e di consulente per tutti i componenti delle cosche mafiose con cui egli interagiva. Infatti egli trattava le questioni inerenti alla posizione dei suoi assistiti non direttamente con questi ultimi, ma con altri membri dell’associazione mafiosa a cui appartenevano i suoi assistiti, i quali si inserivano nel rapporto avvocato-cliente per poter ottenere informazioni utili per tutta la cosca. Grazie alle interlocuzioni con Sabatino essi riuscivano cosi a conoscere atti procedimentali che venivano usati per prevenire azioni investigative ulteriori. Inoltre Sabatino partecipava a meeting tra sodali ai quali erano presenti soggetti sottoposti a misure cautelari o di prevenzione che avrebbero dovuto trovarsi altrove. Egli ha fornito informazioni a due capi cosca in merito ad un virus inoculato nel telefono di un sodale, rivelando anche i nomi di coloro che erano stati intercettati e di coloro che non erano stati intercettati. Ha suggerito ad un membro di una cosca quali comportamenti fossero da evitare per scongiurare il rischio che altri soggetti collaborassero con la giustizia e in un caso ha assunto la difesa di un membro del clan di Mileto per assicurarsi che questo non iniziasse a collaborare». A questo si aggiungono le dichiarazioni dei collaboratori che «descrivono infine Sabatino come un soggetto totalmente asservito ai desiderata dei clan».
Il giudice ritiene che «può essere affermato che Sabatino, evidentemente per un vantaggio personale consistente nell’acquisizione di un numero sempre maggiore di soggetti che gli conferivano il mandato difensivo, e quindi nell’accrescimento del volume dei suoi affari professionali, ha generato costantemente un supporto determinante per le cosche oggetto della investigazione, contribuendo al loro rinvigorimento, con conseguente maggiore capacità di attuare il programma criminoso associativo». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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