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IL RICORDO

Rhodio, i giovani, il merito e le ferite profonde

Quando una persona scompare ciascuno sente di offrire la propria testimonianza: c’è chi lo fa in maniera formale – pur di stare “sul pezzo” -, chi lo fa senza neanche aver conosciuto la persona (m…

Pubblicato il: 08/09/2023 – 10:18
di Nunzio Raimondi
Rhodio, i giovani, il merito e le ferite profonde

Quando una persona scompare ciascuno sente di offrire la propria testimonianza: c’è chi lo fa in maniera formale – pur di stare “sul pezzo” -, chi lo fa senza neanche aver conosciuto la persona (mamma mia quanti!), chi lo fa – come dice giustamente il mio Maestro – “non per celebrare ma per celebrarsi”.
Premetto che non mi cimento – se non di rado – in “orazioni funebri”, ma cerco, per quanto è possibile, di selezionare, nella filigrana del ricordo, qualche episodio saliente della vita del trapassato, allo scopo – neanche celato – di far conoscere meglio chi non c’è più a chi non sa; e così testimoniare due cose: la bellezza della persona e la bruttezza dell’ignoranza di cui spesso è circondata.
E mi sembra questo il modo più acconcio per tracciare qualche segno sulla tela, senza esagerare e, quindi, sopratutto con misura, perché chiunque, vedendo il quadro, ne riconosca il ritratto. Come è stato scritto da tanti, Guido Rhodio è una persona (per noi cristiani egli vive) la cui lunga vita va ricordata e trasmessa alle giovani generazioni. Degli innumerevoli momenti vissuti con Guido Rhodio (che ho incontrato ancora di recente quando, grazie all’intervento del mio amico Oldani Mesoraca, venni ammesso a casa sua, a Squillace, in una atmosfera come sempre cordiale ed affettuosa che lui sapeva ogni volta creare), voglio ricordarne due: uno bello ed uno brutto. E sì, perché la vita di ciascuno è segnata anche da momenti brutti e la morte non li cancella.
Comincio ovviamente da quello più bello. Si celebrava nell’aula della Corte di Appello di Catanzaro la cerimonia per la consegna di due premi importanti per noi avvocati: la consegna della toga d’onore al/alla giovane che aveva conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato collocandosi al primo posto nella graduatoria nel circondario del Tribunale di Catanzaro e la consegna del premio “Alfredo Cantafora” per il primo in graduatoria in tutti i Tribunali del distretto. A quell’epoca l’avvocatura catanzarese riceveva attestati di alta considerazione da tutte le autorità regionali e alla cerimonia parteciparono tutte le autorità civili e militari della Regione. Fra queste, anche Guido Rhodio, all’epoca presidente della Regione Calabria.
Anche se inopportuna svolgo sul punto una breve riflessione. L’attenzione per i giovani non è uno slogan da sventolare ai quattro venti alla bisogna, ma piuttosto un preciso dovere per le istituzioni, che non dovrebbero mai mancare alle manifestazioni celebrative del merito, sopratutto a quelle riguardanti i giovani. Ma Rhodio fece di più e ve lo devo raccontare. Al termine della cerimonia si avvicinò a me (che ero fra i premiati) e mi disse (chi se lo dimentica…): «Bravo, hai vinto entrambi i premi. Anche la Regione Calabria vuole premiare il tuo impegno. Chiama domani in Presidenza perché voglio affidarti una causa importante». Adesso non mi soffermerò sulla causa in questione: dico solo che riguardava una legge regionale molto controversa rispetto alla quale moltissimi dipendenti regionali reclamavano, dinanzi al Tar Calabria, posizioni giuridiche superiori. Ricordo che nella difesa dell’Ente m’impegnai tanto e, nonostante il mio avversario fosse addirittura il grande prof. Silvestri, riuscii a spuntarla.
Rincontrai Rhodio alla fine del giudizio; si congratulò e mi disse: «I giovani di valore non si aiutano a parole…». Ecco, io vorrei che restasse questo insegnamento di Guido Rhodio, professore e politico: la politica sceglie il merito, lo cerca tra i giovani, lo supporta concretamente.
Ed ora brevemente sull’episodio brutto. Era passato del tempo ed io, grazie al mio grande maestro Armando Veneto, mi ero forgiato maggiormente nel diritto penale. Mi chiamò Guido Rhodio, era mortificato, aveva ricevuto un avviso di garanzia per abuso d’ufficio e lui, che era un uomo d’una integrità assoluta, viveva questo evento in maniera lancinante. Lo convinsi che dovevamo andare al dibattimento per dimostrare la sua assoluta estraneità al fatto contestato. Ma egli subiva come un’onta il fatto stesso di metter piede in tribunale. Feci in modo che il processo si svolgesse in orari poco frequentati e lontano da giornalisti e telecamere (sempre in agguato…). Ne uscì ovviamente assolto con la formula «perché il fatto non sussiste»… e non per mio merito ma per l’evidente errore giudiziario in cui la Procura di Catanzaro era incorsa. Finì tutto “in bellezza” ma, ogni volta che l’incontravo (negli anni successivi), per pochi istanti il suo sguardo intelligente e profondo perdeva la sua lucentezza, come per una ferita che faceva ancora tanto male.
Anche qui scuserete la digressione. Guai ad incolpare l’innocente, ne porterà la cicatrice per tutta la vita. Lo ricordino sopratutto i giovani magistrati. Ora, con la morte, le cicatrici di Guido Rhodio sono scomparse. La sua fede autentica e vitale le ha cancellate perché egli oggi vive nello splendore di Dio. Felice memoria.

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