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“Lameziamara”

Il dibattito sul Piano strutturale comunale di Lamezia Terme, «un piano senza etica destinato a rendere la città sempre più povera»

Pubblicato il: 11/09/2023 – 17:14
“Lameziamara”

In questi ultimi giorni si scrive e si parla, ma solo nei ristretti ambiti politici attenti ai destini della città, del più importante documento programmatico: il Piano strutturale comunale. Un argomento, dunque, che sembra vivere solo per pochi eletti di spirito, al di fuori degli schemi di potere e privi del consenso elettorale. Paradossalmente, i temi connotativi e decisivi del Psc sembrano invece sfuggire – vista la totale assenza di interesse per un puntuale dibattito – ai delegati dei cittadini, investiti della rappresentanza con quell’atto di grande responsabilità espresso da un segno di croce, laico ma privo della necessaria consapevolezza civica, su una scheda elettorale.
I temi sono tanti, ma appare strano che non venga colto l’obiettivo non dichiarato del Psc, che è quello di impoverire l’intera città a vantaggio di quei pochi per cui è stato concepito, sin dal suo avvio.
C’erano, e ci sono tuttora, oltre trenta strumenti urbanistici di dettaglio che si possono attivare per poter migliorare la città; invece si è fatto ricorso, sulla base di bugie, al più comodo escamotage di far credere che la panacea di tutte le brutture della città fosse nei colori di un Psc: uno strumento vecchio, inadeguato e anacronistico, che peraltro non dà – anche per le modalità perequative adottate – la possibilità di adeguare il tessuto urbano alle esigenze di una benché minima parvenza di modernità e funzionalità. Tutto è rinviato a soluzioni che non arriveranno mai, perché il vero obiettivo del Psc è dare sfogo, qui ed ora, sullo stile “cotto e mangiato”, ai bisogni di pochi con una dilatazione sproporzionata dell’offerta edilizia rispetto a una domanda sempre più esigua e condizionata dall’asfissia (programmata) delle costruzioni esistenti.
E dei molti altri cittadini? Poco importa, tanto sono ignari, se non ignavi. E, aspetto certamente non secondario, condividono anche la piena responsabilità di quanto sta accadendo con la Regione, la Provincia e la famigerata Sovrintendenza per i Beni culturali: i primi per la scelta elettorale e gli Enti, rinnegando i compiti istituzionali, data l’infingardaggine rispetto alle sorti sociali e funzionali del territorio, sottraendosi con gravi ambiguità all’attività di controllo di conformità/coerenza degli atti.
In questa prospettiva, la città sembra il villaggio di Fontamara, che dà il titolo a un libro di Ignazio Silone, concepito molti anni prima ma pubblicato nel periodo storico della riforma agraria di Fausto Gullo, con i suoi villaggi agricoli, oggetto a loro volta del privilegio dell’attenzione di Bruno Zevi con l’articolo “I cafoni e l’urbanistica” poi pubblicato in Cronache urbanistiche.
Il libro di Silone descrive la povertà dei contadini, “i cafoni”, e la grettezza dei proprietari terrieri. In questo contesto, Berardo, il terrone umile e buono, cerca invano di ottenere il “pezzo” di terra da coltivare che gli spetta, fino però a soccombere. Oggi, a distanza di più di mezzo secolo, non si tratta più di soddisfare i bisogni primari con il possesso della terra, ma di poter conservare il valore della propria casa, acquistata o costruita con enormi sacrifici, in molti casi proprio su quel “pezzo” di terra. Questi sono i nuovi “cafoni”, a proposito dei quali le cronache economiche ci parlano di un patrimonio edilizio esistente che fatica a incontrare la domanda di acquisto. Di conseguenza la casa, bene primario sui cui hanno investito le famiglie ha un valore di mercato sempre più in discesa: una tendenza negativa destinata a rafforzarsi, soprattutto per effetto del Piano strutturale comunale. Un impoverimento programmato, dunque.
Come spiegare questo al comune cittadino?
Corrado Alvaro scrive che “i calabresi vogliono essere parlati”. Si può sperimentare anche a Lameziamara.
Attualmente una costruzione del quartiere San Teodoro è data in affitto, per poche decine di euro, a una famiglia extracomunitaria. Il proprietario, Berardo, è convinto che quel suo “pezzo” di casa produca un reddito, anche se minimo, sufficiente a ossequiare – egli, cittadino probo – i vari oneri tributari e fiscali, senza pensare che intanto il degrado fisico della costruzione procede inesorabilmente, fino a quando non sarà più in grado di fare fronte ai lavori edilizi conservativi. E Berardo, ignaro degli effetti devastanti del Psc, non sa che il suo “pezzo” di casa, che vale forse quanto il “pezzo” di terra che occupa, difficilmente potrà essere inserito nel circuito commerciale, trovandosi di fatto in un’area periferica, con problemi di emarginazione sociale, priva di servizi e assolutamente inappetibile. Così, Berardo, per il fisco proprietario di una casa, peraltro in area storica, è (nonostante le allodole PinQUA, PNRR e le contraddittorie premialità varie), di fatto, soltanto possessore di un peso tributario, fiscale e titolare assoluto di un impoverimento, esclusivamente personale, cioè che lo riguarda direttamente: un cittadino soccombente, dunque, come il Berardo di Fontamara. Mentre in qualche punto del territorio, lontano dal “pezzo” di casa di Berardo, abitante di Lameziamara, il luccichio di qualche nuova costruzione partorita dal Psc farà illudere che tutti i cittadini siano possessori della nuova città.
È per evitare questa illusione che bisogna chiedersi se il Psc è “giusto” piuttosto che bello, con i suoi colori forse accattivanti ma che non creano comunità, ma distruzione.
“Gli esteti, coloro che pensano che l’architettura (come l’urbanistica) sia un’arte, sono corrompibili dal business – scrive Richard Sennet -, perché farebbero di tutto affinché ciò che hanno concepito veda luce”.C’è soltanto da sperare che si spengano gli illusori bagliori somministrati come salvifici, perché un Piano strutturale senza etica, qual è quello di Lameziamara, è destinato a rendere la città sempre più povera.
Giovanni Iuffrida (architetto)

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