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Sana 2023, i produttori: «Sul biologico siamo di esempio per tutti gli altri»

Chiuso il Salone di Bologna, Minisci di “Carpe Naturam”: «Noi calabresi partiamo da una situazione di vantaggio e siamo una regione guida»

Pubblicato il: 12/09/2023 – 16:00
Sana 2023, i produttori: «Sul biologico siamo di esempio per tutti gli altri»

BOLOGNA Si è chiusa ieri la 35esima edizione del Sana 2023, il Salone Internazionale del Biologico e del Naturale tenutosi a Bologna, 650 gli espositori su 20mila metri quadrati di superficie espositiva. 12.500 gli operatori, il 10% dei quali provenienti dall’estero, un dato che viene valutato come particolarmente confortante perché uguale a quello della precedente edizione ma, nel 2023, riferito solamente ai B2B e non ad un pubblico generico. 200 i buyer provenienti da trenta Paesi e dai principali mercati internazionali, tra importatori di prodotti biologici, rappresentanti della grande distribuzione e operatori nell’ambito della cosmesi naturale e del food service.

L’entusiasmo degli operatori

Bilancio positivo anche per la Regione Calabria che nello stand ha scelto di mettere in vetrina non solo i numeri del biologico in Calabria (siamo prima regione in Italia e tra le prime in Europa) ma anche la strettissima connessione con la biodiversità e con i marchi di qualità. Entusiasti gli operatori che rivendicano come nel settore Bio la Calabria possa dire la propria a livello nazionale. «La Calabria ha raggiunto la quota del 36% di superficie agricola biologica, è la regione più biodiversa d’Italia e guida anche in Europa, di fatto non solo favoriamo l’Italia nel raggiungimento degli obiettivi imposti dalla Comunità Europea, ma siamo da esempio per le altre regioni». A sottolinearlo Anita Minisci, front management di “Carpe Naturam” che, dal lontano 1989, nella piana di Sibari produce e commercializza ortofrutta biologica. «Il biologico – aggiunge Minisci – è un asset importantissimo e noi produttori dobbiamo esserne consapevoli perché, in questo caso, partiamo da una situazione di vantaggio ed in Calabria spesso non è così. Dobbiamo essere ancora di più testimoni di quello che ci appartiene, della nostra storia, delle nostre possibilità e comunicarle anche al mondo esterno». «Ecco perché – prosegue Minisci – dopo 15 anni Carpe Naturam è tornata al Sana, perché questo è il momento in cui dobbiamo comunicare al mercato italiano ed al mercato europeo che l’Italia può fare la differenza processo di conversione e quindi essere il Paese più ecosostenibile d’Europa».

Maggiore consapevolezza

Significativo il richiamo anche sulla crescente consapevolezza dei consumatori italiani «per quanto ci riguarda ci eravamo un po’ dimenticati del panorama italiano perché l’approccio al consumo Bio da parte dei consumatori è molto lento, poco dinamico.
L’esistenza di distorsioni distributive – evidenzia l’imprenditrice – non hanno permesso al consumatore italiano di poter consumare biologico facilmente, con il Covid e la digitalizzazione questo sistema è cambiato. Oggi siamo qui per dire e ribadire ai consumatori che le produzioni italiane biologiche sono le migliori d’Europa». Nei padiglioni del Sana la consapevolezza sull’essere protagonisti di un settore importante nel contesto agricolo ed agroalimentare italiano è evidente, d’altro canto il volume d’affari raggiunge a livello nazionale i 5 miliardi di euro, una situazione decisamente mutata rispetto a qualche decennio fa «30 anni fa – aggiunge ancora Minisci – eravamo considerati dei pionieri folli perché non c’era riscontro nel mercato, ma soprattutto non c’era grande riscontro sui sistemi produttivi. Chi ha creduto nel biologico ha però avuto una visione anticipando i tempi e se oggi il nostro fatturato matura per l’80% sui mercati esteri è perché all’epoca gli spazi di consumo biologico nel nostro Paese erano minimi. In genere si produce e si commercializza prima nel mercato nazionale di riferimento, noi abbiamo fatto esattamente l’opposto, siamo nati come esportatori e poi siamo ritornati anche nel mercato italiano». L’esperienza concreta racconta poi di difficoltà via via superate «quando abbiamo iniziato produrre biologico non era affatto semplice, i sistemi di difesa erano risicati e spesso la sperimentazione nelle nostre stesse avveniva nelle aziende, c’era poco supporto scientifico universitario». «Oggi – aggiunge Minisci – non è più così, le grandi imprese lavorano e progettano sistemi di difesa biologici con molta parte del mercato convenzionale che ha importato i nostri sistemi di difesa, come le trappole feromoniche per esempio». «Possiamo dire – conclude Minisci – che quella biologica è un’agricoltura che si è evoluta talmente tanto da creare e donare innovazione al resto dell’agricoltura».

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