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L’estate di…

«Pertini innamorato dei Bronzi di Riace. Li voleva a Roma, mi opposi e si convinse»

Intervista ad Ermanna Carci Greco. Gli anni difficili quando «Mancini subiva minacce». «Fui l’unica donna ad entrare nella Certosa di Serra San Bruno»

Pubblicato il: 14/09/2023 – 21:10
di Paride Leporace
«Pertini innamorato dei Bronzi di Riace. Li voleva a Roma, mi opposi e si convinse»

COSENZA Nel salotto di famiglia nel centro di Cosenza, Ermanna Carci Greco, bella ed elegante come sempre, smista telefonate e visite. Molti libri accatastati sui mobili, le foto di diverse stagioni della vita. Molte sono di Vittoria, sua mamma, e di Giacomo Mancini, suo secondo marito. Le temperature sono tornate a salire in questo settembre che somiglia a luglio. Tra un the freddo e molte telefonate non accettate, il click del registratore cattura analisi e ricordi di una protagonista della politica e dell’economia calabrese.

Ho avuto la fortuna di assistere in anteprima alla proiezione di “Semidei” dedicato ai Bronzi di Riace. Appari ben tre volte nel documentario quando eri assessore regionale alla Cultura. Sei stata una protagonista di quella vicenda che portarono le statue a Reggio Calabria…

(Ride soddisfatta e contenta) «Il mio ruolo è stato determinante».

Perché?

«Alla fine del restauro a Firenze io divento assessore alla Cultura della Regione. Inizio ad occuparmene nel momento della celebre esposizione a Roma per previsti dieci giorni».

Che succede?

«Il presidente Pertini s’innamora dei Bronzi. A Reggio, la sovrintendente Elena Lattanzi, una donna che meglio dovremmo ricordare, inizia a supportarmi nei tavoli sulla destinazione delle statue. In quella circostanza un grande sostegno lo trovammo anche in Luigi Lombardi Satriani».

Ricordiamo che non era un politico allora ma un autorevole accademico e intellettuale..

«Nella Prima repubblica non c’erano portaborse e consulenti. Nell’attività istituzionale trovavi aiuto da grandi menti. Per me furono decisivi Lombardi Satriani e Giorgio Manacorda» (docente di lettatura tedesca all’Unical e assessore alla Cultura a Cosenza ndr).

Che attività di supporto idearono?

«Lombardi Satriani organizzò un convegno scientifico internazionale in Calabria per accertare la datazione dei Bronzi. Le discussioni erano di alto livello e aumentarono la mia determinazione».

Tesa a quale risultato?

«Pertini si era innamorato dei Bronzi e li voleva a Roma e non a Reggio Calabria».

E com’è riuscita a convincere il presidente della Repubblica, notoriamente ostinato e decisionista?

«Ho messo in antagonismo la determinazione di una donna. Va aggiunto che il presidente era un compagno socialista».

Lei aveva un rapporto precedente con Pertini?

«Si, ma anche Giacomo Mancini, che ben lo conosceva, era dubbioso su una sua rinuncia. Io, però, prendevo un aereo a settimana ed andavo ad incontrarlo al Quirinale».

E che gli diceva?

«Compagno Pertini la Calabria ha bisogno dei Bronzi. E poi aggiungevo, io sono un assessore donna. Dobbiamo far vedere il cambiamento che le donne sanno attuare, non mi puoi consegnare questa sconfitta. E lui si convinse».

Era l’estate del 1981 quando arrivano a Reggio Calabria…

«Alla cerimonia vennero i ministri Scotti e Signorile che ci aiutarono in un percorso di promozione. Chiamai la ministra della cultura greca, l’attrice Melina Mercuri. La sua presenza per noi significava rappresentare la bellezza classica e anche la libertà essendo stata una resistente alla dittatura ellenica. Quel giorno a Reggio Calabria c’erano tutte le testate italiane».

Ermanna Cerci Greco all’arrivo dei Bronzi a Reggio con il ministro Scotti e il sindaco Granillo

E così i Bronzi sono diventati l’emblema della Calabria. Per i 50 anni del ritrovamento non mi sembra sia stato ricordato questo suo impegno?

«Un simbolo di cultura e di bellezza. Non mi ha invitato nessuno per le celebrazioni. Evidentemente al tempo del digitale le rassegne stampe dell’epoca giacciono impolverate e sconosciute».

Lei è stata anche l’unica donna ad entrare nella Certosa di Serra San Bruno. Come andò?

«Ricevo una lettera del padre priore certosino, era un polacco, che m’informa che nelle celle dei frati pioveva e mi chiede un intervento risolutorio»

E lei che fa?

«Ho portato l’istanza in Giunta. I colleghi assessori mi aiutarono a trovare i fondi di bilancio necessari per un intervento strutturale. Il priore mi ringraziò e chiese la dispensa papale per me. Sono stata la prima donna ad entrare nella Certosa. Una giornata per me indimenticabile».

Parliamo di estate. E’ stata in vacanza a Sangineto quest’anno?

«Mi sono operata all’anca, non potevo. Ma Sangineto è cambiata come luogo estivo».

Come?

«Non c’è più quel clima di comunità allargata tra le famiglie. I giovani sciamano nei locali e purtroppo si registrano anche episodi di violenza bruta».

Nella vacanze di un tempo a Sangineto ci sono stati anche Giacomo Mancini e sua mamma Vittoria…

«Certo. Erano anche anni difficili. Giacomo subiva minacce politiche. Non scendeva mai in spiaggia. Convivevamo con la scorta».

Ermanna Carci Greco a Sangineto con il marito Luigi Maria Greco e il figlio Giuseppe

Ma veniva anche il bel mondo a trovarlo?

«Ospitava Marcello Mastroianni ed Edmonda Aldini. Io ricordo con nostalgia di quelle vacanze le chiacchierate politiche sul patio con il critico d’arte comunista Antonello Trombadori e quelle culturali con il regista Francesco Rosi e la moglie Giancarla, molto amica di mamma».

Oggi i politici non frequentano più gli intellettuali?

(Sorride ironica) «Oggi la politica è cambiata. E’ solo gestione del potere».

Lei ad un certo punto abbandona la politica attiva. Perché?

«Credo di aver dato un grande dolore a Giacomo Mancini».

Puntava molto su di lei? Perché lasciò allora?

«Lui credeva in me, ma io non credevo più nella politica di Craxi, mi sono dimessa. Sparlarono di vicende familiari. Non è vero».

Arriva però una chiamata che le cambia di nuovo la vita…

«Entro come rappresentante della Provincia nella Fondazione Carical; per poi passare, avendo i titoli, nel Cda della banca e incontro un uomo che lascia il segno sulla mia formazione».

Chi era?

«Claudio Demattè, economista di livello europeo. Troppo dimenticati anche lui e le sue scelte. Ha salvato la nostra banca e ci ha indicato un nuovo modo di costruire sviluppo. Purtroppo poco ascoltato. Io sono fortunata perché sono stata una donna che ha incontrato diversi uomini notevoli per la mia formazione professionale».

Mi faccia un altro nome?

«Nuccio Ordine (la commozione è evidente, negli occhi di Ermanna spuntano lucciconi, segue una pausa) è stata una presenza molto importante nella mia vita dal punto di vista culturale. La Calabria ha perduto molto, è andato via troppo presto Nuccio. Un peccato».

Dispensa ancora consigli in politica?

«Mi cercano ancora. Commentiamo e analizziamo i fatti del giorno. Qualche parere d’esperienza a chi lo chiede lo offro volentieri».

Da sx: Eva Catizone – Inge Feltrinelli – Ermanna Carci Greco

Due donne al comando in Italia. Un suo giudizio sulla premier Meloni?

«Molto determinata e coraggiosa al netto delle scelte che appartengono al suo mondo, che non è il mio».

E Schlein?

«Non riesco ad esprimere un giudizio compiuto su di lei. Buone intenzioni ma ancora non l’abbiamo vista arrivare…».

La Calabria per Ermanna Carci Greco?

«Un tesoro da difendere. Io non ho mai pensato di andar via e ai miei figli e nipoti ho sempre chiesto di restare a studiare in Calabria. Guardi che magnifico esempio è venuto dal rettore Leone. E’ riuscito a far venire a insegnare all’Unical da Oxford il padre dell’Intelligenza Artificiale, Georg Gofflieb. Una Calabria positiva è ancora possibile. Giovani restate, non andate via». (redazione@corrierecal.it)

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