LAMEZIA TERME È la voce di spesa che sta subendo l’impennata maggiore. Incrementi che incidono sulle tasche soprattutto dei soggetti più fragili e delle famiglie già alle prese con una crescita dell’inflazione che ha fatto lievitare i prezzi dei generi di prima necessità. Finendo per fiaccare la loro capacità di spesa con il conseguente rischio di vedersi erodere ancor più i propri risparmi e di scivolare così sotto la soglia della povertà relativa.
I continui rincari dei prezzi dei carburanti così stanno agendo come una sorta di “cesoia sociale” che danneggia i ceti meno abbienti.
E i dati dimostrano quando il prezzo di benzina verde, diesel e gpl negli ultimi tempi sia lievitato. Andando velocemente in direzione della quota record dei mesi scorsi. Ma l’aumento del costo per alimentare i propri mezzi si evince soprattutto sul lungo periodo.
Se ad agosto del 2021 un litro di verde al distributore costava mediamente 1,654 euro in modalità self service, due anni dopo è balzato a 1,942 euro. In termini percentuali si traduce in un incremento medio di oltre 17 punti (per l’esattezza 17,41%). Ed anche il gasolio per trazione ha registrato un’impennata in questi due anni. Da 1,505 euro litro dell’agosto 2021 a 1,833 del mese scorso. Segnando una crescita pari a 21,79 punti percentuali. Come il gpl ha seguito lo stesso andamento – anche se in misura ridotta – passando da 695,33 centesimi a litro di due anni addietro a 710,48 di agosto scorso. Con un incremento dunque del 2,18%.
Un trend che sta proseguendo anche nelle prime settimane di settembre, in cui il prezzo medio alla pompa per la verde ha superato quota due euro.
E la Calabria è tra le regioni dove il carburante ha subito il maggiore rincaro. Nell’ultima rilevazione il costo che un’automobilista calabrese deve pagare per un litro di benzina verde in modalità self service è stato pari a 2,006 euro contro 1,97 delle Marche, ad esempio. Così come più esoso è stato il costo per fare un pieno di gasolio. In Calabria il prezzo medio nella settimana in corso è pari a 1,936 euro a litro – sempre in modalità self service – contro 1,897 di Campania e Lazio.
Aumenti che in una regione particolarmente fragile sotto il profilo economico si traducono in un vero e proprio salasso per le famiglie.
Pesando non poco sul già precario bilancio di alcune persone che devono già fare i conti con l’aumento di altri generi essenziali al proprio sostentamento e che si sono trovati anche tagliati fuori dal sistema di difesa sociale garantita dal reddito di cittadinanza.
Sono loro le prime vittime – ma non le uniche – di questa rincorsa al rialzo dei prezzi dei carburanti che sembra non volersi arrestare. E che fa presagire un autunno decisamente caldo sul fronte del caro vita per molte famiglie calabresi. E sulla tenuta economica dei bilanci familiari.
Rispedisce al mittente le accuse di speculazione, Mario Metallo, coordinatore di Assopetroli Calabria. Secondo il leader regionale dell’associazione che rappresenta le imprese attive nel settore dei prodotti e servizi energetici dal 1949, le ragioni della lievitazione dei prezzi dei carburanti sono da rintracciare tutte al di fuori del Paese. Per questo invita a rivedere la «strategia nazionale nel comparto energia». Metallo “boccia” il provvedimento adottato dal Governo sull’esposizione del prezzo medio regionale nei distributori: «Non è servito a nulla». Ed indica alcuni interventi «necessari» per potenziare la filiera energetica regionale: la realizzazione del rigassificatore a Gioia Tauro e il potenziamento dei depositi costieri di Vibo.
Clienti ed associazioni dei consumatori nuovamente sul piede di guerra. Con la Calabria tra le regioni che hanno sfondato il tetto dei 2 euro per un litro di benzina verde. Perché il costo del carburante è così alto nella regione?
«Non è una questione che riguarda solo la nostra regione, purtroppo paghiamo gli effetti di eventi mondiali. L’instabilità dovuta alla guerra in Ucraina ed i nuovi accordi mondiali di Paesi produttori aderenti all’Opec ed Opec+, hanno fortemente influenzato a partire dal mese di luglio le quotazioni del brent e del WTI, indici di riferimento nel settore petrolifero, sfondando la soglia dei 90 dollari a barile. Gli Stati Uniti – che ricordiamo sono i primi “esportatori ed importatori di Gas e petrolio al mondo” – hanno perso la centralità negli ultimi anni sulle politiche economiche che riguardano Paesi emergenti ricchi di materie prime, di fatti la Russia e gli Emirati Arabi hanno annunciato un taglio alla produzione di petrolio per tutto il 2023 ed oltre, di un milione di barili al giorno. Inoltre va considerato il fenomeno del “cambio euro/dollaro vicino la parità”, per noi europei che compriamo in dollari il petrolio, questo meccanismo gioca un ruolo centrale, e stiamo assistendo ad una scalata senza sosta dei prezzi delle materie prime. E la Calabria non è esente».
Qualcuno punta l’indice su operazioni speculative effettuate da società di distribuzione o da distributori locali. Come replica?
«Nessuna speculazione e questo è facilmente dimostrabile. Il nostro settore è tra i più controllati in Italia. Inoltre è anche il comparto dove vige la “libera concorrenza” e dunque si contano una pluralità di operatori su tutto il territorio nazionale. Per queste motivazioni è impossibile fare cartello. Dirò di più, molto spesso i guadagni degli impianti di distribuzione derivano non dalla vendita dei carburanti ma dalle attività complementari che si svolgono all’interno delle nostre attività. Mi riferisco agli introiti derivanti dai bar, dai tabacchi o da servizi offerti ai clienti come lavaggi auto, officine meccaniche o gommisti».
Eppure avviene che spesso quando il prezzo del brand scende non corrisponde una immediata riduzione del costo alla pompa. Diversamente da quando sale. A cosa è dovuta questa disparità?
«Innanzitutto la filiera non è corta visto che esistono depositi fiscali costieri, depositi commerciali e la logistica fino alle stazioni di servizio. Dunque come spesso capita, quando le oscillazioni di prezzo sono in discesa o in salita, ogni singolo operatore ha la facoltà di applicare la strategia che ritiene vincente. Può decidere di adeguare subito i prezzi oppure aumentare gli stoccaggi nelle varie fasi di mercato. Dunque questo dimostra come ci siano diversi passaggi e la “clientela composta da famiglie ed aziende” spesso non è a conoscenza di come funziona l’intera filiera. Credo non si abbia la percezione della complessità degli scambi che avvengono in questo settore e questo induce a tirare conclusioni errate».
Secondo il vostro parere l’iniziativa intrapresa dal governo che ha imposto l’esposizione del prezzo medio regionale ha portato benefici effettivi in Calabria?
«No, non è utile ed anche l’Antitrust su questo tema si è espressa in modo negativo. Questo perché innanzitutto non si tiene conto delle diverse dinamiche nei vari territori. Ad esempio in Calabria ci sono solo 2 depositi costieri: Eni e “Meridionale Petroli.” Ciò comporta che tutti gli operatori calabresi hanno la possibilità di acquistare i prodotti solo da queste due basi di carico e andare fuori regione su altri depositi non sarebbe economicamente vantaggioso. Inoltre si è dimostrato in questi mesi come l’installazione del tabellone del prezzo medio in ogni impianto non abbia minimamente contribuito alla discesa dei prezzi, o a fare chiarezza in un settore dove molti governi hanno provato nel corso degli anni a riformarlo, con poco successo».
Intravede qualche altra responsabilità per l’aumento dei prezzi nella regione?
«La Calabria è una regione in linea con il resto d’Italia per numero di punti vendita stradali e per la pluralità di operatori anche privati presenti sul territorio. Gli aumenti dei prezzi non dipendono sicuramente da una responsabilità della politica regionale, ma dalle scelte di strategia nazionale nel comparto energia».
Ma ciò nonostante la Regione potrebbe intervenire con qualche misura per andare incontro alle esigenze dei calabresi?
«Qualche intervento sarebbe utile. Ad esempio esiste un progetto per trasformare il porto di Gioia Tauro nell’Hub più grande del bacino del Mediterraneo del gas naturale liquefatto (Gnl). Questo garantirebbe, anche in termini di sicurezza nazionale energetica, approvvigionamenti via mare di Gnl da inserire nelle condotte nazionali della Snam. Inoltre sarebbe necessario ammodernare i depositi costieri dei carburanti di Vibo Valentia, per garantire uno standard adeguato alle esigenze del territorio calabrese. E poi ci sarebbe da investire maggiormente nelle infrastrutture di collegamento in Calabria, realizzando nuove strade e una viabilità che permetta di rendere la regione più competitiva al pari del resto del Paese». (r.desanto@corrierecal.it)
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