COSENZA «A pagare saranno le famiglie». A lanciare l’allarme sulle conseguenze nella regione di un’eventuale nuova stretta del Governo sul superbonus è il presidente di Ance Calabria Giovan Battista Perciaccante, (tra qualche giorno anche alla guida di Confindustria Cosenza)che chiede a gran voce la proroga della misura ritenuta «necessaria». E stila la conta dei “danni” del primo giro di vite sulla misura cardine degli ecoincentivi per l’efficientamento energetico degli edifici. A partire dai crediti incagliati in Calabria: «circa 800 milioni di euro». E si rischia lo stop di circa 2.700 cantieri con ricadute su imprese e occupazione.
Le recenti modifiche al superbonus hanno portato anche in Calabria ad una sorta di frenata nella richiesta di avviare lavori. Con quali ripercussioni?
«Il taglio delle percentuali di detrazione (dal 110% al 90%) e la forte stretta su unifamiliari e unità indipendenti (prima casa e quoziente familiare non superiore a 15.000 euro) sanciti dal Governo sul finire dello scorso anno, stanno determinando, anche alla luce del divieto di cessioni del credito e sconto in fattura per lavori avviati dopo il 17 febbraio e soprattutto del blocco del mercato dei crediti, un netto rallentamento del trend di utilizzo della misura. Nel mese di agosto 2023, rispetto allo scorso mese di luglio, sono infatti partiti 112 nuovi cantieri per un ammontare di 71 milioni di euro, che corrispondono ad un aumento percentuale del solo 0,8% in termini di numero e del 2,8% in termini di importo. Per tutto il 2022, invece, queste due voci crescevano ad un ritmo ben superiore al 10%. La proroga per i lavori avviati è assolutamente necessaria se non si vogliono rischiare scheletri di condomini incompiuti nelle città. Se i lavori non terminano, a rimanere esposte saranno le famiglie. Questa emergenza viene troppo spesso sottovalutata».
Il Governo intende mettere una nuova stretta al sistema dei bonus. Tra le ipotesi quella di ridurre la platea degli aventi diritto. I dati indicano che ad avere usufruito maggiormente di questo strumento anche in Calabria sarebbero i ceti più agiati. Soggetti che avrebbero potuto già operare senza questo incentivo. Come la vede?
«Come Associazione di categoria siamo consapevoli della necessità del governo di tenere sotto controllo la spesa, rivedendo il Superbonus, ma chiediamo all’esecutivo, in modo serio e responsabile, un confronto per evitare che a pagare siano i più deboli e le imprese sane. Lo scorso anno, quando il governo ha deciso in 15 giorni di cambiare le regole, tagliando la aliquota dal 110% al 90%, ad essere penalizzati sono stati quei condomini disagiati di periferia e delle fasce meno abbienti che sono arrivati tardi su questa misura a causa della paura dei cambiamenti normativi e dei pochi soldi da investire, spesso presi a prestito. Con la riduzione dell’aliquota e con l’impossibilità di monetizzare il credito di imposta, i lavori, da quel momento, sono stati appannaggio di chi ha avuto disponibilità economica e possibilità di compensare direttamente, ossia dei proprietari più abbienti. E così la misura, nata proprio per aiutare i più deboli, ha smesso di perseguire la sua finalità. Per gli interventi ancora non iniziati, non ci preoccupa una rimodulazione in base al reddito come chiede l’Europa. Ma se, al contrario, sono iniziati e si cambiano le regole in corsa, allora il problema c’è, eccome. Le modifiche devono essere equilibrate, permettendo alle imprese di onorare quello che è in corso.
Di certo però il costo della misura per le casse dello Stato è oneroso. Quale potrebbe essere il giusto compromesso che potrebbe portare benefici anche in Calabria?
«Il Superbonus è nato durante un momento drammatico per l’economia italiana e non poteva essere stabilizzato negli anni. Ha dato uno shock all’economia contribuendo ad una crescita di Pil eccezionale, come hanno accertato tutti gli studi economici. Come Associazione di categoria prendiamo atto del fatto che i costi del superbonus sono stati sottostimati, ma allo stesso tempo non possiamo accettare che ora si voglia somministrare una cura che rischia di ammazzare il paziente e di generare un boomerang a danno di imprese e famiglie. Se non si risolve il problema dei crediti incagliati, molti lavori saranno lasciati a metà, con gravi conseguenze sociali ed economiche».
E a questo proposito, qual è la situazione in Calabria?
«In Calabria i crediti incagliati ammontano a circa 800 milioni di euro. Una cifra che da sola restituisce la drammaticità della situazione».
E quanti sono i lavori che rischiano lo stop se non si sblocca la situazione?
«Secondo il report di Enea, a fine agosto, in Calabria, restano oltre 500 milioni di euro da realizzare che interessano circa 2.700 cantieri, di cui circa 650 riguardano condomini per un ammontare di 360 milioni. Sono coinvolte almeno 8.000 famiglie calabresi, il che significa circa 18.000 persone. Tali interventi, in molti casi, per i motivi su esposti, non stanno andando avanti secondo i piani. Tutto questo produce un cortocircuito che porterà molti lavori a non rispettare i tempi previsti, andando oltre la scadenza di dicembre con il conseguente cambio di aliquote in programma nel 2024. Chi effettua le spese da gennaio 2024 vedrà, infatti, scendere lo sconto fiscale dal 90% (ed in qualche caso ancora dal 110%) al 70%. E questo rischia di generare, a cascata, problemi di sostenibilità finanziaria delle opere per i cittadini. Va, pertanto, concessa una adeguata proroga dei termini e trovata una soluzione sul fronte dei crediti incagliati. Non si può scaricare il problema su famiglie ed imprese serie, gli effetti sarebbero devastanti».
In che misura tutto questo si ripercuoterà sull’occupazione del comparto?
«Da quando la misura è stata messa in campo e fino ad agosto 2023, la spesa complessiva in regione è stata di circa 2 miliardi e seicento milioni di euro. Tale maggior ammontare prodotto nelle costruzioni, in virtù delle molteplici e importanti connessioni del settore con tutta la sua filiera lunga, ha generato un effetto totale sull’economia calabrese di 8 miliardi di euro circa, che si è tradotto in importanti ricadute sull’occupazione, con un incremento considerevole nel periodo di riferimento, dei posti di lavoro nelle costruzioni e nei settori ad esso collegati. Il blocco della cessione dei crediti fiscali, che interessa almeno 800 imprese calabresi, ed il brusco rallentamento della misura non potrà che causare la perdita di migliaia di posti di lavoro».
Il comparto edile resta determinante per l’economia calabrese, c’è qualcosa che anche la Regione può mettere in campo per sostenere un’eventuale crisi della domanda?
«Alcune Regioni, come la Basilicata, la Puglia e la Campania hanno messo in campo gli Enti pubblici economici regionali e/o società partecipate controllate dalla Regione e non inserite negli elenchi della pubblica amministrazione che, in quanto tali, possono acquistare i crediti di superbonus e di bonus edilizi. In Calabria, nonostante una lodevole proposta di legge avanzata da alcuni consiglieri regionali, non sembra che ci siano società partecipate che abbiano questa capacità fiscale, considerando il fatto che Fincalabra è inserita negli elenchi della pubblica amministrazione. Resta in piedi la riapertura degli acquisti da parte di Cassa Depositi e Prestiti e, come detto, una proroga per finire in modo ordinato i condomini i cui lavori risultano già partiti. La prossima legge di bilancio dovrebbe individuare immediatamente una exit strategy con scelte nette e chiare. Per il futuro, come sistema associativo, chiediamo che l’agevolazione diventi strutturale o sia vigente per un periodo lungo (10/15 anni), in modo da evitare l’effetto imbuto che ha caratterizzato spesso il superbonus, mantenendo la possibilità di cessione del credito o di sconto in fattura, senza i quali nessuna strategia di rigenerazione degli immobili potrebbe avere successo. Gli incentivi dovranno riguardare lavori di riqualificazione di interi edifici che comportino il miglioramento almeno di una classe sismica e di quattro classi energetiche in modo da raggiungere i target fissati dall’Europa per il 2033. L’idea è quella di riservare un’aliquota del 100% agli incapienti, ossia soggetti con reddito calcolato in base al quoziente familiare non superiore a 15 mila euro, e del 70% per tutti gli altri. Quest’ultimi, per coprire il 30% dell’importo non agevolato, potrebbero accedere a mutui “verdi”, garantiti dallo Stato e protetti da un fondo apposito che potrebbe consentire tassi più bassi dei livelli di mercato». (r.desanto@corrierecal.it)
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