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I terreni nel mirino di Ascone “’U Pinnularu”: i “no” di una donna e i timori della famiglia. «Andare avanti è difficile»

La disputa per un terreno confinante: dai pascoli abusivi al tentativo di acquistarlo “in nero” e con la forza

Pubblicato il: 18/09/2023 – 7:03
di Giorgio Curcio
I terreni nel mirino di Ascone “’U Pinnularu”: i “no” di una donna e i timori della famiglia. «Andare avanti è difficile»

VIBO VALENTIA «Nelle questioni dei terreni di Limbadi, non si muove foglia se non lo vuole Salvatore Ascone, voi non avete idea». Una frase che non ha bisogno di interpretazioni, tanto emblematica quanto drammatica e che meglio descrive il contesto criminale scoperchiato attraverso l’inchiesta “Maestrale-Carthago2” della distrettuale antimafia di Catanzaro. A pronunciarla davanti ai magistrati è uno dei tanti proprietari terrieri che, a Limbadi e nelle frazioni limitrofe, in questi anni è stato costretto a fare i conti quotidianamente con le ingerenze degli esponenti del potente clan egemone dei Mancuso.

L’interesse per i terreni

In particolare, scrivono gli inquirenti nelle migliaia di pagine che compongono l’indagine, quello di “’U Pinnularu” è un problema che esisteva «da sempre» almeno da quanto la sua attenzione era ricaduta sui terreni confinanti al suo. Terreni da prendere con la forza, imponendo la “legge” della prepotenza che poi è il tratto distintivo della criminalità organizzata. Il caso legato a Maria Chindamo è quello più grave, ma tanti altri episodi hanno fornito l’impronta criminale di Salvatore Ascone che emerge – ne sono convinti gli inquirenti della Dda di Catanzaro – in tutta la sua brutalità, rispettando uno dei più classici cliché della ‘ndrangheta attraverso il tentativo di “’U Pinnularu” di assumere il controllo di un terreno molto vicino al suo. Siamo in un territorio al confine tra le due province di Vibo e Reggio Calabria, teatro di dispute tra clan, ma soprattutto di vessazioni e imposizioni – più o meno violente – nei confronti dei liberi cittadini che decidono di ribellarsi e di non piegarsi.

Una donna contro Ascone

È in questo territorio che Ascone – così come ricostruito dagli inquirenti – avrebbe tentato negli ultimi anni di impossessarsi della proprietà di una donna che, proprio come Chindamo, non ha ceduto, denunciando sistematicamente tutto ai carabinieri. Il primo episodio risale ad oltre 7 anni fa, il 2 gennaio 2016. La donna in quell’occasione spiega ai militari che «ignoti», entrando nel suo terreno, avrebbero pascolato diversi capi di ovini abusivamente. Passa qualche mese e la situazione non migliora, tutt’altro. L’1 giugno 2016 la donna si ripresenta dai carabinieri denunciando questa volta non solo il pascolo abusivo, ma anche la «presenza di una recinzione ed un cancello di legno chiuso con un lucchetto che vi impediva l’ingresso». I primi sospetti ricadono subito su Salvatore Ascone, tesi confermata poi il 5 settembre 2016 quando la donna denuncia anche la presenza di un quad. 

L’offerta d’acquisto “in nero”

Dell’interesse di “’U Pinnularu” sui terreni della donna ne era a conoscenza, già nel 2015, Ferdinando Punturiero, il marito morto suicida di Maria Chindamo, secondo il quale, annotano i carabinieri in una informativa, Ascone «aveva richiesto l’utilizzo di una stradina interpoderale che passava sui loro terreni per raggiungere il fondo posto alle spalle degli stessi». Insomma, quello di Ascone – scrivono gli inquirenti – era il tentativo di prendere i terreni della donna attraverso una «sequela di danneggiamenti ed invasioni di terreni» e offrendo 120 mila euro “in nero”. Offerta respinta dalla donna che nel frattempo si confronta con lo zio, anche lui proprietario di altri terreni finiti nel mirino di Ascone. È lui a riferire alla nipote di vecchi episodi molto simili risalenti addirittura agli anni ’80, parlando di atti intimidatori e danneggiamenti, nonché esplosioni di colpi di arma da fuoco da parte dei Mancuso che volevano acquisire i terreni della sua famiglia.

Intimidazioni fin dagli anni ‘80

«(…) fin dagli anni ’80 mio padre – racconta la donna ai magistrati – ha subìto degli atti intimidatori come il taglio di alberi, danneggiamenti di tubi idraulici e finanche esplosioni di colpi di arma da fuoco da parte in particolare di Diego Mancuso e il figlio Mariano, i quali volevano acquisire i terreni anche in ragione della vicinanza dei loro terreni alla nostra proprietà». Il racconto della donna, riportato tra le pagine dell’inchiesta, fornisce ulteriori dettagli più recenti. «(…) Ascone mi proponeva di acquistare i terreni per l’importo di 120 mila euro, importo che però mi proponeva di pagare in nero, senza quindi tracciare il pagamento. Per tale motivo mi sono opposta (…) in tale periodo, Ascone, con la scusa di portarmi una forma di formaggio, venne presso la mia abitazione a Nicotera reiterando la proposta di acquisto del terreno per la somma di 120 mila euro, specificando in nero. Tale offerta è stata da noi rifiutata. In tale occasione Ascone mi chiedeva di non informare i Carabinieri di tale accordo».  

«Non posso fare nomi e cognomi»

I terreni, negli anni, complice l’assenza della donna sul territorio, finiscono nel mirino di “’U Pinnularu”, piegando ma non spezzando lo spirito della vittima. «(…) pur continuando a fare denunce, mi rendo conto – spiega ai magistrati – che non posso recarmi sui miei terreni. Difatti seppur formalmente non vi sia nessun atto, i miei terreni sono utilizzati da Salvatore Ascone, nei confronti del quale nutro un timore, riconoscendo in questi una persona pericolosa e vicina alla criminalità organizzata». Timori ancora più forti quelli dello zio che emergeranno, tutti, quando verrà convocato dai carabinieri di Vibo Valentia. «(…) mi rendo conto che nella realtà in cui viviamo, nel caso in cui facessi nome e cognome, la mia azienda avrebbe certamente delle ripercussioni e verrebbe distrutta (…) ho sempre seguito la via della legalità ed ogni volta che qualcuno mi ha avanzato delle richieste illecite ho sempre rifiutato. Sono cosciente del fatto che viviamo in un ambiente non buono e non è facile andare avanti». (g.curcio@corrierecal.it)

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