COSENZA Ivan Barone prima e nel mezzo il pentimento con dietrofront di Danilo Turboli e Roberto Porcaro. Questa mattina, nel corso dell’udienza celebrata nell’aula bunker di Catanzaro del procedimento “Reset“, dedicata agli imputati che hanno optato per il rito abbreviato, è giunta la notizia della volontà manifestata da parte di Francesco Greco di collaborare con la giustizia. Il 50enne cosentino ha scelto di pentirsi e con le sue dichiarazioni potrebbe svelare importanti segreti legati ad alcuni clan del territorio bruzio.
Negli ambienti criminali, Francesco Greco è conosciuto come “Checco”, ma soprattutto come uno dei fedelissimi di Roberto Porcaro, ex reggente del clan degli “Italiani” e per un breve periodo collaboratore di giustizia prima del clamoroso dietrofront annunciato questa mattina in aula. La Dda di Catanzaro lo reputa «partecipe dell’associazione, versatile luogotenente di Roberto Porcaro e dedito alla commissione di diversi reati fine». Insomma, un personaggio che vista la vicinanza con l’ex reggente del clan potrebbe conoscere diversi aspetti dei business illeciti perpetrati sul territorio cosentino. In alcuni episodi, finiti nelle carte dell’inchiesta, avrebbe assunto il ruolo di «esecutore» del posizionamento di una bottiglia incendiaria – su ordine di Porcaro – nei pressi di un bar situato a Marano Principato, della sede di una ditta a Rende e dell’abitazione di due soggetti residenti a Montalto Uffugo.
Non solo intimidazioni. Francesco Greco avrebbe concesso un prestito ad usura, con relativo e annesso tasso di interesse. Il debitore però avrebbe faticato a riconsegnare quanto “dovuto” e lo stesso Greco sarebbe passato alle minacce – in concorso con un altro soggetto rivolgendosi alla madre dell’uomo che aveva ricevuto il denaro. «L’importo dell’interesse variava dai 50 ai 500 euro». «Signò, una paliàta gliela fa sicuro! L’altro giorno ha trovato a voi e non l’ha menato signora… altrimenti lo avrebbe già venuto a menare …lo sfonda!!! Lo sfonda perché me lo ha già detto! me lo ha già detto… mò vediamo sennò andiamo dal figlio, glielo ammazziamo…».
La security è da sempre uno dei settori più attenzionati dalla mala cosentina. Il controllo della sicurezza nelle discoteche e nei locali, consente di mettere le mani su tutti gli affari legati alla movida. Hanno avuto modo di parlarne, con dovizia di particolari, anche i pentiti Ivan Barone (qui la notizia) e Giuseppe Montemurro, ex appartenente al locale cosentino facente capo ai Lanzino, che sostiene di essersi occupato dei servizi di sicurezza e vigilanza (qui la notizia). Nel capitolo dell’inchiesta dedicato alla presunta ingerenza dei clan nel servizio di security, compare anche il nome di Francesco Greco. L’episodio vede il neo collaboratore di giustizia eseguire un ordine impartito da Roberto Porcaro «al fine di fare pressione sugli organizzatori ed obbligarli ad affidare il servizio di vigilanza connesso all’evento» ad una società. Secondo l’accusa, “Checco” Greco «condividendo e sponsorizzando il metodo e la finalità di tale ingerenza, provvedeva ad interessare Roberto Porcaro il quale interveniva e si adoperava concretamente in più fasi». (redazione@corrierecal.it)
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