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«Le cose che Loiero dimentica»

In una bella intervista di Paride Leporace l’ex presidente Agazio Loiero fa una disamina della situazione politica riportandola agli anni in cui governava. Premettendo che ho stima dell’intelligen…

Pubblicato il: 21/09/2023 – 12:27
di Mario Campanella
«Le cose che Loiero dimentica»

In una bella intervista di Paride Leporace l’ex presidente Agazio Loiero fa una disamina della situazione politica riportandola agli anni in cui governava. Premettendo che ho stima dell’intelligenza di Loiero e del suo spessore culturale e che condivido molte cose che ha detto, mi preme sottolineare altri aspetti che emergono dal quinquennio in cui governò e che fu certamente caratterizzato dal tragico omicidio Fortugno.
Un omicidio maturato in un contesto reggino mai del tutto chiarito e che affrontava probabilmente il rapporto tra gli interessi della ‘ndrangheta nella sanità. Devo dire che Loiero, anche perché il Pds aveva una forte capacità interdittiva, fu più un presidente che un governatore. Il suo limite rifletteva la confusione che viveva il centrosinistra a livello nazionale. Non è questa la sede per giudicare Loiero nel quinquennio che egli legittimamente descrive come perfetto ma che perfetto non fu affatto.
In relazione alla sanità l’errore più grave lo commise Doris Lo Moro, evidentemente tratta completamente in inganno dai tecnici regionali. Fu lei a dare un quadro idilliaco del settore arrivando a promuovere l’abolizione del ticket sulla base di conti che erano assolutamente diversi dalla realtà.
Loiero probabilmente aveva ragione nel contestare il commissariamento come azione salvifica ma poi emerse un debito monstre che durante la legislatura aumentò ulteriormente.
Da Loiero, che era nel centrosinistra ma che era tutt’altro organico all’idea della sinistra di base, ci si sarebbe aspettati uno sforzo diverso in termini di modernizzazione della Regione e qui manca la sua autocritica, giacché aveva l’autorevolezza per imprimere una svolta che non avvenne. Eppure nella sua prima giunta c’erano anche uomini di valore (penso a Beniamino Donnici che era anche egli estraneo alla cultura di sinistra). Probabilmente le dinamiche della coalizione influirono sulla vita regionale.
Il presidente fu bravo a fare eleggere Pietro Fuda e Mario Pirillo ma l’ultimo biennio fu una sorta di riedizione della instabilità tipica della Prima Repubblica della quale Agazio comunque conversava e conserva il prestigio della qualità.
Un uomo come luì avrebbe dovuto capire che l’esperienza si era consumata e non partecipare alle elezioni successive. Invece Loiero non solo partecipò ma accolse la sconfitta come una sorpresa.
Sono stato a tratti strenuo oppositore di Loiero ma ne conservo la stima e la simpatia personale, accresciuta dalla sua devozione a Montanelli. Seppure io non abbia alcun dubbio sul fallimento complessivo di quella legislatura (ma ovviamente qui entra in gioco il sistema Regione) ritengo Loiero un’espressione autorevole della politica calabrese. Gli ho sempre detto che non c’entra mai con la sinistra. E forse un giorno mi darà ragione.

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