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Loiero: «La Calabria è la mia anima. La scopro meglio quando ne sono lontano»

Tanta politica nei ricordi dell’ex governatore: «Il delitto Fortugno? Grasso disse che era un messaggio per me»

Pubblicato il: 21/09/2023 – 6:50
di Paride Leporace
Loiero: «La Calabria è la mia anima. La scopro meglio quando ne sono lontano»

Ministro, deputato, senatore, presidente della Regione Calabria. Agazio Loiero, 83 anni, dimostra una freschezza di pensiero, una rapidità di ragionamento così lucido che non può non colpire ancora l’interlocutore. Lo raggiungo a Stalettì, suo buen retiro storico catanzarese. Giornalista di vaglia, il direttore del Messaggero, Mario Pendinelli, lo chiamò come editorialista negli anni Ottanta quando lesse sulla Stampa di Torino un suo ritratto scritto da uno tra i più grandi intellettuali italiani. Da allora Loiero lo frequenta ancora, nella sua casa romana, un cenacolo della Rive gauche capitolina animato dalla moglie Piera, figlia di Pietro Amendola e nipote di Giorgio. La mitica segretaria della commissione della P2 presieduta da Tina Anselmi. Un democristiano atipico Agazio Loiero.

Stalettì, il suo luogo dell’anima. Da quando?
«Ehh. Da sempre. Questo è un uliveto che mia moglie ha ereditato dal padre. Qui lei è nata. Una volta venne un celebre inviato della Rai, vede la  piscina, il granito, le querce e ammicca alla ricchezza. Allora mostro quella finestra e aggiungo in quella stanza è nata mia moglie. Disse, vabbè passiamo ad altro (ridiamo divertiti)».

Anni fa finì su Panorama con dei bermuda sulla spiaggia. A sua insaputa immagino?
(
Ride divertito anche se non ricorda) «Sai, a Panorama forse non erano miei amici».

I democristiani di un tempo non si mostravano in spiaggia. Ricorda certamente la foto di Aldo Moro sulla spiaggia di Terracina in abito ministeriale.
«Non si tratta di un peccato grave. Ma Moro era un caso estremo. Anche se anche gli altri erano un po’ così».

Ma la sua vita a Santa Severina da ragazzo?
«Bellissima, anche perché non ne conoscevamo un’altra. Ne conservo un ricordo dolcissimo che il tempo non ha sbiadito. Non ho mai subito la fame perché mio padre era cuoco. Ma gli abiti e i consumi erano poveri. Oggi, sul piano economico, quella differenza abissale con il Nord è tornata prepotente».

Un suo cavallo di battaglia. La Le Pen con Salvini a Pontida applaudita da calabresi e meridionali?
«Faccio una fatica del diavolo a guardare miei corregionali che inneggiano a Salvini. Fosse un genio…».

Non lo giudica un politico di talento?
«Ha approfittato del colpevole vuoto lasciato dai partiti sui territori che lui ha colmato lasciando in giro milioni di selfie. Null’altro. Offre il Ponte a favore delle aziende del Nord. Di sanità, servizi essenziali, scuola non propone nulla. Il livello della scuola si è abbassato tantissimo».

Davvero dice?
«La scuola di un tempo per uno studente conservava il fascino della scoperta quotidiana. Le differenze di censo all’epoca erano marcate, a cominciare dall’abbigliamento, ma all’interno della scuola la gerarchia dell’intelligenza poteva capovolgere il divario originario. Oggi, lo dice l’Ocse, l’Italia è l’ultimo Paese d’Europa per apprendimento di un testo scritto da parte degli studenti».

Come mai?
«L’immagine ormai prevale sul testo scritto. Tutto è cominciato da lì. L’Italia è sul piano culturale arretrata».

A proposito di cultura, il presidente Cossiga la definì noto intellettuale della Magna Grecia. La lusingò?
«Lo disse Agnelli di De Mita con un certo distacco aristocratico, a mo’ scherno. Cossiga lo dichiarò con affetto nei miei confronti. Mi voleva bene e credo mi stimasse. Insieme a Mastella mi volle ministro».

Cossiga che proferisce la profezia sul sangue che sarebbe stato versato quando era presidente della Regione? Che informazioni aveva ricevuto?
«Io ero venuto in Calabria per cambiare lo stato delle cose. Fu il primo discorso che feci alla Giunta e successivamente al Consiglio».

Perché quella reazione violenta?
«Scopro i 3 proiettili con la mia foto nella casa al mare con mia moglie e mia figlia. Scoppia l’allarme e a casa a Catanzaro scoprono altri proiettili. Anche nella casa di campagna, abbastanza inaccessibile. Quando vengo convocato al Comitato per l’ordine e la sicurezza cercano di farmi comprendere la serietà della vicenda».

E lei?
«Io dico: sono claustrofobico. Non mi piaceva la prospettiva di vivere con gli agenti addosso. E il colonnello dei carabinieri spiega meglio: Per attuare tutto questo, necessariamente nello stesso tempo, hanno impiegato almeno 9 uomini. La sua vita è in pericolo».

Poco dopo uccidono Fortugno…
«Che era mio amico».

Gli accertamenti della Scientifica dopo l`omicidio di Fortugno a Locri

Perché accade questo delitto eccellente?
«Il senatore Grasso, all’epoca al vertice dell’antimafia, disse che quell’omicidio era un messaggio a me che volevo cambiare lo stato delle cose. Dissi infatti fin dall’esordio discutiamo quanto si vuole ma alla fine bisogna decidere. Diversamente sono costretto ad assumermi la responsabilità di decidere da solo. Forse spaventò certi ambienti».

Ma gli ex comunisti non la sostennero con convinzione?
«Chi? Mi faccia un nome».

Nicola Adamo per esempio.
«Devo essere sincero mi sostenne con forza alle primarie contro il rettore di Cosenza, Latorre. Gli ex comunisti volevano una certa agibilità, come capita al Sud. E poi non bisogna dimenticare che i Ds erano un partito più grande rispetto alla Margherita, da dove io provenivo. Ci furono dei conflitti, ma il cambiamento arrivò».

E come mai perse contro Scopelliti?
«Sì, persi duramente. L’elettorato è instabile. Salvini è passato dal 34 per cento del 2019 a circa l’8 per cento del 2022. Alla fine del mandato scrivemmo un libro dal titolo “Le cose fatte” che furono tante e oggi visibili sul territorio. Tanto è vero che non furono contestate neanche durante la campagna elettorale. Non voglio farle un elenco. Non mi piace. Fui molto contestato durante il quinquennio ma oggi se posso fare una constatazione vanitosa, godo di una certa popolarità postuma. All’epoca esordimmo con l’omicidio dell’amico Fortugno per continuare con la morte di tre giovani in tre ospedali diversi della regione. Un’angoscia che di tanto in tanto ritorna nella mia memoria».

Circostanza dura da gestire?
«Sono andato a tutti i funerali. In provincia di Reggio il genitore del ragazzo morto non mi volle stringere la mano. Purtroppo quello che non funzionava negli ospedali sul piano emotivo fu attribuito per intero a me. Su queste tragedie riuscimmo a ottenere 4 nuovi ospedali da Prodi. Tutti quelli venuti dopo non sono ancora stati in grado di realizzarli. A me, scusi l’immodestia, non poteva capitare».

La Calabria è difficile?
«Io a volte non mi sento di attaccare Occhiuto perché so cosa significhi essere presidente di una Regione difficile come la Calabria. Negli ultimi tempi mi sto chiedendo problematicamente se è giusto non farlo perché così non si offre neanche una testimonianza. Comunque, le ricordo che a un anno dalla mia elezione, il sondaggio del Sole 24ore – un giornale che esce a Milano, non in Calabria – mi pose in testa alla classifica dei presidenti di Regione. Mi sembra un buon riconoscimento su cui costruire l’intero quinquennio. L’anno dopo un pm indaga prima il vicepresidente Nicola Adamo e successivamente me. E io scivolo nei bassifondi della classifica. Negli anni successivi con fatica mi piazzai verso la metà della graduatoria».

de magistris lamezia terme

Politica e magistratura. Ha subito 4 inchieste. Da tutte assolto..
«Se non fosse in piedi quella delle spese dei gruppi regionali, i cui conti ho mandato in Consiglio dopo un controllo molecolare, sarei uno dei pochissimi ex presidenti fuori dai problemi giudiziari. Vorrei pubblicare la sentenza di assoluzione della Cassazione su “Why not”. È il trionfo (sorride compiaciuto) della mia estraneità ai fatti contestati. La informo che del pm che ha iniziato quell’indagine (De Magistris, ndr) ho fatto un ritratto nel mio libro “Lorsignori di ieri e oggi” editore Rubbettino. La invito a leggerlo».

Senta, lei è stato ministro di Giuliano Amato. Perché il suo ex premier solo oggi svela i misteri su Ustica?
«Lui è un riflessivo straordinario e un’intelligenza rara. Che posso dirle? Sarà stato un fremito di narcisismo senile, cui talvolta non sfuggo neanche io. Ai politici capita». (Ridiamo compiaciuti)

Senta, lei ha militato in 7 partiti differenti. Dura la vita politica di un democristiano da Prima repubblica.
«Sette? Non credo. Comunque quando crolla un partito che aveva governato l’Italia per 40 ininterrotti anni saltano tutti gli equilibri. Si aspettava che oggi il Pd si riducesse a meno del 20 per cento?».

Lei era uno dei 45 padri fondatori?
«Fu Prodi ad indicarmi senza che io glielo chiedessi».

Lei è cattolico. Ricordo un suo ritratto sul Foglio che svelava come lei ama rivedere il Gesù di Nazareth di Zeffirelli… 
«Le dirò la verità. E’ un film sublime. Dissero che era calligrafico, estetizzante. Le faccio una confessione da cattolico, quasi ogni Pasqua, fino a qualche tempo fa, lo vedevo con la famiglia. Quel Gesù, del quale storicamente non si conoscono le fattezze, il colore degli occhi, l’altezza, io e molti cattolici l’avevamo immaginato esattamente nella versione offertaci da Zeffirelli. Una figura bella e sublime. Non mi faccia commuovere». (Si commuove molto).

Passiamo al profano. Una leggenda urbana racconta di un tavolo di poker a Catanzaro in cui lei giocava con Sergio Abramo e Giuseppe Chiaravalloti…
«Da giovane frequentavo un tavolo di poker ma non con questi giocatori».

So che giocava bene..
«Benino. Il poker è uno dei giochi più completi del mondo, in cui, nel lungo percorso, la fortuna non conta. Quel gioco, più che intelligenza e intuito, come affermano quelli che perdono, richiede temperamento».

A lei non manca.
«Bisogna essere calmi e con i nervi a posto».

Però Abramo lo sconfigge alle Regionali.
«Quando lui viene candidato da sindaco più amato d’Italia, io avevo compiuto il giro della Calabria già due volte».

La Calabria per Agazio Loiero?
«E’ la mia anima che scopro meglio quando ne sono lontano».

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