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Scopelliti: «Molti comunisti oggi mi voterebbero, ma non è più la mia stagione» – VIDEO

L’ex sindaco di Reggio ed ex governatore a tutto campo a “Telesuonano” su “L’altro Corriere Tv”: dalla detenzione alla politica di ieri e di oggi

Pubblicato il: 21/09/2023 – 13:25
Scopelliti: «Molti comunisti oggi mi voterebbero, ma non è più la mia stagione» – VIDEO

LAMEZIA TERME «Quando oggi ti trovi in una città in cui la gente di sinistra, i comunisti, ti fermano per strada e ti dicono “non ti ho mai votato, ma sono pronto a tornare alle urne per votare te, candidati”, questo dà il segno di un cambiamento. Io rispondo “grazie, ma non è più la mia stagione”». È in vena di confessioni Peppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria ed ex presidente della Regione, ospite della puntata di “Telesuonano”, format della nuova stagione televisiva de “L’altro Corriere Tv” andato in onda ieri sera. Incalzato dalle domande di Danilo Monteleone e Ugo Floro, Scopelliti si racconta a tutto campo, partendo dagli anni ruggenti da “astro nascente” del centrodestra alla guida di Reggio e poi della Regione alla detenzione nel carcere di Arghillà che ha ispirato il suo libro “Io sono libero” dopo la condanna per fatti risalenti a quando governava a Palazzo San Giorgio, per arrivare alla politica vista con gli occhi di ieri e quelli – disincantati – di oggi. Rispetto alla politica di oggi «mi sento fuori tempo», dice Scopelliti, che esclude candidature di sorta: «Non ci penso lontanamente», rimarca.

Perché “Io sono libero”

Si parte dal libro “Io sono libero” (con prefazione di Gianfranco Fini) e dal perché e dal come è nato. «”Io sono libero” – esordisce Scopelliti –  è un libro che serve per raccontare intanto una esperienza di vita vissuta, di un giovane innamorato della politica che ha dato tutto sé stesso cercando di legare il suo futuro e la sua prospettiva al territorio, prima la città di Reggio Calabria e poi la Regione. È anche un modo per dire che spesso accade che quando si viene privati della libertà non è una sciocchezza e che c’è molta gente che non supera questo momento e magari muore anche perché ritengo che ci sia una percentuale, seppure minima, di persone che vengono ingiustamente condannate e tutto questo ovviamente è grave». Per Scopelliti «forse bisogna riflettere attentamente sulla discrezionalità che a volte esiste nel giudizio che viene espresso nei confronti delle persone. C’erano relazioni molto belle fatte dalla struttura penitenziaria rispetto al mio comportamento in carcere, ma nonostante queste relazioni belle e significative e nonostante anche il magistrato nelle udienze rappresentasse in modo nitido e chiaro questi aspetti, dando un giudizio positivo, poi stranamente non si trovava mai, o per vari rinvii o per fare una scelta graduale, la formula giusta. Mi veniva detto che magari tra 9 mesi sei a casa, invece ne sono passati quasi il triplo». E ancora: «C’è una cosa brutta, per la verità, in riferimento alla discrezionalità di cui parlavo prima. A esempio dopo un anno il tribunale di sorveglianza ha deciso per sei volte di fila il rinvio delle udienze, da aprile ha deciso la mia semilibertà solo a novembre. Ecco – spiega Scopelliti – quando sei in uno stato di detenzione e sai che l’indomani hai l’udienza che potrebbe restituirti la libertà, o una formula alternativa di detenzione –  come era prevedibile nel mio caso perché a me è stato contestato un reato amministrativo, non di aver ucciso o stuprato né reati di un certo livello – e invece c’è un rinvio dell’udienza, o per un motivo burocratico o perché non convinceva la proposta fatta, lì un detenuto rischia di cadere in uno stato di depressione, perché a volte rispetto al rinvio è meglio che ti boccino una proposta. È uno stillicidio e non aiuta il detenuto, lo espone a un rischio elevato, e tante volte, quando ci sono suicidi, io penso che c’è qualcosa che ha creato un corto circuito. Io ho avuto la forza di reagire, di farmene una ragione: non è stato facile ma sapevo di essere Scopelliti. E per questo quando passavo dalle celle e qualcuno mi diceva “tra quando esci” io rispondevo “tu uscirai molto prima di me”. La storia mi ha dato ragione perché ho dimostrato con i fatti, purtroppo, che molta gente è uscita prima di me».

Il bilancio della detenzione

«Mi sono portato dentro – rileva Scopelliti – la sensibilità, la solidarietà, la vicinanza degli uomini che ho trovato lì dentro, perché è una cosa che colpisce. C’è un detto che calza perfettamente, “male non fare paura non avere”, e quando hai fatto del bene nella tua vita te lo ritrovi, e lì dentro l’ho constatato. Il carcere come l’ospedale è il luogo della sofferenza ma anche dell’umanità, che fuori invece si è un po’ persa. E d’altra parte mi sono scrollato di dosso l’idea di poter vivere per sempre la libertà mettendo da parte tante cose». Scopelliti malgrado tutto non ha una visione negativa della giustizia, anche se si pone e pone degli interrogativi: «Il livello della mia fiducia è sempre alto perché la giustizia nel suo insieme ha comunque persone di grande spessore. Certo la riforma della giustizia va fatta. Io sono rimasto molto colpito quando il 21 agosto a Roccella abbiamo presentato al tempo stesso il mio libro e quello di Palamara. Quando Palamara dice che “il processo di Scopelliti è identico a quelli nei confronti di Berlusconi, Renzi e Salvini” e dice che “Scopelliti per la magistratura inquirente e l’Anm era un uomo credibile” e poi dal 2012 cambia l’indirizzo e cambiano i vertici della Procura di Reggio rabbrividisco».

L’esperienza da sindaco di Reggio

Sollecitato da Monteleone e Floro, Scopelliti riannoda i fili del passato, quando era sindaco di Reggio quasi a furor di popolo. «Quando vinci con il 70% è un consenso talmente grande che è una risposta che una città dà. Dopo la prima elezione un giorno in Prefettura dissi “non ha vinto Scopelliti ma ha vinto la squadra Stato”. Lo dissi perché era andato a votare l’86,4%. Con queste percentuali significa che la gente si riconosce nell’istituzione Comune, nel suo sindaco ma anche nella politica. E se avviene questo il cittadino si aggancia all’amministrazione e si allontana sempre più dai poteri criminali. Sono queste le domande che bisognerebbe porsi oggi a Reggio Calabria. Quando oggi ti trovi in una città in cui la gente di sinistra, i comunisti, ti fermano per strada e ti dicono “non ti ho mai votato, ma sono pronto a tornare alle urne per votare te, candidàti”, questo dà il segno di un cambiamento. Io rispondo “grazie, ma non è più la mia stagione”. Quando vado in giro per presentare il libro arrivano 150-200 persone, alcune volte anche 500 persone, ma per me è cambiata la politica, sono cambiati un po’ gli scenari: io resto un visionario di destra, sono affascinato dalla politica ma me ne sto volentieri lontano. Mi sento fuori tempo. Noto con dispiacere – sostiene l’ex sindaco reggino ed ex governatore – che tante cose sono cambiate, è finita la politica aggregata, ormai è tutto un fare politica in senso virtuale, sui gruppi WhatsApp. Me ne rendo conto quando vado a fare le presentazioni del mio libro: le persone hanno bisogno del contatto umano e non si rassegneranno mai alla logica del confronto virtuale». Certo, lo sguardo all’attualità è sempre attentissimo: «Io mi riconosco nei valori che sono di Fratelli d’Italia per alcuni aspetti. Ci sono forse un 30% di parlamentari di Fratelli d’Italia che sono ragazzi cresciuti con me quand’ero segretario nazionale del Fronte della Gioventù, e quindi – evidenzia Scopelliti – io che intendo la politica in modo diverso da altri mi riconosco in loro e spero che possano loro realizzare i miei sogni e sono proiettato a fare il tifo per loro, spero che siano gli artefici di una grande stagione, che devono fare loro».

No a candidature di sorta

Nessuna intenzione di candidarsi alle Europee, né qualcuno gliel’ha ancora proposto, fa capire Scopelliti: «Non ci penso lontanamente, sanno che io sono completamente fuori da queste ipotesi di candidatura e quindi nessuno si è permesso. Lo dicono in tanti, “dobbiamo costruire un tuo ritorno”. Grazie: il mio ritorno è domani che ho il volo e torno a casa. È l’unico mio ritorno». Il concetto Scopelliti lo ribadisce anche a chi ritiene che una sua (ri)discesa in campo a Reggio sarebbe anche un risarcimento di tutto quello che è successo negli ultimai anni: «Molti amici e molti cittadini auspicano un ritorno ma non è questa la soluzione, bisogna sapere guardare avanti e capire che non ci sono le condizioni. Io avevo una squadra che avevo costruito dal 1996-97, una squadra forte, lo dicono in tanti guardando alle squadre oggi in campo. Sono cambiati gli scenari, è cambiata la politica, è cambiato anche l’approccio, c’è una età diversa. Io dicevo che ero un sindaco incosciente, che lavorava giorno e notte pensando di realizzare grandi cose per la sua città, in parte credo di averle fatte. Oggi non avrei più lo stesso coraggio perché dopo l’esperienza vissuta ti guarderesti molto più attentamente. Questa – aggiunge – è consapevolezza, consapevolezza e scetticismo sull’ipotesi di un mio ritorno fino a quando questo paese – lo chiamo così – non diventa una grande nazione e la mia patria e non si faranno riforme tali da proiettarlo all’avanguardia. Tatarella nel 1994 diceva che questo paese deve avviarsi verso una democrazia compiuta, per me non c’è una democrazia compiuta, anzi penso che in alcune parti di questo paese ci sia un regime. Fini una volta fece un manifesto, “per un’Italia libera, forte e giusta”, ma questa non è un’Italia né libera né forte né giusta, per questo aspetto che il paese nel quale viviamo diventi finalmente una nazione evoluta, la mia patria. Quando parlo di parti in cui c’è un regime parlo di gruppi di potere che a volte danno indirizzi sul territori. Io – riferisce Scopelliti – ho sempre detto che mi ha colpito un gruppo di potere, io sono stato consegnato in un pubblica piazza da una campagna di denigrazione costruita da giornali, anche da quotidiani che davano enfasi al nulla, cercando di mettere in piazza Scopelliti, poi processato in pubblica piazza e con un sentimento che diceva “lo voleva la gente”».

«Vivo la Reggio di oggi con amarezza e anche rabbia»

Nelle parole di Scopelliti però sembra evidente che quella della sua città è una ferita ancora aperta. «Reggio non aveva una prospettiva, un’idea di futuro, io ho lavorato fino alle 10 di sera, mi hanno fischiato ma dopo tre anni la gente vedeva una Reggio attrattiva. La Reggio dei morti ammazzati e della ‘ndrangheta che diventa, attraverso la battuta di Peppe Dj ma lo diventa realmente, la metropoli dell’amore e la capitale della musica. Sono  segni che hai centrato l’obiettivo, una città turistica. Qualche giorno fa una persona che non conoscevo mi ha detto che con me tanti si sono sentiti orgogliosi di essere reggini. Reggio non la vivo intensamente come un tempo ma la vivo con sofferenza, con amarezza, la vivo – mi è consentito di dirlo? – anche con rabbia perché pensi che hai lavorato 8 anni per dare alla città un sogno, una prospettiva, c’eri riuscito, e poi – non è facile dirlo – ti rendi conto che a soffocare il respiro di quella città è stato lo Stato. Fa rabbia, una sensazione di imbarazzo, ma alcune cose vanno dette. Non si può non dire che quella città era in cammino, che dopo Scopelliti è arrivata la stagione insignificante di Raffa facente funzioni, poi Arena che ha avuto una visione importante, e dopo Arena sarebbe toccato a Falcomatà che magari avrebbe dato più slancio anche di Scopelliti. Da reggino – dice l’ex sindaco – non mi sarei mai ingelosito, sarei stato contento. Invece lo scioglimento prima, questa vergognosa pagina voluta da uno Stato di tecnici ma pilotati dalla politica, e poi il dopo: la colpa è di chi ha immaginato di estromettere una classe dirigente attraverso procedure anomale e azzardate per mettere chi forse non era neanche in grado di rispondere al ragionamento dei pupi e dei pupari, perché diventa difficile a volte fare anche il pupo».

Il capitolo presidenza della Regione

Scopelliti si sofferma poi sugli anni alla guida della Regione, poi interrotti dalla condanna. Non ritiene di essere stato un uomo solo al comando anche perché circondato da una squadra debole. «Io – ricorda l’ex governatore – scelsi la vicepresidente, che era la presidente di Confindustria Crotone, Antonella Stasi, poi inserii Mario Caligiuri, sindaco e uomo di cultura, per me punto di riferimento. Poi le altre scelte furono tutte in capo ai partiti, all’epoca c’erano partiti forti, il Pdl, l’Udc. Io su qualche nome dissi no, ma non potevo andare a dire “voglio questo o l’altro” altrimenti ledevo l’autonomia dei partiti. In Giunta a esempio c’era Trematerra che era colonna dell’Udc. I partiti avevano dato indicazioni di assessori che comunque erano espressione dei territori e con quei territori ti dovevi confrontare. È chiaro che poi fai il fuoco con la legna che hai. Nè tantomeno credo che i grandi nomi blasonati o che venivano da fuori erano utili. Io ho fatto battaglie che andavano contro certe impostazioni, come nella sanità: io ho cercato di portare qui la sanità, come il Bambino Gesù, primari, e quegli anni ci fu una riduzione importante dell’emigrazione sanitaria. Poi in sanità ho pagato lo scotto più importante quando ho pensato di ridurre il disavanzo annuale e lì ho pagato questa responsabilità. Mi accusano spesso di aver chiuso 18 ospedali: c’è chi ignora la verità perché ci fu un atto di indirizzo e un accordo di chiusura di 21 ospedali in Calabria, nel settembre 2009 il presidente Loiero lo sottoscrisse con il governo nazionale, prova ne sia che a gennaio 2010 la Giunta di centrosinistra chiude i primi 8-10 ospedali, quindi – per rispondere a considerazioni sconclusionate – io ho dato continuità perché non potevo venire meno a quell’impegno. Dei 18 ospedali chiusi 12 dovevano essere riconvertiti e ora sono io che chiedo: ma questi 12 riconvertiti dove sono? Dopo 9 anni che sono andato via non c’è nulla. Avremmo avuto un’altra sanità». Inevitabile la domanda: non nominare Pino Gentile facente funzioni dopo le sue dimissioni non fu un errore pagato con la mancata elezione all’Europarlamento? «Probabilmente – osserva Scopelliti – pago la mia linearità e coerenza, c’era una vicepresidente che in termini di linearità e cultura era allineata allo Scopelliti pensiero. Per me la politica è seria. Ho fatto questa scelta, sono consapevole, l’ho pagata. Quello poteva rappresentare un messaggio che poteva dare un segnale importante: Scopelliti viene condannato e sostenendo  Scopelliti il popolo l’ha rilegittimato, sarebbe stato una grane vittoria per la democrazia e avrei vissuto una vita diversa. Però purtroppo, ma per me per fortuna, tutto è stato in totale continuità con la mia etica, la mia onestà, e quindi ho ritenuto che quella era la strada più giusta e coerente». Infine, la Regione oggi, con la guida di Roberto Occhiuto: per Scopelliti «Roberto credo stia governando abbastanza bene, è ancora una fase di luna di miele con i calabresi e quindi è bene che continui a trasmettere messaggi estremamente positivi, anche forti. Non ha bisogno di consigli».  (redazione@corrierecal.it)

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