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Ventimila euro per calmare l’ira di “Masino”. La proposta di prendere i soldi dai fondi comunali

I rapporti tra i candidati e il pregiudicato Tommaso Scalzi. I favori di sindaco e amministratori di Cerva al vertice della cosca

Pubblicato il: 22/09/2023 – 18:39
di Alessia Truzzolillo
Ventimila euro per calmare l’ira di “Masino”. La proposta di prendere i soldi dai fondi comunali

CATANZARO «Lascia che prende piede Fabrizio». A parlare è Vincenzo Antonio Iervasi, ritenuto uno dei vertici della ‘ndrina egemone a Cerva, comune di poco più di mille anime nel Catanzarese. Iervasi è stato tratto in arresto questa mattina nel corso dell’operazione dei carabinieri del comando provinciale di Catanzaro denominata Karpanthos. Secondo la Procura antimafia di Catanzaro, che ha coordinato l’inchiesta, tra i comuni di Cerva e Petronà domina un locale che non solo avrebbe vessato imprenditori e cittadini ma avrebbe controllato anche l’amministrazione comunale di Cerva.
Il Fabrizio nominato da Iervasi, infatti, è il sindaco Fabrizio Rizzuti, eletto nel 2017 e confermato nella seconda tornata elettorale. Rizzuti è finito ai domiciliari con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso perché, proprio nel 2017, insieme ai candidati Raffaele Scalzi e Raffaele Borelli avrebbero chiesto aiuto elettorale, tramite il fratello di Rizzuti, Massimo, dipendente comunale, a Tommaso Scalzi, detto “Masino”, già condannato per associazione mafiosa. In cambio promettevano soldi e una percentuale sugli appalti pubblici aggiudicati dal Comune.
La lista civica di Rizzuti, “Progetto Futuro”, si aggiudica 436 voti contro i 416 della lista civica “Unione per Cerva”, guidata dal sindaco uscente Mario Marchio. Ai vincitori vengono assegnati 7 dei 10 seggi a disposizione nel consiglio comunale. Rizzuti diventa sindaco, Borelli consigliere di maggioranza e Scalzi assessore-consigliere con delega ai lavori pubblici, urbanistica, edilizia privata, edilizia residenziale ed agricola.

I favori del Comune al vertice della cosca

Secondo il gip di Catanzaro, Chiara Esposito, l’esistenza dell’accordo tra i candidati, il fratello del sindaco e Tommaso Scalzi «ha trovato ampio riscontro nell’attività di indagine».
Emerge un «rapporto confidenziale con gli appartenenti alle cosche locali». Non solo. Rizzuti sarebbe stato «a completa disposizione di alcuni di loro, essendo pronto anche a piegare la funzione pubblica, dallo stesso ricoperta, ai loro interessi».
Un esempio su tutti: il 23 novembre 2019 viene intercettata una conversazione tra il sindaco e la compagna di Iervasi, Luigina Marchio, che premeva affinché il primo cittadino celebrasse il matrimonio tra lei e Iervasi direttamente al ristorante ove era previsto il banchetto nuziale, fuori dal Comune di Cerva. La sposa, parole sue, desiderava «una cerimonia diciamo stile Americana diciamo direttamente al ristorante. Capito?».
Qualche ora dopo il sindaco contatta direttamente Iervasi «informandolo dell’escamotage cui avrebbe potuto ricorrere per soddisfare la richiesta di Luigina Marchio di celebrare il loro matrimonio in un ristorante fuori dal Comune di Cerva: ossia attestare — falsamente — che il matrimonio veniva celebrato a Cerva, salvo poi celebrarlo effettivamente in altro luogo». Un falso in atto pubblico, e non sarebbe il solo favore fatto a Iervasi.
A prodigarsi per lui ci avrebbero pensato anche Massimo Rizzuti, fratello del sindaco e dipendente comunale, e Raffaele Scalzi, consigliere di maggioranza del Comune di Cerva. Gli avrebbero fatto recuperare la patente di guida – revocata in seguito all’emissione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale – e sarebbero intervenuti anche per una pratica a suo nome relativa ad un terreno al mare. 

Ventimila euro per Masino

Una pietra d’angolo in questa indagine è la conversazione del 22 novembre 2019 tra Tommaso Scalzi e Vincenzo Antonio Iervasi. Partirebbe da qui, spiega il gip, l’inchiesta sullo scambio elettorale politico-mafioso. Iervasi commenta con Tommaso Scalzi, detto Masino, il fatto che terze persone, dopo aver usufruito di non meglio precisati servigi, resi da quest’ultimo, lo avevano abbandonato voltandogli le spalle e non concedendogli quanto promesso.
L’identità delle “terze persone” sarebbe venuta fuori il giorno seguente grazie a un incontro tra Iervasi e Raffaele Scalzi. Il vertice della cosca avverte il consigliere che avrebbero dovuto darsi da fare per recuperare i 20mila euro promessi a Tommaso Scalzi da Massimo Rizzuti. In caso contrario Tommaso Scalzi si sarebbe accanito contro il sindaco. «Ma mi hai capito qual è il discorso? e adesso quello si accanisce con Fabrizio capito? Che se no bisogna trovare ventimila euro, li troviamo almeno se ne va fuori dalle palle. Ma hai capito qual è la situazione? perché quello gliel’ha fatta la promessa, Massimuzzu gliel’ha fatta la promessa…», dice Iervasi il quale propone di ricavare la somma da dare a Tommaso Scalzi dalle 50mila euro che servivano per il campetto e per un’altra opera. Da altre intercettazioni sarebbero venute fuori le pressioni esercitate da Masino «sui cittadini, tali da consentire agli amministratori comunali di vincere le elezioni». Un altro appartenente alla cosca, Lidio Elia, affermava: «La verità io e lui abbiamo spinto per fargli vincere le elezioni che se no non le vincevano all’epoca. Elia mostra di avere il dente avvelenato con Masino per via di una credito da 40mila euro che avrebbe contratto con Scalzi. Elia, infatti, critica Scalzi di minacciare il Comune nel quale aveva una nipote vicesindaco. «Nel prosieguo dei dialoghi, emergeva che nel corso delle ultime elezioni amministrative Tommaso Scalzi e Lidio Elia avevano posto in essere delle “pressioni” tali da consentire agli attuali amministratori di essere eletti», è scritto nella richiesta di misure cautelari. 

«Quando mi telefonavano non ero mafioso»

Le lagnanze di Masino erano giunte sino alle orecchie del sindaco, il quale a gennaio 2020 si rivolge ai carabinieri «preoccupato per l’incolumità propria e dei suoi prossimi congiunti a causa della presenza nel paese del pluripregiudicato Tommaso Scalzi, il quale teneva comportamenti che destabilizzavano la serenità della comunità, della famiglia e della maggioranza politica comunale ed avanzava delle pretese nei confronti dell’amministrazione comunale, delle quali, però, non conosceva la natura».
A marzo 2020 Scalzi non ha ancora ricevuto i suoi soldi. È adirato e offeso perché coloro ai quali avrebbe dato aiuto lo chiamano «quello lì».
«Mi chiamano “Quello li” a me! Oh brutti cosi bastardi, che vi tiro la testa io, pezzi di merda che non siete altro! Quando mi telefonavano non ero mafioso, prima delle elezioni, dopo che, appena hanno vinto non mi chiamavano più, hai capito?… che se ero mafioso prima… se sono mafioso mo’ ero mafioso pure prima! Oh merde! Eh scusami un attimo dai! Non obbligo nessuno ad essermi amico, però nessuno deve venire a cercarmi, se viene e mi cerchi per cazzi tuoi, non è che io ti obbligo».

Il sindaco nega i rapporti con Iervasi

«Con Vincenzo Antonio Iervasi e Luigina Marchio non ho avuto mai alcun rapporto e li ho visti di recente a Cerva in occasione dell’estate 2019». Questo riferisce ai carabinieri il sindaco di Cerva Fabrizio Rizzuti quando viene convocato dai carabinieri. Eppure era lui che si premuniva di chiamare Iervasi per accertarsi di come stesse il figliastro che era stato ricoverato in pronto soccorso.
«Alla stregua di tali elementi, la sussistenza del reato contestato appare incontrovertibilmente provata – scrive il gip –, dal momento che risulta confermata l’esistenza di un accordo pre-elettorale tra Fabrizio Rizzuti, Raffaele Scalzi, Raffaele Borelli, Massimo Rizzuti, da un lato, e Tommaso Scalzi dall’altro. Alla base di tale accordo vi era la promessa, da parte di Tommaso Scalzi, soggetto legato alla criminalità organizzata, di procurare voti per le elezioni del giugno 2017, in cambio di denaro. Atteso, tuttavia, che la parola data a Scalzi Tommaso non era stata poi mantenuta, questi aveva chiesto ed ottenuto l’intervento di Antonio Vincenzo Iervasi, il quale aveva affrontato la questione con Raffaele Scalzi, raccomandandogli di trovare una soluzione insieme con gli altri amministratori chiamati in causa e consegnare a Scalzi Tommaso la somma di 20mila euro. Risulta pienamente dimostrata, quindi, la consapevolezza, in capo agli indagati, della taratura mafiosa dello Scalzi, la quale emerge chiaramente non solo dalle dichiarazioni rese da Fabrizio Rizzuti («So che ha un trascorso giudiziario particolare e che è stato condannato per mafia»), ma anche dal fatto che, di fronte al mancato pagamento, lo stesso Scalzi si sia rivolto ad altro mafioso della zona, Antonio Vincenzo Iervasi, il quale, oltre ad essere, a sua volta, vicino ai soggetti politici odierni indagati, si è poi prestato ad intercedere per lui». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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