LAMEZIA TERME La testimonianza della presenza dello Stato nella lotta alla ‘ndrangheta, il sostegno aglio forzi di un territorio del Sud alle prese con emergenze vecchie e nuove, il richiamo a tutte le istituzioni a fare di più per i giovani. Il nome di Giorgio Napolitano, il presidente emerito della Repubblica scomparso ieri, è legato a filo doppio con quello della Calabria. Diverse sono state le visite di Napolitano da Capo dello Stato, quelle più significative – con tanto di messaggi ancora attuali – sono sicuramente datate inizi del 2009 a Lamezia Terme e nel 2010 a Reggio Calabria, in quest’ultimo caso anche un tocco di inquietante mistero, con il ritrovamento da parte delle forze dell’ordine di un’auto con armi ed esplosivo vicino il percorso presidenziale.
Napolitano scende nella Lamezia Terme per il 40esimo anniversario della unificazione del Comune, la Lamezia Terme all’epoca guidata dal sindaco Gianni Speranza, dirigente del Pci com’era stato il Capo dello Stato ma soprattutto il simbolo del risveglio della città della Piana uscita dagli anni bui delle guerre duo mafia e degli scioglimenti delle Comune per le infiltrazioni della ‘ndrangheta. Una passeggiata nel centro di Lamezia Terme a rivedere gli abbracci soprattutto di bambini e giovani, e poi gli incontri istituzionali, a partire con quelli riservati a quanti erano impegnati in prima folla nella lotta alla ‘ndrangheta. Da Napolitano il richiamo al valore dell’unità nazionale e al dovere di solidarietà tra Nord e Sud, e quindi da Napolitano il richiamo al Mezzogiorno a fare «la sua parte, mostrandosi capace di rinnovarsi sul piano amministrativo e reagendo alla criminalità organizzata a «il segno della capacità di reagire ai ricatti e alle minacce della criminalità organizzata, bisogna riuscire a portare più avanti questa lotta che vede impegnate con crescente successo le forze dello Stato e deve vedere ancor più impegnata la società civile. Bisogna valorizzare – disse l’allora Capo dello Stato – gli esempi della capacità di reagire qui in Calabria e in tutto il mezzogiorno alla sfida della criminalità organizzata».
Un anno dopo ancora in Calabria, una Calabria piegata dalla rivolta dei migranti di Rosarno e dalle bombe all’indirizzo dei magistrati di Reggio impegnati contro la ‘ndrangheta. Parole attuali sulla vicenda di Rosarno: «Sono accadute – disse Napolitano – delle cose brutte, delle cose pesanti, che naturalmente hanno riempito le pagine dei giornali. Abbiamo avuto uno scoppio di insofferenze, una situazione insostenibile, che a un dato momento è esplosa e che avremmo – dico: avremmo tutti, ciascuno nella sua responsabilità – dovuto prevenire. Avremmo dovuto assolutamente trattenere questa esplosione che poi, in qualche modo, ha mostrato il peggio di una situazione, il peggio di quello che poteva via via accumularsi nell’animo sia degli immigrati sia dei cittadini di Rosarno. Ma guai a pensare che ciò significhi che gli immigrati sono portatori di violenza e che i cittadini di Rosarno sono portatori di razzismo. Stiamo molto attenti: respingiamo questi luoghi comuni, respingiamo tutti i pregiudizi che rischiano di accumularsi sulla Calabria. È una regione difficile, una regione per tanti aspetti sfortunata; è anche una regione che deve dare di più, che deve mobilitarsi di più, una società che deve esprimere le sue energie, la sua capacità di reazione e di risposta, più di quanto non abbia fatto finora; ma è una regione che non possiamo abbandonare, appunto, al pregiudizio e alla calunnia. Sappiamo di dover fare molto anche per quello che riguarda ordine e legalità nel mercato del lavoro, ordine e legalità nel governo del fenomeno dell’immigrazione, che è un fenomeno dei nostri tempi che va governato, che non può essere demonizzato, che non può essere rimosso. Abbiamo bisogno di ordine e legalità per avere più sviluppo in questa parte del Paese. Sappiamo tutti che è questa è la questione fondamentale: più sviluppo, più lavoro, più possibilità di occupazione, più futuro per i giovani». E infine: «Pensiamo – rimarcò ancora Napolitano – a quello che rappresenta oggi la ‘ndrangheta… Ebbene… se la ‘ndrangheta, la criminalità organizzata, qui in Calabria blocca lo sviluppo della Calabria, è il nemico principale del futuro e del lavoro per i giovani; se è vero che la ‘ndrangheta addirittura cerca di rubare la coscienza dei calabresi e conculca le loro libertà, il loro diritto a vivere serenamente, a vivere civilmente, attraverso la pratica della intimidazione, della minaccia e del ricatto; se tutto questo è vero, ebbene, allora bisogna che sia chiaro a tutti gli italiani che la Calabria è in prima linea nella lotta contro la criminalità, è in prima linea nella lotta per la sicurezza e per la libertà del nostro Paese. E tutti – lo Stato nazionale, le sue istituzioni, le sue forze – dobbiamo tutti essere in prima linea con la Calabria. Credo che questo sia il messaggio da far scaturire da questo nostro incontro: tutti in prima linea con la Calabria». (a. c.) (Foto in copertina tratta da Repubblica.it)
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