VIBO VALENTIA «Ricordo che spararono una sera al Club Med e misero delle cartucce al lido. Noi ci preoccupammo perché intuimmo che stava per accadere qualcosa contro di noi, infatti giravamo sempre armati». «Dopo questi episodi minatori, andai a Nicotera a parlare con Tita Buccafusca, ricordo che c’era il fratello che mi assicurò che se la sarebbero vista loro. Quando tornai a Briatico, venne da me Bonavita (Giuseppe ndr) a chiedermi se fosse successo qualcosa ed io, per mettergli paura, gli dissi di essere già andato a parlare a Nicotera». Nei verbali riempiti dalle dichiarazioni di Antonio Accorinti, il 43enne figlio del presunto boss Antonio e che ha scelto di intraprendere la collaborazione con la giustizia, ci sono una serie di episodi utili agli inquirenti per ricostruire, e in molti casi a rafforzare, castelli accusatori che riguardano gli scenari criminali degli ultimi anni.
Accorinti richiama personaggi, molti dei quali già interessati da altre operazioni anti ‘ndrangheta come “Imponimento” e “Olimpo” della Dda di Catanzaro, ma anche la più recente “Maestrale Carthago 2” e fornisce ulteriori spunti che saranno vagliati dagli inquirenti. «Quella sera stessa» racconta in un verbale del 20 giugno 2023 «mi convocò Bonavita per cercare di capire chi fosse stato a sparare al Club Med. Ci recammo quindi nel cortile dell’Eden Park dove erano presenti Francesco Barbieri e Nicola Fusca i quali mi chiesero il motivo per cui fossi andato a Nicotera». Secondo il racconto di Accorinti il gruppo capì che era armato e «Barbieri mi tranquillizzò dicendomi di essere amico di mio padre e mi chiese di fare un’azione al Club Med perché “U biondu”, così chiamavano Pantaleone “Scarpuni” Mancuso non avrebbe dovuto intromettersi in questa vicenda in quanto, in quel territorio, erano competenti altre persone, non mi dissero quali, ma io sapevo che si riferiva agli Anello e ai Vallelunga». «Un giorno incontrai Damiano Vallelunga al Tribunale di Vibo Valentia e mi confermò che Luni “u biondu” si stava allargando ingiustificatamente nelle loro zone, tuttavia mi tranquillizzò dicendomi che non ce l’aveva con mio padre che per lui era come un fratello». Francesco Barbieri, coinvolto nel blitz Maestrale, è considerato capo della ‘ndrina di Cessaniti ed esponente della società maggiore del locale di ‘ndrangheta di Zungri.
Nelle sue dichiarazioni Accorinti ha spiegato agli inquirenti che, in quel periodo, effettuò molteplici acquisti di armi «perché avevo tanta rabbia nei confronti di Barbieri e Bonavita e avevo intenzione di difendermi da eventuali loro attacchi nei miei confronti o addirittura di fare io dei passi nella direzione di uno scontro armato». E ancora: «Quando mio padre venne scarcerato, nel 2007, era sottoposto a restrizioni e allora io portavo per suo conto le imbasciate a Pantaleone “Scarpuni” Mancuso (…) ricordo solo che in un’occasione, quando andai da lui il giorno successivo all’omicidio di Palumbo mi accorsi che era molto provato» ma, spiega, «anche dopo la scarcerazione di mio padre, continuarono i tentativi di indebolirci criminalmente; infatti, vennero fatti dei danneggiamenti al lido “La Rocchetta”».
Il 43enne neo collaboratore di giustizia racconta che la sua famiglia ha contribuito alla costruzione del “Club Med”, «contribuendo a realizzare, alla fine degli anni ’90, tutto l’impianto elettrico del cosiddetto “secondo blocco”». «Ricordo che all’epoca, per questi lavori, era anche coinvolto Guastalegname – racconta Accorinti – mentre Franco Barba gestiva tutta la parte relativa alla carpenteria. Sulle ditte che dovevano partecipare alla costruzione del Club Med, decideva esclusivamente Pantaleone “Scarpuni” Mancuso ed è questo il motivo per cui Vallelunga si era risentito. Successivamente fu Saverio Prostamo, sempre per conto di mio padre, a scegliere le ditte da far entrare nel villaggio. Prostamo era una persona di fiducia di mio padre, che gli aveva delegato tutta la questione relativa alle assunzioni presso il Club Med, con particolare riferimento alla guardiania, e si confrontava direttamente con il dottore Stillitani, il fratello del sindaco, ossia il fratello di quello impegnato in politica».
A proposito di Stillitani, Accorinti spiega che «faceva riferimento, su tutto, a Pantaleone “Scarpuni” Mancuso. Se c’era qualcuno che faceva pressioni per entrare a lavorare nel villaggio turistico o faceva qualche danneggiamento, Stillitani si rivolgeva al nostro gruppo e noi ci attivavamo per sistemare le cose e garantire protezione». «Decidemmo di appoggiare politicamente Stillitani perché tale richiesta per noi costituiva un vero e proprio dovere; dovevamo difatti ricambiare i favori ricevuti per il Club Med. Preciso quindi che alla richiesta dello Stillitani di appoggio elettorale noi ci attivammo non a fronte di uno specifico compenso, ma nel contesto del complessivo rapporto che c’era con i fratelli Stillitani». «Allo stesso modo l’appoggio elettorale a Stillitani era già compensato dalla possibilità che noi avevamo, in forza del rapporto di protezione, di inserire ditte a noi gradite e lavoratori all’interno del Club Med». (g.curcio@corrierecal.it)
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