CATANZARO «U giurramentu nostru è sacru assai / E cu sbagghjau nun si poti sarvari / U sgarru nun si perduna mai». «Malavita, malavita!/ Appartegnu all’onorata/ Puru si c’impizzu a vita/ Eu nun fazzu na sgarrata».
A tutto volume nella macchina di Mario Gigliotti risuonavano le canzoni di ‘ndrangheta. E risuonavano anche nelle cuffie dei carabinieri che lo stavano intercettando. Un particolare che ha colpito gli investigatori, tanto che la Dda di Catanzaro, nella richiesta di misure cautelari dell’indagine Karpanthos – che punta a disvelare l’operato delle ‘ndrine di paesi come Cerva e Petronà – hanno dedicato un capitolo apposito proprio alla «musica della ‘ndrangheta».
Andando un po’ a ritroso nei brogliacci dell’inchiesta, è necessario capire chi è Mario Gigliotti detto “Capozza”, 59 anni, di Petronà. È tra le persone arrestate venerdì scorso con l’accusa di appartenere all’associazione mafiosa denominata cosca “Carpino”. Secondo i carabinieri della provinciale di Catanzaro e i magistrati della Dda, “Capozza” è un pezzo grosso.
È considerato promotore e organizzatore dell’associazione mafiosa. Partecipa alle decisioni più importanti insieme a Francesco Carpino, Salvatore Carpino, Giuseppe Rocca e Domenico Colosimo.
E quando il capo cosca, Alberto Carpino, è stato ucciso nella faida tra i Carpino e i Bubbo, si è adoperato per vendicarne la morte. Allo stesso tempo, prendendo parte alle riunioni di ‘ndrangheta, presiedute dagli esponenti di vertice della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, «ha svolto un ruolo fondamentale nella risoluzione della faida». Fa da tramite – è scritto nella richiesta di arresto della Dda di Catanzaro – tra la sua cosca e i potenti Mancuso di Limbadi, i De Stefano e i Tegano di Reggio Calabria, i Trovato di Marcedusa (operanti in Lombardia), i Pane di Belcastro, i componenti del gruppo di Cerva. Ha rapporti con il gruppo criminale di etnia rom di Catanzaro. Prende parte ai riti di affiliazione, dirime controversie «che gli vengono sottoposte dai cittadini di Petronà», si adopera per recuperare «voti ai candidati di riferimento». Partecipa alle estorsioni, controlla il commercio delle castagne della zona. E reinveste «parte degli utili delle attività illecite della cosca in operazioni commerciali lecite, gestite da imprenditori compiacenti». Un bel da fare e un lungo curriculum quello inanellato dagli inquirenti.
Ma per completare la figura di Mario Gigliotti detto “Capozza” manca un particolare pittoresco emerso durante le indagini: la passione per le canzoni di ‘ndrangheta.
Gli investigatori che lo hanno intercettato hanno avuto la ventura di ascoltare “U lupu d’Asprumunti”, “‘Ndrangheta Camorra e Mafia” “Sangu chiama sangu”, “Cu sgarra paga”, “Appartegnu all’onorata” e “Canto all’Aspromonte”.
Sono canzoni «i cui testi lodano le gesta di ‘ndranghetisti, latitanti e delinquenti», scrivono i magistrati nella richiesta vergata dal capo Nicola Gratteri, dall’aggiunto Giancarlo Novelli e dal sostituto Veronica Calcagno. In auto Gigliotti si cimenta a cantare alcuni versi dei brani preferiti che ascolta spesso, radio accesa e audio diffuso.
Sono i canti di mafia, ballate accompagnate dalla chitarra, che oggi si stanno evolvendo in correnti rap e sonorità moderne. Ma il retroterra rimane arcaico. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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