Iniziai a sognare la visita del Capo dello Stato a Lamezia già dal 2006, appena Napolitano fu eletto Presidente della Repubblica. Confidavo in una risposta positiva, speravo che Napolitano si ricordasse di me che, da giovane dirigente del PCI, lo accompagnavo nelle sue visite in Calabria. Sicuramente con il suo aplomb istituzionale a quei tempi non gradiva le mie posizioni radicali, poco attente alle dinamiche tra i partiti e agli equilibri istituzionali. Ero sempre più convinto che una visita del Presidente della Repubblica a Lamezia Terme avesse una importanza storica per la nostra comunità . Fino a quella data, la Presidenza della Repubblica si era interfacciata con la vicenda lametina in situazioni totalmente differenti rispetto a quel clima gioioso di festa del pomeriggio del 15 gennaio del 2009: per “firmare” i decreti di scioglimento del Consiglio Comunale (1991, 2002 e successivamente nel 2017) e quando, nel 1992, il presidente Cossiga partecipò ai funerali di Salvatore Aversa e Lucia Precenzano barbaramente uccisi dalla ‘ndrangheta. Nel 2009, la massima espressione dello Stato, il Presidente della Repubblica, doveva poter vedere con i suoi occhi che a Lamezia qualcosa stava cambiando concretamente. Per questo, mi sono battuto perché la visita non fosse meramente istituzionale: indirizzi di saluto, discorsi…non avvenisse soltanto in municipio. Il Presidente doveva vedere una comunità viva: i lavoratori , i giovani, le famiglie, il popolo di Lamezia. E così, dopo tante discussioni, furono accolte due nostre richieste per me fondamentali: il passaggio del Presidente Napolitano nel centro storico della città con la visita al nostro museo archeologico, l’incontro nella sala del Comune con uno studente e una studentessa a rivolgergli il saluto e metà sala occupata dai giovani della città.
Ma questa non fu la sola “rottura di protocollo” di quel 15 gennaio 2009. Il protocollo, secondo la Prefettura, non prevedeva l’accoglienza del sindaco in aeroporto. Ma neppure lo escludeva categoricamente, risposi. Con la complicità dei lavoratori dell’aeroporto, riuscii ad essere presente sulla pista all’atterraggio del volo presidenziale. “Benvenuto Presidente” Al prefetto, che mi presentò al Presidente della Repubblica quasi con imbarazzo per quella presenza “non protocollare”,ed al mio compassato “ Benvenuto Signor Presidente” il Presidente rispose con un indimenticabile “Ah…ciao, come stai?”. Giorgio Napolitano si era ricordato di quel “giovane radicale”, oggi sindaco emozionato della città che lo stava accogliendo.
“Credo che il Mezzogiorno debba dare il segno della propria capacità di rinnovarsi reagendo ai ricatti ed alle minacce della criminalità organizzata. Perciò ho tanto apprezzato la vostra esperienza e ciò che ho ascoltato qui: sono fatti e non soltanto parole. Fatti di impegno della società civile, dell’imprenditoria, dell’associazionismo”, disse il Presidente nella sala del Comune piena di tanti cittadini, giovani, ai rappresentanti dell’associazionismo e del volontariato. Gli presentai Rocco Mangiardi, che con la sua testimonianza sulla cosca Giampà aveva dimostrato che anche a Lamezia si può rompere il muro dell’omertà. Mentre lo accompagnavo fuori dal municipio, salutai Napolitano dicendogli: “Sarò sempre profondamente grato per la visita di oggi, grazie di cuore”. Il Presidente si congedò dicendomi: “Sono contento anch’io di essere venuto. E poi tu sei sempre un ragazzino”. Quella visita ha lasciato alla nostra città un grande segno di dignità. Ancora oggi.
*ex sindaco di Lamezia Terme
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