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lo scippo

Se lo Yorkshire tenta di “scippare” la ‘nduja alla Calabria

In barba al sovranismo alimentare, un’azienda del Regno Unito produce l’insaccato a migliaia di chilometri dalla sua patria calabrese

Pubblicato il: 27/09/2023 – 13:17
Se lo Yorkshire tenta di “scippare” la ‘nduja alla Calabria

LAMEZIA TERME Ai tempi del sovranismo alimentare e del ministero del “Made in Italy” scritto in inglese succede anche questo. E cioè che sul mercato sbarchi la «Yorkshire ’nduja», ghiottoneria dal «sapore eccezionale» nata dalle «meravigliose esperienze culinarie» (parole testuali prese dalla home page) della «Lishman’s butchers and charcutiers» (macellai e salumieri) di Ilkley, una cittadina e una stazione termale del West Yorkshire nel Nord dell’Inghilterra, a 366 chilometri da Londra. Più che i chilometri di distanza dalla capitale del Regno Unito stupiscono quelli che separano lo stabilimento da Spilinga, patria dell’insaccato piccante in provincia di Vibo Valentia: sono 2.818. Il caso è così curioso da apparire nella rubrica settimanale “Tuttifrutti” firmata da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, Con tanto di citazione dal sito della salumeria inglese, che si prende la briga di “spiegare” la ‘nduja ai propri clienti: «Handmade from Yorkshire pigs. Nduja is a soft spreadable salami which is seasoned with chilli and paprika making it fiery hot. Best dotted on pizzas, mixed with tomato and grilled on bread, added to pasta dishes or stews». È sufficiente tradurre la prima frase per provocare un brivido a tutti i produttori locali: «Prodotto a mano da maiali dello Yorkshire». Altro che chilometro zero, sagre e marcatori identitari: i maiali dello Yorkshire, poverini, diventano il simbolo di questa appropriazione gastronomica. Il resto della spiegazione è puramente divulgativo: «La Nduja è un salame morbido e spalmabile, condito con peperoncino e paprika che lo rendono piccante. È ideale sulla pizza, mescolata con il pomodoro e grigliata sul pane, aggiunta a piatti di pasta o stufati». È semmai, la chiosa di “Tuttifrutti” a inquietare, posto che «fallita la difesa della friulanità del Tocai (nonostante i «300 vitigni di Toccai» portati in dono di nozze nel 1632 dalla contessa Aurora Formentini al suo sposo ungherese: non il contrario), quella dell’Aceto di Modena imbottigliato in Germania, dei «Fast&Furious Garlic + Chilys Spaghetti» o dei formaggi italiani prodotti nel Wisconsin (dal Provolone cheese alla Scamorzarella, dal Parmesan al Juusto Italiano Baked Bread Cheese fino allo Sharp Provolone) ci facciamo fregare anche sui prodotti di nicchia…». Chissà da dove arriva il peperoncino della «Yorkshire ‘nduja». Forse è meglio non saperlo… (redazione@corrierecal.it)

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