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Addio Gioia, si fa rotta a Porto Said?

Mentre si discute del futuro del porto, incombe la direttiva europea sulla carbon tax. Gli armatori (e la politica) in allarme

Pubblicato il: 28/09/2023 – 14:48
di Lucia Serino
Addio Gioia, si fa rotta a Porto Said?

Dove si andrà, a Port Said o Tangeri? Fosse una crociera, sarebbe anche divertente approdare dall’altra parte del bacino del Mediterraneo. Invece è un rischio serio di spostamento del transhipment di Gioia Tauro come effetto della direttiva europea sulla transizione green dello shipping, alle prese con la più grande rivoluzione della sua storia dopo il passaggio dalle vele al motore. La Carbon tax prevista per il settore sarà introdotta il primo gennaio 2024 e sarà riscossa a partire dall’anno successivo. Abbattere le emissioni di carbonio è la parola d’ordine, anche se nessuno sa ancora come sostituirlo, per terra, per cielo e per mare. Sta di fatto che l’Imo (International marittime organization) a tappe dal 2030 al 2050 (in linea con le previsioni dell’Agenda 2030) ha previsto una progressiva riduzione dell’intensità di carbonio. Ma l’Unione europea ha anche inserito lo shipping nell’Ets (Emission trading system), in pratica una tassa (nel 2025) sulla base dei consumi dell’anno precedente (2024).
La tassa è progressiva, aumenta di anno in anno. Basta una toccata e fuga nei porti europei e scatta il calcolo, un bel po’ di milioni che gli armatori dovranno versare per il futuro del pianeta. Quelli di Gioia Tauro non saranno esenti, parliamo innanzitutto del duo Aponte e Grimaldi. Gianluigi Aponte è il fascinoso fondatore della Msc che partito da Sorrento è diventato non solo il re delle crociere ma innanzitutto l’armatore che ha portato milioni di Teu di contenitori nei porti di tutto il mondo. Non da meno la flotta Grimaldi Lines, eredi per incrocio di coniugio  del comandante Lauro. È categorico e anche coraggioso sul tema l’assessore regionale alle attività produttive, Rosario Varì. La transizione energetica non può essere un atto di fede. L’impatto ambientale – sostiene – non può essere scisso dagli effetti economici e sociali. È la “Grande Questione” contemporanea. Salviamo il pianeta o le tasche? Come si fa a coniugare le due cose? Nessuno lo sa, mentre in Italia torna la discussione sul nucleare ma l’incubo bolletta non si allontana. «Noi siamo stati gli unici a prevedere un indennizzo sull’incremento del costo della bolletta energetica per le imprese», dice Varì. Mentre la direttiva europea incombe sul grande orgoglio della Calabria, quei 600 ettari tra Gioia Tauro e San Ferdinando che valgono il 6 per cento del trasporto marittimo del Mediterraneo, croce e delizia della politica calabrese dell’ultimo mezzo secolo.
Nel pieno della discussione sulle potenzialità dello scalo, sul rafforzamento del quadro infrastrutturale (qualcosa di più di una semplice discussione, siamo alle liti e agli ultimatum), sulla bonifica dell’area, c’è questa bella tegola di non poco conto che sta lì lì per cadere e che rischia di azzerare tutti gli scontri in atto se gli armatori decideranno di spostarsi altrove, dall’altra parte del Mediterraneo dove la tassa non è prevista o è comunque ridotta. Lo spiega il presidente dell’Autorità portuale all’incontro organizzato ieri presso la Cittadella regionale proprio sul futuro del porto. Perché mai gli armatori dovrebbero farsi carico della nuova, esosa tassa se hanno la possibilità di non pagarla? È la transizione, bellezza, ma non è vero che non si può fare niente. Business is business ed è probabile che piuttosto che fare scalo a Gioia Tauro tra la scelta di tornarsene a Sorrento o fare rotta altrove, decidano, con spirito di cassa più che con cuore da marinai, di sbarcare altrove, dove non c’è concorrenza. Porto  Said meglio di Tangeri. Qui stanno già preparando la festa di accoglienza. (redazione@corrierecal.it)

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