LAMEZIA TERME L’integrazione sanitaria (e umana). Il sollievo dell’arrivo dei medici cubani negli ospedali calabresi si materializza nelle immagini trasmesse ieri sera da “Porta a Porta” di Bruno Vespa su Rai1. E si sostanzia nelle parole dell’operatore caraibico che confida di essere pronto a restare in Calabria «se la Regione lo sollecita» e nel primario italiano che sottolinea come i medici cubani siano «utilissimi». E anche sul piano dei rapporti umani è un’integrazione che funziona. Il reportage di Porta a Porta fa una sorta di bilancio del progetto avviato ad agosto scorso dal presidente della Regione Calabria e commissario della sanità Roberto Occhiuto, di ricorrere al supporto dei medici cubani per coprire i vuoti di organico negli ospedali calabresi – «o facevo così o dovevo chiudere queste presìdi», osserverà il governatore nel collegamento alla trasmissione di Vespa – nell’attesa dell’espletamento dei concorsi e di una maggiore attrattività per i professionisti italiani di lavorare nella sanità pubblica in Calabria (anzitutto sotto l’aspetto retributivo).
La prima tappa è al pronto soccorso dell’ospedale di Crotone: a rendere plasticamente il disagio che si registra in Calabria è la testimonianza di una dottoressa cubana. «Qui in pronto soccorso arriva di tutto, a Cuba l’emergenza è solo codice rosso». E una collega, cardiologa, si dice «felice di poter aiutare la sanità italiana, perché consociamo le difficoltà che ci sono, Seconda tappa all’ospedale di Polistena, ospedale di frontiera, e qui il servizio di “Porta a Porta” suggella una perfetta integrazione, che si fonda anche e soprattutto sulla preparazione dei medici cubani, uno dei quali viene ritratto mentre impianta un loop recorder. «Sono utilissimi», confida un ospedaliero calabrese. E Francesca Liotta, della direzione sanitaria di Polistena, rimarca: «Il loro arrivo, a noi che eravamo in una fase di caduta, a noi ha dato uno scossone perché non si assiste più al collega che dice “ah io sono stanco”, “io qui” “io lì”. Perché hanno quel guizzo in più». Vincenzo Amodeo, primario cardiologo di Polistena, spiega chiaramente qual è il nocciolo della questione: «L’ospedaliero non lo vuole fare più nessuno, è faticoso e se si fa il confronto il nostro stipendio è ridicolo». Dai professionisti caraibici comunque sorrisi e belle parole: «Sempre siamo felici, se lo sollecita la Regione resterei certamente», confessa un medico cubano. E le barriere con i medici italiani sembrano già definitivamente abbattute: «Con la lingua abbiamo trovato qualcuna parola in dialetto calabrese simile, “Capiscisti? Ti capiscivi dottore”…», racconta divertito un altro medico cubano. (c. a.)
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