«Eccellenza reverendissima, mi perdoni la partenza in medias res, ma vorrei iniziare questa mia missiva citandoLe il capitolo 22 del Vangelo di Matteo: Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l’iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». A queste parole rimasero sorpresi e, lasciatolo,
se ne andarono. Eccole le parole che la Vostra Eccellenza mi ha ispirato dopo il Suo invito pressante ai fedeli a recarsi subito dopo la messa a firmare per una proposta di legge che obblighi le donne che vogliano abortire ad ascoltare il battito del cuore del feto che portano in grembo. Mi chiedo come un Ministro di Dio del Suo calibro, con l’esperienza e la sapienza che si porta dietro, non abbia riflettuto abbastanza sull’importanza del concetto di laicità per la vita e la libertà della Chiesa, oggi più che mai.
Non che Monsignor Vescovo non possa esprimere le Sue opinioni, si intende, ma non così, non entrando a gamba tesa nella discussione politica e nell’agone politico. Monsignor Vescovo immagino sappia, infatti, che la paternità primigenia di questa legge è del governo liberticida e autoritario ungherese di Viktor Orban. Mi chiedo, quindi, come un Ministro di Dio possa dimenticare quanto la buona salute di uno stato di diritto sia fondamentale e necessaria per la libertà della Chiesa e dei suoi fedeli.
Uno stato che non tenga in debito conto il Diritto e i diritti è quello nel quale, in qualunque momento, si potranno cancellare proprio quelli della Chiesa, del Clero, dei fedeli. Mi chiedo ancora, come la Vostra Eccellenza reverendissima possa dimenticarsi della misericordia. Dal Papa fino all’ultimo dei Suoi confratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, non c’è un chierico che non pronunci con slancio e passione la parola misericordia. Ebbene, Monsignor Nostro, Vescovo nostro, perché la misericordia la dovremmo applicare a un prete pedofilo, e non a una donna costretta dalle vicissitudini della vita a subire un trauma come quello dell’aborto? Perché aggiungere il carico ulteriore della seduta di battito cardiaco? Qualcuno potrebbe pensare a del misogino sadismo.
Perché, mentre si accingeva a fare politica dal Suo pulpito, tenendo nella Sua mano il bastone del pastore, il pastorale, che serve a colpire ma anche a riaccogliere le pecorelle smarrite, perché Monsignor Vescovo non si è ricordato di questo altro passo del capitolo 8 del Vangelo di Giovanni: Chi tra voi è senza peccato scagli la pietra per primo.
Forse la Vostra Eccellenza ritiene che esistano due differenti misericordie. Forse la Vostra Eccellenza vorrebbe vivere in un mondo nel quale esista soltanto la verità del gruppo dominante. E se un giorno cambiasse il dominio? In quel caso, allora sarebbe forse giusto farLe vedere gli orrori commessi contro bambini e più in generale minorenni da tanti suoi confratelli in giro per il mondo? Io, che ho a cuore lo stato di diritto e la laicità dello Stato, dico di no. Chi Le scrive non è un perfido mangiapreti, chi Le scrive è un fedele della Diocesi della quale Lei, per grazia di Dio e della Sede Apostolica, è Pastore e Vescovo da due anni, ormai.
Un fedele che si vergogna, un fedele che si sentirebbe molto più a suo agio in Chiesa se il suo Vescovo avesse ora l’umiltà di chiedere scusa e dimostrare che davvero le Sue vesti odorano di pecora, non profumano soltanto di sacrestia».
*Insegnante
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