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Cosenza, parla Funaro: «La mia sentenza già scritta dal sindaco e dal Pd locale»

La conferenza stampa della vicesindaca dopo la cacciata «costruita a tavolino». Il Pd cosentino? «Misogino e governato sempre dagli stessi»

Pubblicato il: 06/10/2023 – 18:26
di Fabio Benincasa
Cosenza, parla Funaro: «La mia sentenza già scritta dal sindaco e dal Pd locale»

COSENZA Era il 22 aprile 2010, nel corso della direzione nazionale del Popolo della Libertà, i presenti vivono un momento diventato cult. Gianfranco Fini, già leader di An, punta il dito indice contro Silvio Berlusconi, impegnato in un discorso sul palco, e pronuncia una frase diventata simbolo della rottura tra i due leader politici. «Che fai, mi cacci?». Come ha sintetizzato Carlo Freccero quella fu «la rottura dell’incantesimo», stessa sorte toccata al sindaco di Cosenza Franz Caruso e alla ex vicesindaca Maria Pia Funaro. Il primo cittadino bruzio nei giorni scorsi (qui la notizia anticipata dal Corriere della Calabria) ha deciso di mettere alla porta l’assessora e vice giudicando «l’impegno di Funaro non coerente con il nostro programma» (qui la nota di Caruso). Sono trascorsi tre giorni da quel 3 ottobre e Funaro ha preferito il silenzio alle dichiarazioni a freddo. Non ha rilasciato interviste, preferendo «parlare alla città» in una conferenza stampa nel cuore del centro storico di Cosenza. Il grande assente? Ovviamente il Pd. Qualche consigliere fa capolino, ma non si vedono gli esponenti dem si sono prodigati ad inviare in redazione note di sostegno e di commento nei confronti di Funaro. «Il Pd ha deciso che della mia posizione non era necessario discutere», bolla l’ex vicesindaca.

«Trattata come una perfetta estranea»

“Libertà è partecipazione” è il brano scelto da Funaro per smorzare l’attesa della conferenza stampa. Il caffè scelto è strapieno, i posti a sedere esauriti dopo pochi minuti. Tutti attendono di ascoltare la viva voce della vicesindaca “licenziata” dal sindaco. «La pec arrivata ha confermato quanto già si sapeva, la volontà di allontanarmi era chiara. E’ stata costruita a tavolino, qualcuno l’ha definita una decisione politica perfetta», dice Funaro che aggiunge particolari: «Dall’ufficio comunale ricevo una telefonata che mi annuncia il provvedimento e alle 12.16 ricevo la comunicazione a mezzo Pec: la revoca “perché la mia presenza non assicurava l’efficienza del programma politico della giunta“. Sono stata trattata come se fossi una perfetta estranea, come se non fossi rappresentativa di una parte della società», commenta.

Le 48 ore precedenti l’arrivo della Pec

Galeotta fu la posizione assunta sulla realizzazione del nuovo ospedale. Domenica primo ottobre il sindaco scrive all’interno di una chat, costituita dagli assessori e dallo stesso primo cittadino, e chiede di «sottoscrivere un documento di accusa nei confronti della Cgil per una presunta posizione contro la nuova localizzazione dell’ospedale di Cosenza». Il messaggio arriva intorno alle 13. «Il documento insinuava in maniera subdola un possibile accordo tra il presidente della Regione Roberto Occhiuto e il sindacato». Funaro solleva dei dubbi e chiede l’apertura di un dialogo con la Cgil sul sito legato alla realizzazione del nosocomio. “Il comunicato è così e non si modifica, lo sottoscrivi?”, avrebbe detto il sindaco. “No” ribatte Funato e il primo cittadino risponde: “ne prendo atto”. Il comunicato viene pubblicato e non si parla più di Giunta, ma di amministratori di Cosenza che protestano contro la Cgil». Il sindaco convoca per la mattina di lunedì, alle 11, il segretario provinciale del Pd, Vittorio Pecoraro. Lo stesso chiede al primo cittadino di raggiungerlo nel primo pomeriggio, quindi dopo la Giunta. «Solo una sciocca sarebbe andata a quella seduta di Giunta, ecco perché non sono andata. La convocazione di Pecoraro era una chiara manifestazione di quanto sarebbe accaduto». La riunione di Giunta si esaurisce in poco meno di 30 minuti. Mentre l’incontro del Pd termina intorno alle 17. «Il sindaco chiama gli uffici preposti e chiede di predisporre il provvedimento di revoca. Una tempestività che preoccupa perché dimostra il ruolo non marginale del Pd di Cosenza».

Il Partito democratico?

Funaro dopo aver elencato, a suo dire, gli attimi precedenti la cacciata si sofferma sul ruolo del Pd. Un partito fluido con mille anime, che però a Cosenza è rappresentato sempre dalle stese persone. «Un dirigente dem (Funaro non fa il nome) – ricorda Funaro – nel corso delle elezioni che portarono alla elezione di Franz Caruso disse “non avete capito che il Pd qui è Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio“, ed «io credo sia così, almeno a Cosenza. Un mondo gattopardesco, dove non cambia nulla». Rispetto al Pd, Funaro ammette di essersi sentita «un corpo estraneo, accerchiata e incapace di incidere», e aggiunge «credo ci sia un problema di misoginia nel Pd locale, troppo spesso penso sia declinata al maschile». Poi la chiosa, «non mi sento sola quando sto tra la gente, con la mia famiglia, con i miei amici. Avrei voluto costruire un percorso nel Pd, ma la situazione è stata asfissiante anche in Comune. «La mia era una sentenza già scritta, non solo dalla Giunta ma anche dal Pd locale».

Le mancate dimissioni

Maria Pia Funaro ha conquistato 537 voti alle scorse elezioni, la prima da candidata. Un exploit di consenso soprattutto nell’area urbana, meno nella periferie. Ma nonostante tutto, Funaro ha mostrato i muscoli anche contro chi, invece, godeva di consenso e appoggio dal Pd. «Non mi sono dimessa perché avevo un mandato elettivo, a differenza del mio collega che ringrazio, l’assessore Giordano (dimissionario assessore al Bilancio)». «Ho sentito il segretario Irto due giorni fa, lo avevo sentito già in passato per manifestargli quanto stesse accadendo in Comune, anche dopo il famoso comunicato della Cgil». «Ieri ho ricevuto la telefonata di un membro della segretaria nazionale che mi chiedeva se fosse stata convocata una direzione. Ho risposto che non c’è stato nulla».

Cosenza, quale futuro?

Qual è la vision del Comune e dell’amministrazione? «L’associazionismo è il cuore pulsante di questa città» e poi «vorrei sottolineare che per quanto riguarda sono state espletate tre gare europee». «Manca una vision un po’ più ampia, anche in prospettiva della città unica. Io sono a favore, dobbiamo pensare a questo progetto».

Il successore?

Sul nome del futuro vicesindaco, Funaro è lapidaria: «Sarà un’altra figura frutto delle scelte delle tanti correnti del Pd». E sul punto Funaro ritorna quando cita il caso della nomina del presidente del Collegio dei revisori. «Nelle ore precedenti al Consiglio vengo a sapere che il nome indicato è quello di Franco Colistro. Scrivo al senatore Irto e segretario regionale del Pd ed al segretario provinciale Pecoraro: “La gestione dei caminetti è grottesca, constato che le cose all’interno non si possono cambiare. Parlo di meccanismi consolidati e incancreniti». Secondo Funaro, il nome di Colistro non era emerso all’interno di una discussione aperta, ma nei caminetti tra cacicchi e capicorrente». Si arriva al Consiglio e qualcuno sussurra a Funaro “è arrivato un messaggio con la direttiva chiara di votare Colistro”. Molti consiglieri si sarebbero ribellati al diktat imposto, scegliendo di non votare a favore di Colistro. (redazione@corrierecal.it)


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