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città e modernità

La stella marina di Reggio come la cozza di Salerno

Perché sottolineare le similitudini? Perché simili sono non solo i progetti ma anche i contesti politico-amministrativi

Pubblicato il: 06/10/2023 – 13:50
di Lucia Serino
La stella marina di Reggio come la cozza di Salerno

Facciamo un gioco, esagerando pure con le parole che, in genere, per i progetti importanti si sprecano: un’opera strategica, monumentale, un grande intervento che cambierà definitivamente il volto della città, architettura avveniristica che porterà alla valorizzazione del lungomare, completamento del waterfront, recupero del rapporto tra la città e il mare. Se aggiungiamo la firma dell’archistar internazionale e ci mettiamo il nome, Zaha Hadid, il pensiero atterra su Reggio, giusto? E al grande progetto del museo del mare, opera ben finanziata dal Pnrr di Draghi, non ancora cantierizzata e oggetto dell’agenda politica cittadina. Dovremmo essere lì lì per avviare la fase esecutiva del progetto. E invece non di Reggio si parla, ma della stazione marittima di Salerno. Stesso mare, solo un po’ più su, stessa dimestichezza con questa parola che tanto piace, waterfront, stessa archistar, l’iraniana britannica scomparsa nel 2016, pari magnificenza di opere sinuose e candide pensate per essere un museo del mare sul lungomare dello Stretto, una stazione marittima ai piedi del castello di Arechi. A Salerno è toccata un’ostrica, (ma tutti la chiamano cozza) a Reggio una stella marina. L’idea sottesa è la stessa, la città e il mare sono tutt’uno. Ma perché sottolineare le similitudini? Perché simili sono non solo i progetti, e già questo potrebbe essere elemento di discussione sulla esclusività di un’attrazione monumentale (perché un’altra delle iperbole che accompagna questi progetti è che essi saranno occasione di incremento turistico), dunque progetti simili – dicevamo – ma anche contesti politico-amministrativi non molto differenti. L’ostrica di Salerno fu inaugurata tra vento e pioggia alla vigilia del 25 aprile del 2016 ma le parole erano solari: museo a cielo aperto, opera simbolo dell’Italia, porta del Mediterraneo.

La stazione marittima di Salerno

Dopo circa dieci anni dall’inaugurazione ci sono problemi di dragaggio per l’approdo di grosse imbarcazioni ma soprattutto c’è la questione manutenzione. Che è l’eredità mai messa in conto di tutti i progetti delle archistar un minuto dopo il taglio del nastro. Sono di questi giorni le notizie salernitane sui paletti messi dai privati nella fase preliminare dell’avviso pubblico per la gestione dell’opera di Zaha Hadid, dagli oneri, alla durata, al canone connesso alla condizione di deterioramento in cui si trova l’opera. Magari da Reggio potrebbero dare una lettura. “Non bisognerà più andare a Bilbao, Barcellona o Berlino per un’opera contemporanea”, disse il sindaco di fatto in servizio permanente effettivo a Salerno, Vincenzo De Luca. “Non bisognerà più andare a Salerno”, potrà il dire il sindaco temporaneamente facente funzioni di Reggio, Paolo Brunetti. In realtà, ironia a parte, si potrà sicuramente rafforzare la linea interregionale del viaggio verso Sud, ma questo l’avevano già capito i Greci da Paestum a Selinunte. Piuttosto forse è arrivato il momento di iniziare a ragionare su nuove forme di architettura comunitaria, al servizio dei cittadini, per i cittadini, i loro bisogni pur con la magnificenza della firma di archistar, perché no, superando quel minimalismo retorico che ha un po’ stufato dei borghi, e della loro rigenerazione, che devono avere per forza il profumo del latte appena munto altrimenti non sono vivibili. La modernità è una conquista, deve però il più possibile essere dentro la vita delle persone, come cura degli individui, degli spazi, delle risorse, riducendo il superfluo e riducendo la sindrome da Indiana Jones tipico della cultura delle archistar, cioè immaginare, con linee e disegni, di costruire il nuovo se non per lo stupore generato dal racconto.

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