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L’Intelligenza Artificiale per curare l’emicrania, nella ricerca anche l’Unical

L’IA farà da campanello d’allarme per intervenire. Un’app per monitorare funzioni vitali e individuare segnali predittivi delle cefalee

Pubblicato il: 07/10/2023 – 7:41
L’Intelligenza Artificiale per curare l’emicrania, nella ricerca anche l’Unical

ROMA Un aiuto contro l’emicrania, che in Italia colpisce il 25% della popolazione, arriva dall’Intelligenza Artificiale: potrà fare da campanello d’allarme per capire quando ci si avvicina alla soglia della cefalea, in modo da poter intervenire tempestivamente ed in maniera preventiva tramite comportamenti specifici o trattamenti farmacologici. È questo l’obiettivo del progetto guidato da Simona Sacco dell’Università dell’Aquila, che quest’anno ha ottenuto un finanziamento dal Ministero dell’Università e della Ricerca per cercare di prevedere gli attacchi di emicrania e l’evoluzione della malattia. «Insieme ad un gruppo di ricercatori dell’Università della Calabria, svilupperemo un’app abbinata a dei sensori che dovranno raccogliere dati su funzioni biologiche, stili di vita, qualità del sonno, emicranie e molto altro», spiega Sacco all’Ansa. «Questi dati saranno poi analizzati grazie all’IA, che dovrà cercare i segnali predittivi dell’avvicinarsi degli attacchi. Le emicranie, infatti possono essere innescate da vari fattori: il singolo fattore è importante – continua la ricercatrice – ma è fondamentale anche l’intero contesto». L’importanza della ricerca su questo disturbo è l’argomento al centro del Congresso Nazionale della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee, ospitato dal 5 al 7 ottobre all’Aquila e organizzato proprio da Simona Sacco. «L’emicrania colpisce le donne in misura molto maggiore rispetto agli uomini sia per motivi genetici – spiega la ricercatrice dell’Università dell’Aquila – sia perché gli estrogeni (gli ormoni sessuali femminili) hanno un ruolo attivo in questo disturbo. Le nuove tecniche di apprendimento automatico offrono una grande opportunità per migliorare la vita dei pazienti – conclude Sacco – e questo progetto è solo il primo passo di un processo che sarà molto lungo». (Ansa)

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