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‘Ndrangheta, l’uomo di fiducia del boss nel (finto) negozio cinese con 230mila euro

Chi è il 45enne beccato a versare i contanti nella banca clandestina dell’Esquilino. I legami con Strangio e la “scalata” alla Perego nell’inchiesta Infinito

Pubblicato il: 07/10/2023 – 15:31
di Pablo Petrasso
‘Ndrangheta, l’uomo di fiducia del boss nel (finto) negozio cinese con 230mila euro

ROMA Quando, il 6 febbraio 2021, i militari del Gico della guardia di finanza fermano un’Audi A1 con a bordo un “banchiere” cinese e 500mila euro in contanti, Rizeri Cua è già nei guai ma non lo sa. Il 45enne originario di Natile di Careri ha consegnato qualche giorno prima 230mila euro – in due tranche – nei (finti) negozi di Wen Kui Zheng a Roma. Sarebbe passato per uno dei pochi clienti “normali” di passaggio dall’Esquilino per acquistare qualche abito, ma i finanzieri, dopo la «straordinaria» scoperta dei pacchi di denaro nascosti nel vano del finestrino posteriore dell’auto di ritorno da Reggio, decidono di riavvolgere il nastro degli impianti di video sorveglianza posizionati nei pressi dell’esercizio commerciale di via Napoleone III. Ed ecco che spuntano due consegne «nei giorni immediatamente precedenti il viaggio» di andata e ritorno per la Calabria.

Le due consegne di denaro nel febbraio 2021

L’1 e il 4 febbraio 2021 «il noto pregiudicato Rizeri Cua» porta con sé due buste bianche con 100mila euro (prima tranche) e 130mila euro (seconda tranche). Entra nel negozio, si “accredita” mostrando il proprio telefono e si sposta nella saletta “conta soldi” per procedere al conteggio del denaro. Il dialogo con Zheng è concitato. Cua ha disposizioni dai propri committenti (ancora sconosciuti) di «fare una foto», evidentemente per avere la prova della consegna dei contanti. La scena del 4 febbraio è uguale: il calabrese questa volta si rapporta con un cugino del banchiere clandestino. L’operazione dura in tutto 40 minuti: i 130mila euro vengono contati e Cua aspetta il ritorno di Zheng. «Aspetta per fare i pacchi – dice al suo interlocutore – contiamo tutti i pacchi… questi qua… dammeli a me, ma deve venire tuo cugino, mi deve dare il token tuo cugino… lo devi chiamare, se no non posso andare via».
Il token è il numero seriale di una banconota che garantisce la riuscita dello scambio. Con il metodo utilizzato – quello del “denaro volante” – le organizzazioni criminali versano i contanti agli intermediari cinesi che aprono un conto di pari valore (meno la commissione) in un’altra parte del mondo mettendolo a disposizione dei committenti. Senza quel numero è impossibile perfezionare l’operazione.
L’affare – secondo gli inquirenti – si concretizza. E Cua si allontana dal negozio senza la busta ma con un’accusa di autoriciclaggio da aggiungere a una vecchia serie di segnalazioni di polizia «per reati di traffico di stupefacenti, ricettazione, detenzione abusiva di armi, associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso e omicidio doloso».

Foto segnaletiche e frame delle telecamere individuano Rizeri Cua

Rizeri Cua e la condanna in “Crimine Infinito”: era uno degli uomini di fiducia del boss Strangio

Nel suo passato, in effetti, c’è una condanna all’esito del processo “Crimine Infinito” che lo mette in relazione con le cosche della Locride. E con il tentativo – riuscito – della ‘ndrangheta di infiltrare grosse imprese al Nord: la Perego Strade, nello specifico. Rizeri Cua entra nella storia di quella scalata come uomo di fiducia di un boss della Locride. Viene assunto dalla Pgc (Perego General contractor) dal novembre 2008 al novembre 2009 «con una qualifica di geometra mai posseduta al pari delle relative competenze secondo quanto agevolmente rilevato dagli ammutoliti dipendenti della Pgc». Il virgolettato arriva dalla sentenza che ha condannato Cua a sei anni di detenzione. Assunto per conto del clan, del “tecnico” si registra «la presenza anche in occasione di delicati incontri con altri affiliati». Per i giudici di Appello è un uomo di fiducia del vertice del clan, discute di questioni che riguardano l’acquisto di armi e degli arresti di altri capi della zona. Partecipa a episodi di intimidazione e ha dimestichezza con le armi. La sentenza lo descrive come un associato alla ‘ndrangheta. Da quelle pagine che raccontano il potere delle cosche della Locride al Nord, Rizeri Cua rispunta, dopo anni, in un negozio cinese con due buste che – secondo gli investigatori – conterrebbero 230mila da riciclare in un circuito criminale globale. Forse legati agli altri 500mila intercettati nell’Audi del “banchiere” Zheng al casello di Roma Sud. E a chissà quanto altro “denaro volante” passato dalla Calabria all’Estremo Oriente.

L’inchiesta “Eureka”: il centro dei traffici nella Locride

Un meccanismo già emerso nell’inchiesta “Eureka” della Dda di Reggio Calabria. Le cifre in gioco erano addirittura più elevate e legate ai traffici di cocaina tra Colombia e Calabria: gli investigatori riuscirono a documentare il trasferimento di oltre 5 milioni di euro «su strada dalla Calabria sino a Roma e Valmontone, da dove, successivamente», i soldi vengono «veicolati in Sudamerica attraverso operazioni di pick-up money assicurate da individui cinesi». Metodi ben oliati, con le famiglie di San Luca e Bovalino disposte a pagare fino a 160mila euro per ogni milione trasferito in contanti dai cinesi all’estero. La base di quei traffici era, ancora, la Locride con il broker Sebastiano Strangio a tenere i contatti con “Anuel”, referente in Colombia, per conto del clan Giorgi. Rizeri Cua potrebbe essere soltanto il terminale di una rete molto più vasta. L’inchiesta della Dda di Roma è appena all’inizio. (p.petrasso@corrierecal.it)

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