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La riflessione

«Vecchio liceo caro sei sempre tu…»

Mia mamma suonava il pianoforte. Avevamo in casa il vecchio pianoforte che mio nonno, un alto ufficiale del Reale Esercito Italiano, aveva voluto tenere quasi come un cimelio, in casa sua, in via …

Pubblicato il: 07/10/2023 – 11:42
di Nunzio Raimondi
«Vecchio liceo caro sei sempre tu…»

Mia mamma suonava il pianoforte. Avevamo in casa il vecchio pianoforte che mio nonno, un alto ufficiale del Reale Esercito Italiano, aveva voluto tenere quasi come un cimelio, in casa sua, in via XX Settembre.
Era un pianoforte importante proveniente dal salotto della famiglia d’origine di mia nonna Emilia e mio nonno lo adibì a strumento per la formazione delle sue tre figlie femmine.
Era l’epoca in cui una giovane di buona famiglia imparava il taglio ed il cucito, doveva conoscere le buone maniere, faceva “scuola di portamento” e doveva saper suonare almeno uno strumento musicale, di solito il pianoforte.
Quella di mia mamma era una famiglia aristocratica nella quale la regola impegnava le donne nello studio al massimo fino al liceo.
Ma i miei nonni erano, per così dire, genitori lungimiranti e pretesero che le figlie frequentassero l’Università nella vecchia capitale del Regno di Napoli.
La casa del nonno era molto bella!
Accanto alle tre ragazze Tambato, accompagnate dagli “attendenti” del militare di famiglia, c’era zia Elvezia, rimasta “signorina”,assegnata alla formazione permanente delle giovani.
Quando venne a mancare la zia che per ultima abitò quella casa, i mobili di famiglia furono divisi fra le sorelle Tambato.
Fra gli altri a mia mamma “toccò” il vecchio pianoforte di famiglia che Lei suonava nei giorni di festa, cantando canzoni bellissime.
Spesso, alla domenica mattina, mi svegliavo sentendola cantare al pianoforte una canzoncina per noi bambini che, se ben ricordo, si intitolava “bocche”.
Stupende le canzoni d’amore che regalavano alla nostra famiglia un’atmosfera di spensieratezza e felicità irripetibile.
Fra queste canzoni ne ricordo una che cominciava così:
«Vecchio liceo caro sei sempre tu…», e continuava: «greco, latino, sogni di gioventù…».
Mi è tornata in mente questa canzone in questi giorni quando ho letto del “vecchio Galluppi”, la scuola di mia mamma, della mia indimenticabile sorella Antonella e mia.
L’abbiamo tanto amata quella scuola, cuore pulsante della nostra Catanzaro, orgoglio di tutti noi giovani che ricordiamo quando il preside si presentava nelle quarte ginnasiali per dire: «studiate con impegno, perché voi siete la classe dirigente di domani».
Ci sentivamo “caricati a molla” perché i nostri professori ci facevano sentire importanti…
E già, sentirsi importanti!
Sentirsi essenziali per la comunità in cui si vive e si lavora, incoraggiati da persone che ci stimano e credono nelle nostre potenzialità.
Tutto questo faceva parte – credo che ancora faccia parte – dell’identità del “vecchio liceo caro” che fu di Galluppi e Settembrini, dei grandi Giuseppe ed Aldo Casalinuovo e di professori che nominarli tutti ci vorrebbe un libro intero (chissà che qualcuno non s’impegni a scriverlo), ma dirò, a titolo esemplificativo, del calibro di Mastroianni, Procopio, Ameduri, Sarpi e Paparazzo e via dicendo…
Vedete, non discuto le scelte di riorganizzazione e nemmeno quelle di accorpamento: è giusto che anche la scuola si adatti a formule aziendali, sebbene, lo ricordo a me stesso, sono state proprio le formule aziendali a distruggere altri servizi sociali fondamentali (uno per tutti,la nostra eccellente sanità).
Ma, quanto all’istruzione, penso che occorra preservare sempre l’identità della scuola, quel “sei sempre tu” della canzonetta di mia mamma; nel senso che ti riconosco come luogo delle mie fatiche ma anche delle mie speranze e dei miei “sogni di gioventù”.
Nel senso che fai parte di me e del mio essere un cittadino consapevole.
Non la faccio lunga…
Sono dunque dalla vostra parte ragazzi!
Combattiamo insieme per la tutela della nostra comune identità, di ciò che siamo stati, di ciò che siamo e di ciò che saremo.

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