COSENZA Raggiungo Maria Pia Funaro a casa di domenica. E’ appena tornata dal mare con la famiglia dove è andata per qualche ora per ritrovare serenità dopo una settimana al fulmicotone che ne ha visto la defenestrazione da vicesindaco e assessore dalla giunta Caruso che governa a Cosenza. Non si sottrae alle domande che le poniamo a margine della conferenza stampa che ha tenuto venerdì per meglio comprendere e chiarire nodi politici e di contesto della clamorosa frattura che si è consumata nel centrosinistra.
Le dispiace se parto da suo padre, che idea si è fatta dello sfratto? (Ernesto Funaro politico di lungo corso della Dc prima e del Ppi poi ndr)
«Non si aspettava un precipitarsi della situazione che si era incancrenita nelle ultime settimane. E’ molto amareggiato. Ha rivisto anche aspetti della sua vita politica quando decise il passo indietro».
Andiamo a lei. Percepiva un clima ostile a Palazzo dei Bruzi e da quando?
«Sì, io un clima sereno non l’ho mai vissuto. La mia posizione su via Roma ha fatto precipitare tutto».
Ma sui lavori contestati o sulla solidarietà che lei ha dato al dirigente scolastico Massimo Ciglio dopo la denuncia del sindaco Caruso?
«La solidarietà al preside Ciglio venne messa in discussione. Venne contestata la mia apertura al dialogo con il mondo della scuola, e con Massimo Ciglio in particolar modo, che io ho conosciuto in quella occasione. Una vicenda brutale nei modi e nei tempi. Tutto è stato visto come un attacco a Caruso, mentre era un suggerimento a recuperare un rapporto con chi protestava».
Ma lei si era confrontata sul punto con il sindaco?
«Quando fu presentata in Giunta la delibera sull’apertura al traffico di via Roma non mi convinse dall’inizio. E’ vero che era nel programma elettorale, ma io pensavo opportuno uno studio per aprire una piazza. Mi aspettavo un Piano urbano del traffico che ci desse delle certezze tecniche. Forse la mia deformazione professionale di ingegnere, non mi bastava la promessa elettorale».
Poteva mediare meglio?
«Risposero mandando le ruspe e chiudendo il dialogo con famiglie e bambini che non volevano il traffico davanti alla scuola. Non fu una bella risposta».
Come mai ha disertato l’ultima riunione di Giunta sul Bilancio?
«Perché nelle 24 ore precedenti a quella riunione ci fu l’ennesima frattura con il sindaco sul comunicato contro la Cgil sul nuovo ospedale».
Ma lei condivideva la posizione della Cgil?
«Si trattava di un’iniziativa pubblica del sindacato sulla riorganizzazione territoriale. Tra l’altro erano presenti il segretario regionale Irto e i consiglieri regionali del Pd. Solo un sindacalista medico, Masotti, ha valutato come soluzione migliore del Policlinico, Arcavacata».
Una posizione che lei condivide?
«Io no. Ho sempre difeso ad oggi l’ipotesi Vaglio Lise. Io sono abituata a leggere le carte tecniche. L’unico atto è il progetto di fattibilità redatto nel periodo in cui Mario Oliverio era presidente di Regione. Tre ipotesi: Vaglio Lise, Muoio e via degli Stadi. In termini economici e tecnici Vaglio Lise è la più convincente. Se sui nuovi progetti dovesse emergere una soluzione migliore perché non valutarla?»
Ma sette giorni fa cosa accadde nella chat del sindaco con gli assessori?
«Caruso chiede a tutta la Giunta di sottoscrivere un documento contro la Cgil. Tutti i colleghi aderiscono, io ho espresso delle perplessità su alcune frasi che indicavano collateralismi trasversali tra sindacato e Occhiuto. Ho detto restiamo su Vaglio Lise e chiediamo un chiarimento alla Cgil, mi sembrava sciocco rompere con dei nostri alleati.»
E il sindaco cosa scrive nella chat?
«Caruso fu perentorio. Questo è il comunicato e non si cambia. Lo firmi o no? E io ho risposto no».
E quindi non si presenta alla riunione di Giunta?
«Sempre domenica sera, il sindaco ha convocato per l’indomani mattina il segretario provinciale del Pd, Vittorio Pecoraro, prima della riunione. Io l’apprendo dalla persona più vicina a me della segreteria provinciale, Salvatore Giorno».
L’unico del Pd presente alla sua conferenza stampa di venerdì…
«Sì, e mi dice guarda che il sindaco ha convocato Pecoraro per le 11. La giunta era alle 14 e Giorno da persona corretta qual è mi dice: non è un buon segnale. E allora, io che mi trovavo a Catanzaro, ho ben pensato di restare dove mi trovavo».
Ma il bilancio è un documento fondamentale?
«Si, ma chi l’ha redatto? L’assessore al ramo manca da un mese. Chi ha dato l’impostazione politica?»
Lei non lo sa e non ne conosceva l’impostazione politica?
«Io non lo so. Non c’è mai stata una discussione. Ho saputo dai colleghi che tutto è stato approvato in pochi minuti».
Facciamo una ricognizione a fatti avvenuti. Boccia, dirigente nazionale del Pd, suo grande sponsor per la nomina di vicesindaco, l’ha sentito?
«No, si sono fatti sentire due esponenti della segreteria nazionale del Pd».
Dicendo?
«Cercando di capire quello che era successo. Non sapevano nulla. C’era stata una rassicurazione di Nicola Irto. Il segretario regionale mi ha chiamato a defenestrazione avvenuta, non ha mai ricevuto nessuna comunicazione da Caruso».
L’ha saputo dai media?
«Lo ha appreso da Pecoraro. Poi Irto non l’ho più sentito».
Qui emerge quel Pd che ha denunciato in conferenza stampa nelle mani di Nicola Adamo e Enza Bruno Bossio. Sono loro che hanno deciso di sostituirla?
«Sono stati loro insieme ad altre due persone: il sindaco e Gigino Incarnato (capo di gabinetto di Caruso ed esponente socialista ndr)»
Perché?
«Mi è sembrato di stare nelle bolge dantesche tra i fraudolenti e i seminatori di discordia. Incarnato è stato l’ufficiale di collegamento tra Nicola ed Enza e Franz. Si era posto da tempo l’obiettivo di farmi fuori politicamente».
Insisto, mi dica il perché?
«Ero diventato un elemento scomodo, anche in termini di visibilità. Soprattutto in termini di autonomia. Mi è stata persino contestata la mia vicinanza umana espressa alla famiglia Ruperto che aveva perso un giovane in un incidente stradale con un’auto della polizia».
Come mai?
«Qualsiasi avvenimento era da contrastare. La mia impostazione era considerata pregiudizialmente contro a quella del sindaco e di Incarnato».
La goccia che ha fatto traboccare il vaso?
«L’affaire Colistro. Il presidente dei revisori dei conti non eletto dal Consiglio. Era un impegno che avevano preso prima delle elezioni. Io sbottai quando indicarono il nome. Nulla di personale, forse mi ha pure votato. Nome imposto sulla chat senza discussione e indicato per chat da qualche caminetto?»
Quale?
«Nicola, Mazzuca, Gigino. Colistro doveva essere l’uomo di fiducia nel collegio dei revisori facendo venire meno la terzietà della funzione».
Come assessore e vicesindaco cosa lascia alla città di Cosenza?
«Tante cose. La gara dei rifiuti, abbiamo sbloccato le vicende del dissesto geologico, il Piano dell’amianto. E poi un dialogo costante con il territorio come vicesindaco. Ho fatto mia una frase di Lea Melandri: “Bisogna avere il coraggio di entrare in conflitto”. Io l’ho fatto. Al momento ho perso ma ho espresso le mie posizioni».
Senta, lei ha avuto una buona affermazione elettorale, oltre 500 preferenze. Ottenute correndo in tandem con Franco Alimena, consigliere eletto molto vicino ad Enza Bruno Bossio…
«Io ero accoppiata con Alimena, ma anche con Francesco Graziadio. Con Alimena avevamo lavorato insieme in Regione, avevamo un rapporto personale, comunque era una diversa fase politica del Pd.»
Ma lei è ancora del Pd?
«Venerdì è successa una questione importante. La mia conferenza stampa è diventata un’assemblea di chi ha mal sopportato questa estromissione».
Ma come continuerà il suo impegno?
«Guardi, io nel 2018 non mi volevo candidare alle Politiche nel listino. Fu proprio Enza Bruno Bossio, e la ringrazio di quel consiglio, che mi fece notare che io facevo già politica con il mio impegno quotidiano tra la gente. Ecco, io a quello voglio tornare».
Ma nel Pd o fuori?
«Non lo so ancora. Il gattopardismo non mi appartiene».
(redazione@corrierecal.it)
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