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CALABRIA DELL’ALTRO MONDO

Peppe Valarioti , l’intellettuale calabrese che sfidò la ‘ndrangheta – VIDEO INCHIESTA

Il «partito dei vecchi tromboni», i nomi dei malandrini urlati durante i comizi e una vicenda giuridica segnata dai «depistaggi»

Pubblicato il: 11/10/2023 – 15:30
di Fabio Benincasa
Peppe Valarioti , l’intellettuale calabrese che sfidò la ‘ndrangheta – VIDEO INCHIESTA

ROSARNO La Calabria non è una terra immobile. Sbaglia chi pensa sia solo dominata dall’oppressiva presenza della ‘ndrangheta, dal fatalismo e dal familismo amorale. La storia è piena di esempi concreti di donne e uomini che anche a costo della vita hanno lottato e tentato di rendere la Calabria un posto migliore. Come Giuseppe Valarioti, per tutti “Peppe”, protagonista della terza puntata di “Calabria dell’altro mondo”, il format di inchieste de “L’altro Corriere Tv”.
I suoi occhiali avvolti in una montatura spessa e nera nascondono gli occhi vivaci di un giovane appassionato di storia e filosofia, di Platone e Aristotele, legato alla sua terra di origine: Rosarno. Peppe brucia le tappe, si laurea giovanissimo con il massimo dei voti e a soli 24 anni diventa un professore di italiano. «Diceva che la scuola può arrivare dove la politica non arriva», sussurra Carmela Ferro amica e fidanzata di Valarioti.
Nella sua stanza, in una delle vie del centro di Rosarno studia tutto il giorno e nei ritagli di tempo accoglie amici e conoscenti per aiutarli nello studio, offre ripetizioni poggiato sui cofani delle macchine parcheggiate nel vicolo, insegna agli studenti la virtù etica e il giusto mezzo di Aristotele. «Molte cose che riguardavano la vita di Peppe, i suoi familiari le hanno scoperte solo dopo la sua morte: lo vedevano spesso trascorrere la maggior parte del suo tempo chiuso in stanza», dice Vanessa Ciurleo, pronipote del segretario del Pci assassinato dalla ‘ndrangheta.

«Il partito dei vecchi tromboni»

In una vita scandita da libri e musica, Peppe coltiva la passione per la politica. Si avvicina al Partito comunista: sono gli anni delle rivolte, delle lotte per i diritti sociali, per la libertà. Valarioti – come racconta il suo amico e compagno Rocco Lentini – considera il Pci «un pachiderma, il grande elefante dei vecchi tromboni, ma l’unica forza in grado di dare un senso alla lotta a sostegno delle fasce più deboli della popolazione». Inizia la militanza, scandita da roventi comizi. Valarioti, dal palco, urla nomi e cognomi dei malandrini rosarnesi ritenuti responsabili del declino di un territorio piegato dal crimine. Una scena che ricorda la vivace ribellione di Peppino Impastato, ucciso da Cosa Nostra.

Rocco Lentini – Scrittore

La ‘ndrangheta punta la Cooperativa Rinascita

La ‘ndrangheta muta a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 e da mala contadina inizia a trasformarsi in una associazione dedita agli affari, interessata agli appalti. La mala della Piana punta la “Cooperativa Rinascita“, costituita nel 1971. Il fatturato miliardario aveva attirato gli appetiti dei clan che tentarono di infiltrarla desiderosi di mettere le mani su una grossa fetta dei fondi nazionali ed europei. «Ci sono due aspetti della vicenda di Peppe Valarioti che meritano di essere affrontati – racconta Lentini – da una parte, il tentativo del partito di difendere l’unicità e di conseguenza la Cooperativa Rinascita e dall’altra i depistaggi che, ancora oggi ad oltre 40 anni dall’omicidio, non consentono di avere una giustizia, neanche formale. Molti in Calabria potrebbero parlare e raccontare quanto è avvenuto». Quanto accade nel partito comunista e al di fuori delle stanze del Pci, non influenza l’agire di Valarioti che continua a riempire le piazze, a parlare alle donne e agli uomini di Rosarno. E qualcosa accade. Nelle elezioni del 1980, il Pci stravince ed ottiene un consenso mai visto. Il segretario del partito e leader carismatico dei comunisti rosarnesi diventa un nemico da combattere, un uomo scomodo da eliminare. Quella vittoria sarà la sua condanna a morte.

«Mi spararu, mi spararu»

E’ l’11 giugno 1980, all’uscita da un ristorante – dopo una serata trascorsa a festeggiare insieme ai compagni – Valarioti lascia il locale e raggiunge la sua auto per fare ritorno a casa. Si sentono i colpi di lupara, tutti corrono al capezzale del segretario del Pci. Il primo è Giuseppe Lavorato, che poi diventerà sindaco di Rosarno. «Mi spararu, mi spararu» sussurrò Peppe stretto tra le braccia del suo migliore amico. Poi l’inutile corsa in ospedale, la lunga attesa prima del responso dei medici: la notizia «ci trafisse il cuore». «Sono ancora convinto – dice Lavorato – che non si raggiunsero i colpevoli perché fu abbandonata la pista che dello scontro politico-sociale, che era sotto gli occhi di tutti. Pensare che quelle nostre denunce non abbiamo alcun rapporto con l’assassinio del segretario politico di una della sezione più combattive del Pci, significa essere fuori dal mondo», chiosa l’ex primo cittadino rosarnese.
Carmela Ferro attende ancora di vederlo arrivare a bordo della sua auto per «trascorrere una giornata insieme». «Ho amato il suo essere impegnato, generoso, altruista – racconta – aveva una attenzione unica per i problemi della sua terra, la sua passione arrivava al cuore». Peppino Lavorato sogna di «riabbracciarlo». Nessuno ha dimenticato Peppe Valarioti che oggi rivive nell’impegno di Libera, dei ragazzi del Collettivo Valarioti, di Vanessa Ciurleo che ci ha accolti nella casa che fu di Peppe e che presto diventerà un museo della memoria, del ricordo e dell’impegno.

Per Libera è «un modello da imitare»

Alla memoria di Peppe Valarioti è intitolato il Presidio di Libera di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. «Poteva andare fuori ma è rimasto nel suo territorio, si è impegnato nella valorizzazione del Parco archeologico, ha sostenuto nello studio i ragazzi del quartiere», racconta Teresa Famà, referente di Libera Palmi. «Quella di Valarioti è una figura è importante soprattutto per noi Libera, è un modello da imitare per l’attività che svolgiamo. Cerchiamo di educare e smuovere le coscienze».

Teresa Famà – Libera Palmi

Il collettivo Valarioti

A distanza di 40 anni dal primo omicidio politico della Calabria, un gruppo di studenti, ricercatrici e ricercatori calabresi sparsi per l’Europa, ha deciso di dar vita al “Collettivo Valarioti“. «Ad ispirarci è stata la figura di Valarioti inserita nel contesto delle lotte bracciantili e in quello più ampio della situazione critica della piana di Gioia Tauro e della Tendopoli di San Ferdinando», sostiene Daniele Armellino, uno dei membri del collettivo.

Daniele Armellino – Collettivo Valarioti

«Un conto è interrogarsi su cosa abbia rappresentato Valarioti, un altro è chiedersi cosa rappresenta oggi. Per noi è un modello per chiunque voglia porsi il problema della lotta per l’emancipazione». (redazione@corrierecal.it)

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