COSENZA Sul caso Terme Luigiane il Consiglio di Stato (Sezione Quinta, con sentenza n. 8889/2023, pubblicata oggi), ha accolto gli appelli proposti dai Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese contro la sentenza del Tar Calabria che, all’esito di ben quattro giudizi azionati dalla società Sateca S.p.A. (dei quali tre dichiarati inammissibili e/o rigettati nel merito in primo grado), aveva accolto un solo ricorso inerente alle attività di acquisizione dei beni appartenenti alle “Terme Luigiane” da parte delle amministrazioni comunali a seguito dell’illegittimo rifiuto della società di restituirli. A comunicarlo sono i legali Giuseppe Porzio e Valerio Zicaro.
«Il Tar Calabria – spiegano gli avvocati cosentini – aveva ritenuto, dunque, illegittima tale attività, ritenendo (erroneamente) valida ed efficace la proroga del termine di durata della subconcessione, quasi centenaria (un unicum a livello continentale), in favore della Società. Le amministrazioni comunali, ritenendo la decisione di primo grado illegittima – e nonostante il rifiuto, da parte della Società, di eseguire, nelle more, la sentenza di primo grado – avevano proposto appello innanzi al Consiglio di Stato, evidenziando “l’erroneità della sentenza per avere, sostanzialmente, riconosciuto il diritto vantato dalla Società alla prosecuzione delle proprie attività sulla scorta dell’implicita – perché giammai, formalmente, esternata dal giudicante – vigenza della proroga della subconcessione quasi centenaria in capo a Sateca”».
Secondo i due Comuni del Tirreno cosentino «“la sentenza avrebbe ritenuto erroneamente che quegli accordi attribuissero alla Società il diritto di continuare a svolgere le proprie attività anche oltre la data del 31 dicembre 2020, qualora le procedure di scelta del nuovo contraente avessero ecceduto tale data, rispondendo ciò a finalità anche di interesse pubblico, quali la prosecuzione della gestione del servizio pubblico”. Ebbene, il Consiglio di Stato, accogliendo in toto le tesi difensive proposte dagli avvocati Giuseppe Porzio, Monica Santoro e Valerio Zicaro, ha riformato la sentenza del Tar Calabria con reiezione del (residuo) ricorso di primo grado proposto da Sateca S.p.A».
In particolare i giudici di Palazzo Spada, «condividendo in pieno le tesi dei Comuni appellanti, hanno affermato l’insussistenza di qualsivoglia legittimazione in capo a Sateca “a continuare a detenere i beni del compendio termale anche successivamente alla scadenza della concessione”, per due ordini di ragioni: “a) innanzitutto, in ossequio ai principi generali dell’azione amministrativa e in applicazione del granitico orientamento della giurisprudenza amministrativa sull’illegittimità della proroga emessa successivamente alla scadenza del termine di efficacia dell’atto da prorogare; b) facendo puntuale applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza europea e amministrativa e, da ultimo, dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (decisioni numero 17-18 del 2021) sulla temporaneità delle concessioni”».
Per Porzio, Santoro e Zicaro «il Consiglio di Stato mette la parola fine ad una vertenza che è stata, quantomeno negli ultimi tre anni, utilizzata come strumento di attacco nei confronti delle Amministrazioni interessate (anche con paventate azioni risarcitorie), di tutti coloro i quali hanno sempre sostenuto e difeso il diritto dei Comuni e delle popolazioni rappresentate di riappropriarsi di beni appartenenti alla proprietà pubblica da troppo tempo ‘espropriati’ da un soggetto privato e, lo si consenta, anche e soprattutto nei confronti dei difensori degli Enti i quali sono stati oggetto di una feroce campagna stampa (per fortuna, solo da parte di talune testate online di infimo valore alle quali questo comunicato non viene, ovviamente, inviato) e di contumelie anche in sede contenziosa. Lo avevamo scritto, anzitempo, che si trattava di una favola (di Sateca): ma che le favole, come quelle di Esopo, nascondono sempre una morale e, una di queste, in particolare, ci insegna che la cupidigia porta a perdere anche ciò che si possiede. Ci auguriamo che costoro, almeno oggi, provino vergogna, ricordando che esiste, sempre, un giudice a Berlino! E quel giudice, oggi, è, finalmente, arrivato», concludono i legali.
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