REGGIO CALABRIA Giudici in camera di consiglio. Si avvia verso la conclusione il processo di secondo grado che vede alla sbarra l’ex sindaco di Riace Domenico Lucano e altri 16 imputati. L’ex primo cittadino è oggi assente in aula e aspetterà la decisione (che potrebbe arrivare in tarda mattinata o nel primo pomeriggio) dei giudici nel piccolo borgo diventato in tutto il mondo simbolo dell’accoglienza.
L’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari, ha chiesto per Lucano una condanna di 10 anni e 5 mesi di reclusione. Nel corso della scorsa udienza i legali di Lucano, gli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Daqua, avevano chiesto alla corte – presieduta dal giudice Elisabetta Palumbo (giudici relatori Davide Lauro e Massimo Minniti) – di ribaltare la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che in 900 pagine di motivazioni ha condannato il creatore del “Modello Riace” a 13 anni e due mesi di reclusione e 700mila euro di risarcimenti. L’accusa, sulla base dell’inchiesta “Xenia”, è di aver utilizzato i fondi destinati all’accoglienza dei migranti per trarre vantaggi personali. Associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Queste, a vario titolo, le accuse della Procura di Locri che ha attaccato in toto il sistema alla base del celebre “Modello Riace”. Secondo la difesa, quella di Lucano è una «innocenza documentalmente provata» poiché l’obiettivo dell’ex sindaco di Riace «era uno solo ed in linea con quanto riportato nei manuali Sprar: l’accoglienza e l’integrazione. Non c’è una sola emergenza dibattimentale (intercettazioni incluse) dalla quale si possa desumere che il fine che ha mosso l’agire del Lucano sia stato diverso». Nelle motivazioni d’appello i legali rilevano che in sentenza c’è stato un «uso smodato delle intercettazioni telefoniche, conferite in motivazione nella loro integralità attraverso la tecnica del copia/incolla». Intercettazioni che, in molti casi, secondo gli avvocati, sarebbero inutilizzabili. (redazione@corrierecal.it)
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