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Smartphone e sim nei contenitori col sugo. I metodi del boss per comunicare dal carcere

Il ruolo del figlio, l’app di messaggistica e minicellulari. Come Edoardo Mangiola riusciva a parlare con gli affiliati durante la detenzione

Pubblicato il: 13/10/2023 – 20:07
di Marco Russo
Smartphone e sim nei contenitori col sugo. I metodi del boss per comunicare dal carcere

REGGIO CALABRIA Un contenitore tupperware ricoperto di sugo, carta carbone e un doppiofondo al cui interno nascondere lo smartphone. Un meticoloso sistema di comunicazione creato dal boss Edoardo Mangiola e che prevedeva l’uso di minicellulari, app di messaggistica e schede sim intestate a persone fittizie. L’inchiesta Atto Quarto ha evidenziato come il boss di Spirito Santo fosse riuscito a creare un canale di comunicazione perfettamente funzionante dall’interno del carcere. Gli inquirenti, tramite l’ausilio delle intercettazioni, sono riusciti a ricostruire il modus operandi del boss per eludere le restrizioni dovute alla reclusione. Un sistema in cui a svolgere un ruolo fondamentale sarebbe stato il figlio Beniamino, il quale con la sua condotta «permetteva al padre ristretto in carcere di effettuare liberamente comunicazioni con l’esterno».

L’aiuto del figlio Beniamino

Telefoni piccoli «come accendini», in grado di passare inosservati ai controlli della polizia penitenziaria, e schede sim intestate a persone fittizie. Nel sistema di comunicazione costruito da Edoardo Mangiola, il figlio Beniamino avrebbe avuto un ruolo cruciale. Le loro telefonate spaziavano da temi processuali a somme di denaro che i parenti avrebbero dovuto riscuotere. In aggiunta, Beniamino si sarebbe dovuto occupare di procurare periodicamente sim “pulite” e nuovi minicellulari. «Vediamo come puoi fare.. lo prendiamo e poi vediamo. Lo facciamo entrare con un pacco». Lo stesso boss impartiva poi consigli sulle strategie di occultamento per l’introduzione all’interno del carcere.

I metodi di occultamento

Per eludere i controlli della Polizia Penitenziaria Edoardo Mangiola suggeriva al figlio di nascondere il telefono «sotto i testicoli, avvolgendolo con della pellicola trasparente e con del nastro isolante di colore bianco». Tuttavia, gli agenti della polizia penitenziaria, avvisati dagli inquirenti, «procedevano al controllo e al successivo rinvenimento dell’apparecchio telefonico». Il piano fallito non avrebbe comunque scoraggiato Edoardo Mangiola. A pochi giorni dal sequestro e dalla denuncia del figlio, il boss avrebbe tentato nuovamente l’impresa. Questa volta, avvalendosi dell’aiuto del sodale Francesco “Ciccio” Palmisano. Su disposizione di Mangiola, Palmisano avrebbe dovuto realizzare «un doppio fondo di contenitore di tipo tupperware contenente della carne al sugo e da rivestire con della carta carbone, al cui interno occultare uno o più apparecchi radiomobili». Per la spedizione all’interno del penitenziario se ne sarebbe poi occupato il figlio Beniamino, coinvolgendo un terzo detenuto al fine di depistare eventuali sospetti.

L’app con sistema militare

Mangiola avrebbe poi richiesto a Biagio Surace (indagato a piede libero) l’installazione di Signal, app di messaggistica che garantiva una comunicazione criptata di tipo militare e che necessitava soltanto dell’accesso a internet. La soluzione avrebbe consentito al boss di non dipendere più dalle sim, considerate troppo insicure e costose. Un elemento che conferma l’attenzione delle cosche verso le nuove tecnologie e gli strumenti digitali. L’articolato sistema di comunicazione prevedeva anche l’utilizzo di un linguaggio criptico. In un dialogo tra Beniamino e il padre sulla fornitura tramite una terza persona di altre schede, il boss esorta il figlio a utilizzare parole in codice: «Gli dici: signora mi diceva mio papà che gli avete spedito una tuta (le schede sim, ndr) però ancora non è arrivata..». Allo stesso modo, i Mangiola concordavano l’utilizzo dell’espressione «portami un giubbotto» per indicare il via libera alla riaccensione delle sim. Questo sistema di comunicazione, secondo gli inquirenti, avrebbe consentito a Edoardo Mangiola di continuare a gestire gli illeciti della cosca, disponendo la riscossione di crediti e proventi estorsivi, mantenendo il suo ruolo di direttivo all’interno dell’associazione mafiosa. (redazione@corrierecal.it)

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