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l’udienza

Rinascita Scott, inizia la camera di consiglio. Sentenza non prima del 6 novembre – VIDEO

Volge al termine il maxi processo contro la ‘ndrangheta vibonese. Nessun replica da parte dell’accusa. Chiesti dalla Dda di Catanzaro 4.700 anni di carcere per 338 imputati

Pubblicato il: 16/10/2023 – 12:53
di Alessia Truzzolillo
Rinascita Scott, inizia la camera di consiglio. Sentenza non prima del 6 novembre – VIDEO

LAMEZIA TERME A mezzogiorno il Tribunale di Vibo Valentia – Brigida Cavasino presidente, Claudia Caputo e Germana Radice a latere – che presiede al processo Rinascita Scott nell’aula bunker di Lamezia Terme si è ritirato in camera di consiglio.
L’udienza di oggi era dedicata alle repliche dell’accusa ma il sostituto procuratore Antonio De Bernardo ha ritenuto esaustivo quanto emerso dal dibattimento e a ha rinunciato ad intervenire. Chiuso, quindi, il dibattimento il collegio ha annunciato il ritiro in camera di consiglio.
Il presidente Cavasino ha informato che verrà data notizia della lettura della sentenza non prima del sei novembre prossimo. Nel maxi processo contro la ‘ndrangheta vibonese e i suoi sodali ci sono 338 imputati nei confronti dei quali sono state invocate 322 richieste di condanna tra i 30 e un anno di reclusione per un totale di 4.744 anni e 10 mesi di carcere. La Dda di Catanzaro lo scorso sette giugno ha invocato anche 13 assoluzioni e 3 nullità del decreto che dispone il giudizio o prescrizione. Il processo ha avuto inizio il 13 gennaio 2021. Dopo due anni e nove mesi il maxi procedimento sta volgendo al termine in tempi che possono essere considerati rapidissimi per un processo di queste dimensioni. L’accusa è stata retta in aula dai pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci, Andrea Mancuso e Andrea Buzzelli. Applicato al processo è stato anche il procuratore Nicola Gratteri.
Gli imputati dovranno rispondere, a vario titolo, di oltre 400 capi di imputazione, tra i quali associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, usura, riciclaggio, detenzione illegale di armi ed esplosivo, ricettazione, traffico di influenze illecite, trasferimento fraudolento di valori, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio, abuso d’ufficio aggravato, traffico di droga.

Imputati e accuse

Tra i 338 imputati vi sono nomi eccellenti come quello dell’avvocato, ex parlamentare ed ex massone Giancarlo Pittelli (chiesti per lui 17 anni di reclusione), accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per avere favorito, grazie al proprio patrimonio di conoscenze, la cosca Mancuso di Limbadi. Tra questi, a ricevere i servigi di Pittelli, ci sarebbe stato l’imprenditore Rocco Delfino, chiesti per lui 12 anni. Di lui, durante la requisitoria, il pubblico ministero Annamaria Frustaci ha detto che è un uomo capace di «arrivare ovunque». Sarebbe stato il boss Luigi Mancuso (per il quale si procede con un processo separato) a mettere in contatto Pittelli con Delfino. Pittelli, a sua volta, avrebbe istigato il tenente colonnello dell’Arma dei carabinieri Giorgio Naselli (chiesti 8 anni di reclusione) ad acquisire notizie coperte da segreto d’ufficio per agevolare Delfino. Altra divisa “infedele” implicata nel processo Rinascita Scott è Michele Marinaro (chiesti 17 anni di reclusione) ex finanziere in servizio alla Dia di Catanzaro e successivamente alle dipendenze della Presidenza del Consiglio nella sede di Reggio Calabria. È accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per avere fornito, tramite Pittelli, notizie sulle attività investigative in atto nei confronti degli esponenti della ‘ndrangheta vibonese.
Intorno alla cosca Mancuso, secondo l’accusa, orbitavano imprenditori come Gianfranco Ferrante (chiesti 26 anni) proprietario del noto Cin Cin bar di Vibo, situato difronte all’ospedale cittadino. È accusato di associazione mafiosa. Alla stregua di Giovanni Giamborino, (chiesti 20 anni) e altri fedelissimi al gruppo comandato da Luigi Mancuso, Ferrante è considerato un partecipe impiegato nella soluzione di questioni relative a vicende economico/commerciali. Altro imprenditore accusato di associazione mafiosa è Mario Lo Riggio, (22 anni) ritenuto intraneo alla cosca Fiarè-Gasparro-Razionale di San Gregorio d’Ippona.
Anche gli ex imprenditori noti nel settore dell’abbigliamento, Mario (29 anni)e Umberto Maurizio Artusa (26 anni), sono finiti nelle maglie dell’inchiesta con l’accusa di associazione mafiosa. Avrebbero reimpiegato il denaro dei Mancuso nella loro società, collaborando anche nella gestione di attività estorsive e nella trasmissione d’imbasciate.
Tra i colletti bianchi figura anche l’avvocato Francesco Stilo (chiesti 15 anni). Per lui l’accusa è di concorso esterno per avere instaurato con la ’ndrangheta (si citano le cosche Mancuso, Lo Bianco-Barba, Pardea Ranisi, Fiarè-Razionale-Gasparro e Accorinti) uno stabile rapporto di tipo collusivo, fornendo agli associati informazioni coperte da segreto istruttorio.
Avrebbe rivelato alle cosche informazioni coperte da segreto istruttorio anche Antonio Ventura (chiesti 18 anni), all’epoca dei fatti appuntato scelto in servizio nel Reparto operativo Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Vibo Valentia.
L’ex sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo (chiesti 18 anni), è accusato di concorso esterno per avere favorito la cosca Razionale-Gasparro e la ‘ndrina di Pizzo, sia nella sua veste di primo cittadino che nella qualità di imprenditore del settore alberghiero. Come sindaco è accusato di due ipotesi di abuso d’ufficio aggravato dalle modalità mafiose. Chiesto un anno e sei mesi per l’ex assessore regionale Luigi Incarnato.
Di associazione mafiosa è invece accusato un altro politico, Pietro Giamborino (20 anni), ex consigliere regionale. Avrebbe fatto parte della cosca di Piscopio, quartiere di Vibo del quale è originario. In cambio dei voti procacciati dagli associati si sarebbe messo a disposizione promettendo lavori e appalti.
Richiesta di condanna importante anche per il boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale (chiesto 30 anni di reclusione) avrebbe fatto parte del direttorio criminale, la cosiddetta “caddara”, operante nel Vibonese. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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