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Se c’è una guerra religiosa senza Dio

Il grave attentato di Bruxelles ha riaperto le ferite della presenza del terrorismo islamico in Europa. Sono oltre trenta milioni i musulmani che vivono nel continente, più un numero imprecisato d…

Pubblicato il: 17/10/2023 – 17:16
di Mario Campanella
Se c’è una guerra religiosa senza Dio


Il grave attentato di Bruxelles ha riaperto le ferite della presenza del terrorismo islamico in Europa. Sono oltre trenta milioni i musulmani che vivono nel continente, più un numero imprecisato di clandestini. È persino ultroneo ribadire che la gran parte di essi non ha nulla a che fare con il terrorismo ma non sarebbe sbagliato pensare, come scrive Ugo Tassinari, che esistano cellule dormienti pronte ad agire. Fu così a Madrid e a Londra e per certi versi anche nelle tragedie che riguardarono la Francia dal Bataclan in poi.
L’islam, dopo i fatti di Gaza, mostra la sua versione jihadista in Europa e lo fa dopo che sunniti e sciiti, da sempre avversari, hanno trovato una tragica linea comune contro Israele.
Ma il meccanismo è ancora più complesso e investe ciò che è accaduto nel Novecento. La prima parte del secolo scorso ha vissuto due guerre planetarie, con la seconda causata in gran parte dalle conseguenze disastrose di Versailles. Due guerre accompagnate da una rivoluzione in Russia che ha poi diviso il mondo in due blocchi.
Molti analisti americani, presi dal furore anticomunista, iniziarono a proporre già negli anni settanta l’idea che la fine delle ideologie potesse corrispondere con un benessere globale. Una teoria ripresa a maggior ragione dopo la caduta del muro e censurata esclusivamente dalla dottrina sociale della Chiesa, che cercava una posizione terza. L’islam contemporaneamente ha vissuto una fase antitetica. L’unico Paese laico, l’Iran , è stato completamente teocratizzato e la radicalizzazione religiosa ha coinvolto pressoché tutti i paesi. Molti sottovalutano l’errore commesso dall’Urss nella invasione dell’Afghanistan e il ruolo recitato dal mondo arabo nella implosione del sistema sovietico. Lo stesso Khomeini, dopo la rivoluzione di Teheran, ebbe a dire che i mali del mondo erano “ l’Occidente corrotto, il comunismo e l’assenza di Dio “, smentendo le ipotesi che la vecchia Persia, quasi una colonia americana, fosse finita in mano al socialismo reale.
Elencare gli errori commessi da noi occidentali sarebbe impossibile: l’assurda guerra in Iraq ( oggi in mano all’Isis) dove esisteva un vice presidente cristiano coopto, Terek Aziz, e le chiese erano aperte. L’assurda primavera araba, capace di destabilizzare il Corno d’Africa . Ma anche l’illusione di pensare a un’integrazione perfetta che significasse positivismo per le comunità musulmane. Che invece rifiutano l’idea della società perfetta rilanciata da un cattolico come Franco Cardini, in cui “ coesistono Dio e laicismo “. In questa guerra religiosa noi non siamo più cristiani da tempo, mentre l’islam è ancorato prevalentemente a un’idea inscindibile con la spiritualità. Con le differenze esistenti fra le tre grandi religioni monoteiste. In sostanza se noi applicassimo il pensiero cristiano dovremmo bandire rappresaglia e vendette, mentre le radicalizzazioni del messaggio islamico parlano della necessità della guerra e della violenza in molti casi proprio come “porta aperta verso Dio”.
La stessa Chiesa sembra avere rimosso lo straordinario discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, pietra miliare non solo della differenza teologica ma anche porta aperta di dialogo interreligioso.
L’Occidente non ha un’identità , se non la dispersione delle idee, e certamente non ha un Dio, nel senso laico che può e deve essere appropriato per le democrazie liberali. L’islam ha una conformazione che non si scinde dalla spiritualità. Basta vedere durante il Ramadan cosa accade nelle nostre strade e basta vedere quanto siano sempre più vuote le nostre chiese.
Non certo perché si debbano affrontare “guerre sante” ma per cogliere esattamente la realtà nella sua essenza. C’è una fetta radicale di islamismo che è felice di “morire nel nome di Dio” e c’è una grande scala che vive la spiritualità come essenza di vita. Di contro l’Occidente fatica a riconoscere la sua vacuità valoriale. Che non era affatto solo religiosa ma politica. Il flusso delle utopie era anche garanzia di attenzione sociale. Il vuoto esistenziale, soprattutto in un’Europa che ha il peso di una tradizione culturale dimenticata, apre i varchi all’estremismo. E ci ricorda l’esigenza insopprimibile degli ideali. Che non hanno conio.

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