ROSARNO Ci sono 93 posti letto in 16 unità abitative, casette completamente arredate, con aria condizionata, biancheria e stoviglie. È il “Villaggio della Solidarietà” ideato a Rosarno per i braccianti immigrati le cui porte avrebbero dovuto aprirsi già a giugno. Ma, la gara per la sua gestione è andata deserta. Lo scrive oggi “L’Avvenire” in un articolo in cui è stata ricostruita la storia recente del centro reggino, chiamato al voto domenica e reduce dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose. «Nessuno ha presentato domanda anche all’ultimo bando che prevedeva la gestione per tre mesi pagati 33mila euro. Non potevamo fare di più perché il 22 ottobre Rosarno torna al voto. Toccherà alla nuova giunta comunale riprovarci. Noi lasciamo tutto pronto, chiavi in mano». È questo il commento del viceprefetto Antonio Giannelli al quotidiano
Una storia per la verità lunga oltre 14 anni, dall’aprile del 2009 quando la commissione straordinaria che guidava proprio il Comune di Rosarno all’epoca «aveva presentato un progetto – è scritto nell’articolo – da realizzare nell’area della BetomMedma, ex cementificio confiscato alla cosca Bellocco e finanziato con 2 milioni di euro dal ministero dell’interno». I lavori partono ma qualche anno dopo, nel 2013, i lavori si bloccano a causa di una interdittiva antimafia. Passano gli anni, fino al 2021 con l’arresto dell’ex sindaco di Rosarno e il nuovo scioglimento dell’ente. «I tre commissari – ricostruisce L’Avvenire – hanno ripreso in mano la vicenda, è stata realizzata una nuova recinzione, le casette sono state ritinteggiate, riparati i danni, con una spesa di 70mila euro sempre del ministero dell’interno». E poi c’è il campo container di Testa dell’acqua, realizzato dopo la rivolta degli immigrati del 7 gennaio 2010, come soluzione provvisoria e ancora lì nel degrado. «Anche questo lasciamo in eredità alla nuova amministrazione» spiega a L’Avvenire Giannelli «assieme a 300mila euro, sempre del ministero per eseguire i lavori».
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