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La parabola politica di Doris Lo Moro

Il contributo che la già sindaca è disponibile a dare al Pd appare ispirato dalla consapevolezza che all’orizzonte di giganti non se ne vedono molti

Pubblicato il: 19/10/2023 – 13:08
di Ugo Floro
La parabola politica di Doris Lo Moro

È una Doris in grande spolvero quella che ieri sera ha partecipato al nostro “Telesuonano”, per certi versi ritrovata. Di sicuro una novità nell’attuale depresso scenario politico. Brillante, pungente, scevra dai silenzianti lacci dei prestigiosi incarichi giudiziari che ha ricoperto fino alla data del recente pensionamento, e pronta a rimettersi in gioco con un sorprendente supplemento di entusiasmo che i futuri costruttori dell’alleanza progressista farebbero bene a non sottovalutare, tenendo anche conto di quanto l’ex parlamentare ha dichiarato: «Non ne faccio una questione di ruoli».
Va da sé che in un ipotetico “centrosinistra football club” il ruolo di una Lo Moro non potrebbe mai essere quello di panchinara, con buona pace di qualche lideressa di cartone che già la avversa nel timore che possa esserne oscurata.
Per non sottovalutare la carica di Doris, le dirigenze progressiste dovrebbero guardarsi intorno e chiedersi con tanta onestà intellettuale quanti siano ad oggi quelli che avrebbero davvero possibilità di restituire al Pd e ai suoi alleati quel bene della competitività ormai smarrito da quasi un decennio.
Da qui si parte, da questo fondamentale interrogativo, che in Calabria ha valore costituente per le sinistre, e non già dalla balla della supremazia del programma, ipocrita  artifizio retorico buono solo a dilungare i tempi, che invece vanno accelerati  perché le alternative regionali si costruiscono con congruo anticipo e possibilmente  con meno litigiosità.
La già sindaca di Lamezia Terme è disponibile a giocare, ce lo ha fatto intendere chiaramente, perché conosce benissimo il campo, gli spettatori e i punti deboli degli avversari, ma a  patto che le si faccia disputare una partita vera e stimolante al tempo stesso, perché di sfide dall’esito scontato – e favorevole al centrodestra con almeno un anno di anticipo – la debole democrazia calabrese ne ha già viste parecchie.
E francamente sono di una noia mortale, non solo per noi poveri osservatori che ormai guardiamo ai match per la conquista della Cittadella con la stessa “gioia” di Fantozzi davanti alla corazzata Potemkin, ma anche per quei tanti cittadini-elettori abituati a  gonfiare le reti dell’astensionismo per eccesso di repliche.
Il contributo che l’ex assessore regionale alla sanità è disponibile a dare al centrosinistra, per come ha dichiarato davanti alle nostre telecamere, appare reale, convinto, ispirato dalla riconquistata libertà di movimento e probabilmente anche dalla consapevolezza che all’orizzonte  di giganti non è che  se ne vedano molti.
Il binario tuttavia sul quale questo contributo dovrà correre spetta alle leadership sceglierlo o meglio, proporlo.
Poi potrebbe anche non esserci nessuna proposta, sia ben chiaro, o potrebbe esserci ma non essere accettata, o potrebbe accadere che spunti il giovanissimo candidato/a  presidente trascinatore capace di giocarsela con Occhiuto, o ancora che emerga una soluzione al ribasso con il solito burosauro calato da questa o quella amministrazione, con l’appeal di una cartella esattoriale, ipotesi non da scartare negli ambienti a rischio rassegnazione cosmica come sono certe correnti democrat. Ma fino a quando gli identikit di cui sopra non avranno sembianze umane, Doris Lo Moro non perderà un grammo del suo attuale e ritrovato status, che, lo si voglia o meno, è quello di opportunità per una opposizione che nutra seriamente il desiderio di farsi maggioranza. Da distinguere da certa minoranza che tale desiderio non ce l’ha perché interessata a coltivare rendite di nicchia e a pagare l’affitto ai vecchi padroni di provincia anziché farsi la casa nuova. È questo il primo grande avversario del centrosinistra: il suo gemello perverso e  diverso, sconfitto il quale si potrà finalmente  pensare di affrontare il centrodestra.

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