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“Perfido”, i tentacoli della ‘Ndrangheta nel tessuto sociale ed economico del Trentino

È quanto è emerso dalle motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di primo grado, in cui sono state condannate otto persone

Pubblicato il: 19/10/2023 – 11:39
“Perfido”, i tentacoli della ‘Ndrangheta nel tessuto sociale ed economico del Trentino

TRENTO Oltre a quella del Porfido, i tentacoli della ‘ndrangheta avrebbero potuto toccare altre attività economiche. A bloccare questa possibilità sono state le indagini dei carabinieri. È quanto emerge in uno dei punti contenuti nella sentenza della Corte d’assise di primo grado depositata al Tribunale di Trento, su un filone del processo “Perfido” sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Trentino Alto Adige. A rivelarlo è il quotidiano” l’Adige.it”.  
Lo scorso mese di luglio gli otto imputati del processo che avevano scelto il rito abbreviato, sono stati tutti condannati per un totale di 76 anni di reclusione. Il dibattimento aveva evidenziato come alcuni soggetti di origine calabrese con precedenti penali o con legami alla malavita, fossero riusciti ad infiltrarsi nel tessuto sociale ed economico trentino, non soltanto in quello della cave di porfido della Val di Cembra. Un’infiltrazione – evidenzia l’Adige.it – inizialmente «silente» tramite «l’acquisizione di attività economiche lecite sia pure attraverso l’utilizzo di liquidità e denaro di provenienza presumibilmente illecita» e successivamente più evidente con intimidazioni e aggressioni.
Nella fase iniziale, i contatti tra la cosca locale e le consorterie calabresi riguardavano essenzialmente un territorio specifico, quello della Val di Cembra e del Comune di Lona Lanes per il controllo del cosiddetto “oro rosso”. Ma la “locale” trentina – ha sottolineato la Corte – si è poi allargata, a tal punto da provare ad acquisire altre attività imprenditoriali di vari settori, anche «grazie alla condotta compiacente della Stazione locale dei Carabinieri», tramite «metodi gravemente intimidatori» o attraverso «l’acquisizione di cariche amministrative comunali».
Come specificato dall’Adige.it, sono tre le cosche di riferimento citate, Serraino, Iamonte e Paviglianiti. Il sodalizio criminale spesso si riuniva in incontri conviviali, anche nei casi in cui un esponente del sodalizio criminale raggiungeva il Trentino. «Tali soggetti si sono sempre presentati da Macheda (definito dalla Procura capo dell’associazione locale ndr)». Viene comunque specificato, anche tramite il riscontro di numerose intercettazioni telefoniche, come l’organizzazione criminale trentina, dotata di uomini, armi e importanti risorse economiche, negli anni avesse ormai acquisito una propria autonomia sulla gestione dell’intero territorio. Un’organizzazione che era riuscita a penetrare nelle istituzioni, intrattenendo rapporti con figure politiche della zona. Nelle motivazioni si fa riferimento anche all’ex consigliere comunale e poi assessore alle cave del comune di Lona Lase Giuseppe Battaglia, ma anche al fratello Pietro Battaglia, consigliere dell’Asuc, società che rilascia le concessioni per l’estrazione e la lavorazione del porfido.

Gratteri: «Nel nordest problema radicato da tempo»

A proposito del processo Perfido, il nuovo procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri, intervistato ieri da iltquotidiano.it, ha confermato come «il radicamento nel nordest c’è da tantissimo tempo, in Veneto come in Trentino. Finalmente sono arrivati a sentenza dei buoni lavori fatti da una buona procura e da investigatori di primo piano. La politica e l’opinione pubblica ora devono prendere atto di queste sentenze e essere consequenziali nell’affrontare sul serio questo problema, prima che diventi quasi irreversibile come in altre regioni ad alta densità mafiosa». (f.v.)

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