È pensabile che una regione del Sud possa progredire? Oppure c’è da temere che la strada imboccata conduca verso il sottosviluppo?
È pensiero comune che il Governo faccia poco perché il Mezzogiorno possa allinearsi alle regioni del Centro e del Nord; così come esiste il ragionevole sospetto che si preferiscano realtà diseguali per poterle meglio gestire. Ecco perché sarebbe opportuno che il Mezzogiorno finalmente si svegliasse e si facesse sentire, se del caso, anche ad alta voce.
Le statistiche ricordano che circa 413 mila calabresi vivono fuori dai confini regionali, che la loro età media è di 33 anni per gli uomini e 30 per le donne, che uno su cinque ha meno di 20 anni e 14 mila di essi hanno una laurea o un titolo di scuola superiore. Il che significa che mentre il Centro-Nord guadagna popolazione anche di prestigio, il Mezzogiorno la perde. Si consideri che negli ultimi dieci anni hanno lasciato le regioni del Sud circa 525 mila persone, la maggior parte delle quali giovani. Un quadro preoccupante per il Sud solo a pensare che molti giovani difficilmente faranno ritorno nella loro terra d’origine:
La Calabria ha il tasso di migrazione più alto rispetto al resto del Mezzogiorno. Tra le provincie calabresi quella che ha subìto il maggior numero di trasferimenti è sicuramente Crotone con una vera e propria emorragia di uomini e donne, molti dei quali muniti di titolo di studio superiore e altri di una laurea. Una migrazione che, è bene sottolineare, favorisce il Nord che accoglie giovani scolasticamente già formati.
La storia dell’emigrazione, come si vede, continua in Calabria e non accenna ad arrestarsi almeno finché non ci sarà uno “spiraglio di luce” per chi chiede lavoro. Troppe intelligenze lasciano la loro terra per trovare al Nord di che vivere e sperare in un futuro migliore.
Sicuramente sarebbe opportuno che il Governo prenda atto del fenomeno e attivasse misure per interrompere i flussi migratori, evitando che tante persone lascino il paese d’origine alla ricerca di un lavoro che, nel contempo dia loro la possibilità di aiutare le famiglie.
Le intelligenze e le capacità professionali ci sono tutte. Manca la volontà, a chi dovrebbe averla, di porre fine al sistema. Il mezzo c’è ed è agire sapendo che potrebbe essere sufficiente destinare una parte del denaro del “Pnrr” per destinarlo al Sud con l’obbligo di migliorare l’offerta di lavoro. Ignorare tale possibilità significa procrastinare i problemi di ordine sociale che generano criticità, e non solo tra la popolazione giovane. Se può servire, si ricorda che il 73% degli italiani fa fatica a far quadrare i conti a fine mese e che una buona parte di questi vive nelle regioni del Mezzogiorno.
Senza considerare, infine, che l’emigrazione può essere considerata come causa di taluni problemi che andrebbero analizzati sia per chi intende rimanere al Nord, sia per chi spera di ritornare nella loro terra d’origine magari avendo acquisito un bagaglio tecnico-professionale che sarà per loro utile nella ricerca di un nuovo lavoro.
Così cresce una regione: oltre che con la scuola anche con il raggiungimento di una nuova qualifica professionale che possa garantire all’interessato di lavorare e vivere bene.
*giornalista
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