CATANZARO «… appare evidente la strumentalità della condotta del Greco, diretta a lanciare a Zummo minacce implicite, ma concrete, per cui se egli non avesse assecondato la richiesta estorsiva avrebbe seriamente rischiato di perdere l’attività aziendale».
In poche righe il gip Chiara Esposito riassume quello che sarebbe stato il comportamento di Pierpaolo Greco, 48 anni, curatore fallimentare della fondazione Betania, finalizzato a spingere l’amministratore delegato della società Karol Betania strutture sanitarie srl, Marco Zummo, a elargire la somma di 50mila euro per scongiurare il rischio di perdere l’attività aziendale.
Il gip sposa le considerazioni del pm della Procura di Catanzaro Domenico Assumma che nella richiesta di convalida dell’arresto e di applicazione delle misure cautelari parla di Greco che «dopo aver avanzato la sua pretesa illecita, ha offerto, a seconda della necessità, il bastone o la carota alla persona offesa, al fine di costringerla al pagamento». Greco si sarebbe avvalso della collaborazione dell’avvocato Pasquale Barbieri, 66 anni, legale della società, per portare le “imbasciate” a Zummo e ritirare il denaro. Lo scorso 19 ottobre, Greco e Barbieri sono stati arrestati in flagranza di reato dai militari del Nucleo economico finanziario della Guardia di finanza di Catanzaro. L’accusa è quella di concussione. Secondo il gip, dalle indagini «è emerso che Zummo è stato destinatario di una minaccia grave, inerente il sabotaggio della trattativa in corso ed il rischio della fine definitiva della sua attività imprenditoriale»
Ma procediamo con ordine.
C’è innanzitutto da spiegare che la Karol Betania strutture sanitarie srl ha un capitale sociale detenuto per il 51% dalla società palermitana Karol spa, sempre riconducibile allo Zummo, e al 49% dalla fondazione Betania Onlus. La Betania Onlus il 14 luglio scorso è stata posta in liquidazione giudiziale e sono stati nominati curatori l’avvocato Pierpaolo Greco ed il commercialista Nocera Antonio (non implicato in questa indagine), nonché l’avvocato Pasquale Barbieri quale legale della società.
«Per consentire di raggiungere una ipotesi conciliativa – spiega il gip – che rispondesse all’interesse di mantenere in vita l’azienda e garantire i livelli occupazionali, si era proposto ai curatori di procedere ad una vendita delle proprie quote, facendo valutare il valore nominale delle stesse da un perito che gli stessi avrebbero dovuto nominare; tuttavia, i curatori rinviavano più volte il suddetto incombente e, anzi, Greco richiedeva, tramite Barbieri, delle somme di denaro che Zummo avrebbe dovuto corrispondergli, illecitamente, per dar seguito all’accordo raggiunto». Non solo. Al fine di indurre Zummo a pagare, Greco, sempre tramite Barbieri, «gli prospettava la possibilità di scegliere, indebitamente, i componenti del comitato dei creditori che preferiva affinché si potesse arrivare serenamente alla conclusione della trattativa». Secondo la legge, la nomina è formalmente disposta dal giudice, previa però audizione del curatore. L’accusa sostiene che «il curatore Greco, dopo aver avanzato la sua pretesa illecita, ha offerto, a seconda della necessità, il bastone o la carota alla persona offesa, al fine di costringerla al pagamento»
Marco Zummo il 3 ottobre scorso si è presentato dalla Guardia di finanza di Catanzaro e ha sporto denuncia. Sono scattate le attività intercettive e di monitoraggio delle fiamme gialle dalle quali sarebbe emersa «la richiesta di Barbieri a Zummo della dazione di denaro in contanti pari a 50mila euro, da elargire in due tranche da 25mila euro cadauna. Secondo gli accordi, la consegna dei primi 25mila euro sarebbe dovuta avvenire il 19 ottobre, nei locali della Fondazione Betania Onlus, mentre la consegna dei restanti 25mila in una data successiva da definire».
I finanzieri hanno disposto immediatamente un servizio di osservazione, pedinamento e monitoraggio intercettivo per seguire tutte le fasi dello scambio di denaro.
Di più, i militari dopo aver fotografato e repertato le banconote (esattamente 24.500 euro), hanno fornito a Zummo uno zainetto dotato di apparecchiature per l’intercettazione ambientale e per la trasmissione del segnale gps.
Grazie a questi accorgimenti è stato possibile seguire i soldi, consegnati inizialmente a Barbieri che dapprima si recava, con lo zainetto, nel proprio studio legale (dove lasciava 14.500 euro) per poi recarsi nello studio di Greco dove si trattenevano per un po’ e uscivano insieme verso le 17 lasciando all’interno lo zainetto con le restanti 10mila euro.
È a questo punto che Greco e Barbieri vengono fermati dai finanzieri
Più volte, nei brogliacci dell’inchiesta, emergono le varie fasi dell’interrogatorio di Pasquale Barbieri (che è avvocato di Zummo ma al contempo anche consulente della fondazione Betania). Il gip scrive che «Barbieri, in sede di interrogatorio, ha riferito di essere stato “latore” di quanto richiesto dal Greco allo Zummo».
Appare, poi, l’argomento dei soldi trattenuti da Barbieri. Il giudice ritiene che «non risulta credibile né verosimile che lo stesso avesse messo da parte dei soldi ricevuti da Zummo al fine di tutelare quest’ultimo, dal momento che nessun accordo tra i due era stato fatto in tal senso, né Barbieri aveva edotto Zummo di tale suo proposito; quanto, infine, al titolo di credito vantato nei confronti di Greco e consistente nella risoluzione di una problematica di una causa di lavoro che aveva interessato la moglie di quest’ultimo, nulla è stato prodotto».
Barbieri è stato interrogato anche dal pm Assumma il quale scrive che l’indagato «svolge una descrizione del fatto criminoso sostanzialmente sovrapponibile ai risultati oggettivi delle indagini; nega esclusivamente la sua partecipazione patrimoniale al profitto del reato, ma anche questo dato di dettaglio emerge dai risultati delle indagini, atteso che Barbieri, dopo aver ricevuto la somma di denaro da Marco Zummo, ha trattenuto per sé la somma di 14.500 euro (rinvenuta dai finanzieri all’esito di perquisizione locale a suo carico), portando poi lo zainetto, contenente ancora la restante parte di 10mila euro, allo studio di Greco, lì lasciandolo definitivamente». Inoltre l’indagato, spiega l’accusa, «in sede di interrogatorio conferma di essersi previamente accordato con Greco affinché in occasione dell’incontro nello studio legale di Greco, egli avrebbe portato a quest’ultimo “i documenti’’, con riferimento criptico al denaro provento del reato».
La Guardia di finanza ha, inoltre, controllato i messaggi scambiati tra Greco e Barbieri. Ma, mentre sul telefono di quest’ultimo, controllato già in sede di interrogatorio davanti al pm, erano presenti le conversazioni, le stesse non apparivano sul cellulare sequestrato a Greco. «… è evidente – scrive il pm – che quest’ultimo, da esperto criminale, aveva già con previdenza cancellato i messaggi compromettenti scambiati con Barbieri».
L’accusa conclude chiedendo la detenzione in carcere per Greco e ai domiciliari per Barbieri, come avvenuto inizialmente con l’arresto in flagranza.
«Greco ha agito in modo non trasparente e sibillino – rimarca Assumma –, perché ha rigettato la proposta di Zummo, ha fatto una controproposta (nel merito economico ritenuta inaccettabile da Zummo) e però al contempo ha “menato il can per l’aia” rilanciando ulteriormente la trattativa, sollecitando Zummo a fare una ulteriore proposta a lui più conveniente. Ed allora la domanda che ci si deve porre sul punto è: posto che Greco è un curatore fallimentare e non si trattava di una mera trattativa tra privati, perché Greco, ritenuto di rigettare la proposta di Zummo, non ha direttamente formulato egli stesso una controproposta “seria”, potenzialmente accettabile da Zummo?».
Il gip Esposito ha convalidato l’arresto e ha disposto la detenzione domiciliare per entrambi gli indagati perché sussiste il pericolo di recidiva. «Vi sono esigenze cautelari – conclude il giudice – : il timore che gli indagati non si astengano in futuro da attività delittuose similari si ricava dalla gravità estrema delle condotte, avendo gli stessi fatto mercimonio delle funzioni e dei ruoli dagli stessi rivestiti, asservendoli e piegandoli ai propri interessi, ciò che denota un indole spregiudicata e di totale disinteresse e disinibizione. Ciò che rende evidente il pericolo di reiterazione del reato è anche il fatto che gli indagati rivestono tutt’ora gli incarichi ricoperti, il che costituisce una poderosa spinta criminogena. A fronte di tali elementi, la sussistenza del paventato pericolo di recidiva appare palese ed evidente». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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