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«La ‘ndrangheta ha ucciso Dodò. Oggi siamo i genitori di tutti» – VIDEO INCHIESTA

L’11enne ucciso a Crotone mentre giovava a calcio. I genitori, Francesca e Giovanni: «I killer volevano fare una strage»

Pubblicato il: 25/10/2023 – 6:30
di Fabio Benincasa
«La ‘ndrangheta ha ucciso Dodò. Oggi siamo i genitori di tutti» – VIDEO INCHIESTA

CROTONE Sono trascorsi 14 anni dalla morte di Dodò Gabriele, il bimbo di 11 anni ucciso da due killer mentre giocava a pallone in un campo di calcetto in contrada Margherita, nella periferia nord di Crotone. Domenico sorride, scherza, corre felice sognando di emulare le gesta del suo idolo: Alessandro Del Piero. In campo c’è anche il papà, Giovanni, appassionato di futbol ma interista sfegatato. «Ho provato molte volte a fargli cambiare idea sulla squadra da tifare», sorride raccontando un aneddoto in una intervista rilasciata nel corso di “Calabria dell’altro Mondo“: il format di inchiesta in onda tutti i martedì alle 21 su L’altro Corriere Tv (Canale 75 dtt).

Una serata tranquilla del 25 giugno 2009 si trasforma in tragedia. In campo, oltre a Dodò c’è anche Gabriele Marrazzo, emergente della mala locale e vittima designata di un regolamento di conti fra clan. Marrazzo muore sul colpo raggiunto dai colpi di lupara, ma i killer Andrea Tornicchio e Vincenzo Dattolo non si accontentano e sparano ancora.
I colpi feriscono altre otto persone, Dodò – invece – muore tre mesi più tardi: il 20 settembre del 2009 il suo cuore cede mentre è ricoverato all’ospedale Pugliese di Catanzaro. «E’ stata una strage», racconta il giornalista Bruno Palermo, autore del libro “Al posto sbagliato”.

«Parlo spesso con Dodò»

Giovanni e Francesca ci accolgono nella loro casa, a Crotone. Ogni angolo è tappezzato da foto di Dodò, tutte con il sorriso. Lo sguardo innocente di un bimbo vispo, allegro, cattura la nostra attenzione e alimenta gli interrogativi (senza risposta) sul perché di una simile tragedia. «Non c’è un perché ma io ho fede – risponde Giovanni Gabriele – ricordo benissimo il 20 settembre 2009 quando il dottore mi ha chiamato e mi ha detto che il cuore di Dodò ha smesso di battere. Io alzando la testa ho detto “come faccio a vivere senza di te”». Giovanni sospira e continua il racconto. «Nella tragedia, mia moglie ed io – abbiamo avuto la fortuna di incontrare molte persone che sono venute a casa a darci sostegno. Il cancello della nostra abitazione è rimasto sempre aperto. La morte di Dodò è diventata una missione, da anni andiamo nelle scuole, parliamo ai ragazzi, dialoghiamo con loro spiegando da che parte stare».

Giovanni Gabriele – Padre di Dodò Gabriele

La famiglia Gabriele si è avvicinata a Libera, l’associazione contro le mafie. «Abbiamo iniziato sin da subito a partecipare alla giornata della memoria ed a conoscere tante famiglie che come noi condividono la perdita di un loro caro». Cosa ricorda di Dodò? «A scuola dice alla maestra, “papà farà sicuramente il rappresentante di classe”. Ovviamente non mi aveva avvisato, e quando è tornato a casa mi ha detto «farai il rappresentante ma non ti preoccupare, facciamo delle prove la sera così quando arrivi sarai già preparato». Ed ecco un altro aneddoto. «Il 2008 prende carta e penna e scrive a Silvio Berlusconi, lo invita a venire a Crotone ed alla fine conclude con un messaggio alla città “rialzati Crotone“. Dodò era così». «Parlo spesso con lui – chiosa Giovanni – ancora lo immagino correre per i campetti da calcio». E se potesse rivederlo per un’ultima volta? «Lo abbraccerei».

Il dolore di una madre

Chiedere a Francesca Anastasio di tornare indietro a quel giorno è difficile. E’ un esercizio assai doloroso. «Hanno agito da incoscienti, volevano fare una cosa eclatante, non pensando di fare del male ad altri», confessa la mamma di Dodò ricordando la sera dell’agguato. «Loro dicono nelle intercettazioni – continua – che si farà una strage». Chi ha commesso quell’agguato «non si è mai pentito». «I bambini non si toccano, dobbiamo proteggerli dalla violenza ma anche l’indifferenza uccide». Francesca Anastasio asciuga le lacrime e riprende il racconto. «Il ricordo di quel 25 giugno è un incubo. Sono arrivata in ospedale e l’immagine che mi è rimasta impressa non è quella di un pronto soccorso, ma di una macelleria. Tutte quelle persone piene di sangue, mio marito che viene verso di me rassicurandomi.

Francesca Anastasio – Madre di Dodò Gabriele

All’inizio non mi hanno detto la verità su quanto accaduto, dicendomi che Dodò era caduto ma poi l’ho visto uscire dalla stanza ed aveva la testa fasciata. Non auguro a nessuno di provare le stesse sensazioni, è una cosa veramente tremenda». Francesca Anastasio così come il marito Giovanni Gabriele ha deciso di impegnarsi a sostegno delle famiglie che hanno vissuto il medesimo dolore, dei più giovani. «Ai ragazzi dico sempre di pensare con la loro testa e di studiare perché solo così posso allontanare gli appetiti criminali, riesco a non cascare nella trappola di persone spregiudicate». «Siamo diventati i genitori di tutti». Cosa le manca di Dodò? «Stare insieme, condividere tutto quello che condividevamo prima. Mi manca tutto».

«Ma quali uomini d’onore»

Al posto sbagliato. Storie di bambini vittime di mafia“, è il libro scritto dal giornalista calabrese Bruno Palermo. «Le mafie hanno sempre ucciso i bambini. Le regole per le quali donne e bambini non vanno toccati sono un falso mito», dice Palermo ai nostri microfoni soffermandosi sulla morte di Dodò. Che ha raccontato nel suo testo. «Volevo che tutti sapessero che nella città in cui sono nato e in cui vivo un ragazzino di nemmeno 11 anni era stato ucciso dalla barbarie della ‘ndrangheta».«Nel mio libro – continua – ci sono 108 storie di bambini minorenni uccisi da tutte le mafie in Italia». Eppure si definiscono uomini d’onore. «L’onore è una cosa importante, nel vocabolario della lingua italiana indica qualcosa legata alla moralità e alla dignità della persona. Non so cosa ci sia di onorevole nello sparare in testa un bambino di tre anni. Le mafie hanno sempre ucciso i bambini», chiosa Palermo.

«Speravamo di non dover organizzare una giornata dedicata a Dodò, ma dopo questa tragedia ci siamo svegliati e dopo un mese dalla sparatoria (a luglio 2009 ndr) abbiamo organizzato una partita in quel campetto», racconta Antonio Tata referente di Libera Crotone. A quella gara partecipano tutti, anche le forze dell’ordine. Era importante «rioccuparlo perché espropriato alla comunità». E sull’impegno di Libera per le vittime di ‘ndrangheta, Tata risponde così: «Non facciamo mai abbastanza».

(redazione@corrierecal.it)

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