VARESE Le mani e gli interessi della ‘ndrangheta arrivano anche nel piccolo comune di Lonate Pozzolo, in provincia di Varese. Poco più di 13.000 anime e l’esistenza di un “locale” di ‘ndrangheta che può dirsi «sicuramente accertato». Lo si apprende dai dettagli della maxinchiesta “Hydra” condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri di Milano e di Varese, coordinata dalla Dda di Milano. Sono 11 le persone arrestate su ordine del gip Tommaso Perna, ben 154 gli indagati. Dei business della mala nel piccolo borgo ci siamo già occupati, in una inchiesta firmata da Paride Leporace il 26 gennaio 2023 (leggi qui).
A supportare le indagini svolte dalla magistratura, giungono puntuali le confessioni del pentito Emanuele De Castro, già uomo di spicco del locale nella provincia di Varese. Negli ultimi mesi del 2015, l’uomo di fiducia di Vincenzo Rispoli «considerato il capo del locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo» (ne abbiamo parlato qui) viene scarcerato e avvia una progressiva attività di riaffermazione sul territorio, rappresentata dalla ricerca di locali pubblici da rilevare. Chi indaga descrive De Castro, come capace di «muoversi nel settore commerciale e finanziario, operando importanti investimenti in alcuni parcheggi riconducibili all’area aeroportuale di Milano Malpensa». Nell’agosto del 2019, De Castro chiude con il passato criminale e avvia un percorso di collaborazione con la giustizia. Fino al suo arresto manterrà un ruolo di vertice nel clan, un «capo società» o un «azionista», una posizione che gli consente di commettere una serie di gravi delitti coinvolgendo calabresi «di elevatissimo rango criminale».
I magistrati, in uno dei verbali resi dal pentito Emanuele De Castro, si soffermano sulla figura di Giacomo Cristello coinvolto nell’inchiesta denominata “Hydra“. De Castro riferisce che «è attivo nelle attività illecite in materia di sostanze stupefacenti e nel 2016 si rendeva autore di un tentato omicidio, avvenuto a Buscate, non andato a buon fine per inceppamento dell’arma utilizzata». Altra figura al centro delle dichiarazioni del pentito è Vincenzo Rispoli, «il capo locale di Legnano e Lonate Pozzolo» che «poi è allargata anche a Busto Arsizio e a tutti i locali limitrofi, cioè comandavamo noi lì…». Sono diversi i dettagli forniti dal collaboratore di giustizia e le sue dichiarazioni fanno tremare anche Massimo Rosi, finito in carcere nell’ambito dell’operazione Hydra. In una conversazione ambientale datata 13 settembre 2021, Rosi si mostra contrariato dalle confessioni rese dal collaboratore. «Quando vedi Cenzo (Vincenzo Rispoli), gli dici, ha detto Massimo, di tenere la tesi che c’hai, perché questo qua ha già mentito… questo ci sta tirando fuori omicidi, sta tirando fuori capo locale, capo società, a me che mi ha detto che mi mette capo locale, capo società, omicidi, a me mi sta rovinando…». In un’altra conversazione captata, Rosi aggiunge: «Solo che c’ho questo Emanuele De Castro che sta accusando me e Enzo (Rispoli Vincenzo)» e cita alcuni fatti di sangue. Minchia, sono in ballo perché questo qua, dice che io… Ti ricordi a Ferno quando ci sono stati ammazzate delle persone? (…) E’ successo quel periodo che io ero fuori, ero uscito in beneficio, e questo qui continua a dire, ma non… ma non conferma, dice «io poi vi farò sapere bene chi sono» parlava di Cenzo, sì? Perché lui è mandante…». La discussione continua. «Non hai capito, non hanno la certezza, perché questo pentito, ad Enzo, dell’omi… della storia della spazzatura, sai la storia della spazzatura? E’ stato assolto». Rosi è preoccupato e in un passaggio nel corso del colloquio con il suo interlocutore si lascia andare. «Io questo qua l’ho cresciuto io, il problema è quello, che sa tutti i cazzi veramente, e tanta gente m’ha detto, “ma compare Massimo… ” ogni cosa, cioè no, ogni cosa, io gli vedo il figlio, gli vedo il fratello, lui… Io glieli schiaccio come prugne, non li cerco, perché se li cerchi adesso è come se tu vai a giustificare una cosa che non dovrebbe dire, bisogna essere una persona intelligente… (…) 54 anni, andar là… e morire in galera è una rottura di coglioni..,, cioè sai cosa vuol dire entrare dentro adesso a 54 anni, e non uscire più, minimo trent’anni…». (redazione@corriecal.it)
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