Pare alle viste la (ennesima) riforma della prescrizione dei reati, quest’ultima destinata a superare sia la vergognosa riforma Bonafede, sia la cervellotica soluzione Cartabia (improcedibilità, o prescrizione c.d. processuale, dopo la sentenza di primo grado). Un comunicato ufficiale del Ministro Nordio ci informa che la maggioranza avrebbe trovato l’intesa sulla soluzione a suo tempo suggerita dalla Commissione Lattanzi. Si torna sostanzialmente alla riforma Orlando del 2017: dopo la sentenza di primo grado il corso della prescrizione si sospende (due anni in pendenza del giudizio di appello, un anno per quello di Cassazione). Di nuovo (e positivo) c’è che se non si celebra il processo nemmeno entro quel termine di sospensione, non solo riprende a decorrere la prescrizione, ma si recupera nel computo la sospensione inutilmente trascorsa. A prescindere dal giudizio che si voglia dare di questa ennesima soluzione, ciò che mi preme è denunciare la profonda mistificazione che da sempre rende impossibile un dibattito serio su questo tema. Perché la verità è che, qualunque sistema si intenda adottare, in questo Paese è ormai pressocchè imprescrittibile la gran parte dei reati. Nel corso degli anni, infatti, puntualmente inseguendo fatti di cronaca e connesse indignazioni popolari, un sempre più nutrito catalogo di reati ha visto più che raddoppiare (art.157 comma 6 e 161 comma 2 c.p.) il proprio termine prescrizionale. Come antidoto alla gragnuola di idiozie grilline e travagliesche che nei prossimi giorni vi pioveranno sulla testa, vi snocciolo un po’ di esempi. Associazione per traffico stupefacenti, 40 anni; associazione per agevolare l’immigrazione clandestina, 30 anni; sequestro di persona estorsivo, 60 anni; associazione mafiosa, 30 anni; scambio elettorale politico-mafioso, 24 anni; morte o lesioni da inquinamento ambientale, 50 anni; disastro ambientale, 37 anni e sei mesi; omicidio stradale, da un minimo di 17 anni e 6 mesi fino a 45 anni a seconda delle aggravanti; violenza sessuale, fino a 35 anni a seconda delle aggravanti, fino a 60 anni se con minorenne; corruzione in atti giudiziari, 30 anni; corruzione, 15 anni; maltrattamenti in famiglia, fino a 37 anni e 6 mesi a seconda delle aggravanti; e potrei continuare. So di essere stato noioso, ma vi assicuro che in nessun dibattito, in nessun talk show, in nessun confronto politico queste informazioni così basilari troveranno spazio. Si tornerà da un lato a blaterare di privilegi, di manfrine avvocatesche, di impunità, e dall’altro a rivendicare riforme liberali epocali. Ma la realtà è quella raccontata da quei numeri, e cioè che in questo Paese, per la gran parte dei reati di alta e media gravità, la prescrizione è una ingannevole astrazione, sicchè qualunque cittadino, presunto innocente, può rimanere prigioniero del processo per molti decenni, o per tutta la sua vita. La vera riforma della prescrizione andrebbe dunque fatta ripensando a quei termini prescrizionali, per ricondurli finalmente alle dimensioni degne di un Paese civile.
* Presidente Unione Camere Penali
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